“A Milano l’imam che spiegava quando picchiare le donne”: Islamic Relief e le vie legali contro Il Giornale

di Luca Mastinu |

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“A Milano l’imam che spiegava quando picchiare le donne”: Islamic Relief e le vie legali contro Il Giornale Bufale.net

Il GiornaleLa Verità ci vengono segnalati ripetutamente dai nostri lettori per una notizia che interessa la Fiera della Speranza, un progetto della ONG Islamic Relief che si terrà il 20 e il 21 aprile a Milano. L’aspetto più contestato dalle due testate è la presenza di Yassem Al Mutawa, che durante l’evento sarà ospite in veste di esperto in mediazione familiare ed educazione dei figli. Le due testate fanno notare, però, che Al Mutawa è noto per comparire in un video nel quale mostra tre bastoni come oggetti da usare contro la donna.

Il Giornale ha dialogato con Lorenzo Vidino, direttore del programma di ricerca sull’estremismo della George Washington University ed esperto di radicalismo islamico, che ha spiegato che in rete esiste un video in cui il professor Al Mutawa «insegna che la moglie non va picchiata con bastoni pesanti, ma con mano leggera, per farle capire chi comanda».

Il video e la traduzione in italiano

Tale video, girato nel 2002 e rilanciato nel 2013, come suggerisce l’immagine riportata in copertina dal Giornale è presente su Memri TV sia in versione sottotitolata che in versione trascritta in lingua inglese.

Nella versione trascritta leggiamo le parole di apertura di Al Mutawa:

Oggi parleremo dell’imposizione della disciplina in famiglia. A volte la disciplina familiare viene fraintesa e quindi, nell’era moderna, abbiamo molta violenza domestica, eseguita per mezzo di bastoni come questi. Di conseguenza i rapporti coniugali si disintegrano, portando all’instabilità e al divorzio. La disciplina familiare è un diritto del marito nei confronti della moglie, e viceversa.

Ancora:

C’è un detto che dice: “Il bastone è per i disobbedienti”. Secondo voi è vero o falso? Questo è un piccolo bastone. Ora prendiamo quello grande. Questo non è un bastone da usare sui disobbedienti. Alcuni mariti e mogli tengono una canna come questa a casa. Qualcuno una volta mi disse: “In casa ho un grande bastone” – una canna come questa – “e ogni volta che mia moglie fa qualcosa di sbagliato, guarda cosa le faccio con questo bastone”. Quindi “un bastone per i disobbedienti” non è una nozione corretta. Al contrario, distrugge le nostre vite e le nostre case. Dobbiamo affrontare i nostri problemi attraverso il dialogo e la comprensione reciproca.

Al Mutawa, in seguito, fa l’esempio del linguaggio da adottare con la moglie: con alcune mogli funziona il linguaggio aggressivo, con altre no; ancora, se con alcune donne funziona il dialogo pacato, con altre potrebbe non funzionare.

Al Mutawa interroga, successivamente, il professor Mahmoud Al-Hajj, docente di Fede Islamica dell’Università di Giordania, che spiega semplicemente che un’auto non può avere due conducenti, dunque in una famiglia qualcuno dovrà essere il motore. La fede islamica ha dato questo dovere all’uomo.

Una visione, questa, sicuramente assai conservatrice, del genere di cui siamo abituati dai conservatori anche occidentali, che rievocano una visione “tradizionale” dei rapporti umani divisi tra un uomo decisionista e breadwinner ed una donna limitata al focolare, ma decisamente tetragona all’uso della violenza fisica, descritta come “mezzo per distruggere case e vite”.

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Continuando, il dialogo tra i due interlocutori prosegue con il dottor Al-Hajj che riporta che nel Corano “gli uomini sono guardiani delle donne” e che Allah afferma: «Quanto a quelli da cui temi la disobbedienza, ammoniscili, non condividere il loro letto e battili»:

La punizione – afferma Al-Hajj, ndr – è limitata ai casi di ribellione, circostanza in cui una vita familiare diventa un inferno vivente. In questi casi, al fine di affrontare il problema di una moglie ribelle… Ci deve essere un rimedio. Quindi, questa progressione [nella punizione] è stata determinata: in primo luogo, non appena il marito inizia a temere la disobbedienza – dunque ancor prima che questa si manifesti – inizia la fase di ammonimento.

Se [la donna] persiste nella sua ribellione si raggiunge la fase successiva con l’uomo che si rifiuta di condividere il suo letto come un modo per farle capire che lui non accetta il suo comportamento. Se lei persiste, e il marito le ha dato un’altra possibilità – e a volte passano mesi o anche anni, eppure lei continua ad essere ribelle – la “saggezza” [virgolette nostre, ndr] dell’Islam si manifesta in un ulteriore metodo: picchiare senza ferire.

È da sottolineare, e ci teniamo a farlo, che Al-Hajj non afferma di condividere quanto sta spiegando, bensì si limita a riportare quanto direbbero le scritture dell’Islam. A quel punto, infatti, Al Mutawa gli chiede quale sia la differenza tra le percosse pesanti e le percosse non pesanti. Al-Hajj risponde:

Le percosse pesanti lasciano segni sul corpo e sul viso, dunque è stato decretato che non bisogna colpire il volto. Quindi non si deve colpire la faccia e non si devono somministrare percosse che causano fratture o ferite. Questo è ciò che i nostri giurisprudenti hanno decretato nei loro scritti.

Penso che sarebbe immorale arrivare a dire che una moglie può punire suo marito picchiandolo, perché ciò comprometterebbe l’autorità del marito. L’Islam ha risparmiato alla moglie il bisogno di usare le mani per battere, al fine di preservare la sua femminilità, il suo onore e i suoi valori morali.

Il dislivello di genere, qui, è ben evidente, e a questo punto Al Mutawa interviene con la citazione di un esegeta, Ibn Abbas:

“Il marito dovrebbe picchiare sua moglie con un fazzoletto“. È concepibile che un uomo picchi la moglie con un bastone, come abbiamo visto all’inizio della trasmissione? No. Deve batterla con un fazzoletto. L’interpretazione di Ibn Abbas è, infatti, estrema. Ci sono altri studiosi che sostengono che dovrebbe picchiarla con uno stuzzicadenti, perché il punto non è vendicarsi di lei o essere cattivo con lei. Un marito che picchia per vendetta o cattiveria sta commettendo un peccato. Lo scopo delle percosse è quello di trasmettere un messaggio: non sono contento del tuo comportamento. Inizia a comportarti bene e sii buona. Altrimenti, perché Ibn Abbas avrebbe detto che dovremmo battere con un fazzoletto? Potete credere a una cosa del genere?

Al Mutawa, poi, si rivolge agli occidentali:

Oggi gli occidentali ci accusano di picchiare le nostre mogli nel nome dell’Islam, ma nessuna donna [musulmana] è morta a causa delle percosse del marito. E semmai accadesse nelle nostre società, ed è considerato molto raro, tutti i giornali ne parlerebbero. Nel frattempo, secondo le ultime statistiche delle Nazioni Unite, dal 1999 al 2000, ogni 12 secondi una moglie viene picchiata dal marito negli Stati Uniti, e in alcuni casi questi pestaggi portano alla morte della donna. Quando gli occidentali ci criticano sui nostri problemi, dobbiamo essere fiduciosi e parlare dei loro problemi. Anche se il Corano permette di picchiare le mogli, non abbiamo alcun caso di morte derivante da ciò, e se ce ne sono stati è stato raro. In occidente non hanno il Corano o la Sunna, eppure ogni 12 secondi una donna viene picchiata dal marito.

Continuando, Al Mutawa parla della conformazione fisica della donna secondo l’Islam:

L’Islam prende in considerazione la mentalità e la costituzione biologica della donna. La donna è creata più debole dell’uomo. Se l’Islam avesse dato a una donna il diritto di battere il marito in nome di Allah, il marito la violerebbe, giusto? Una donna non può competere con i muscoli del marito. Tuttavia, l’Islam ha dato alla donna il diritto di far battere il marito da qualcuno che agisce per suo conto. Quindi il marito viene picchiato da un altro uomo e la battaglia viene combattuta tra due uomini, non tra un uomo e una donna. Pertanto, se il marito umilia sua moglie, la donna può rivolgersi ai tribunali e il giudice deciderà in che modo tutelare la donna. Se la donna vuole che suo marito sia sconfitto questi lo sarà, ma per ordine del tribunale. In questo modo, la battaglia sarà condotta tra il marito e le corti, e non tra il marito e la moglie all’interno della famiglia.

Infine troviamo la conclusione del suo discorso:

Sappiamo tutti che alcuni uomini soffrono di un disturbo mentale noto come sadismo e che alcune donne soffrono di un disturbo mentale noto come masochismo. Qual è la cura per tali disturbi? Le percosse. Una donna simile deve essere trattata duramente. Uno dei giuristi ha anche affermato che è possibile che questo versetto sia stato trasmesso per coloro che soffrono di queste malattie. Se un uomo è sposato con una donna che soffre di sadismo [sic], si lascia che lui la colpisca.

In questo caso le percosse diventano un trattamento. Un mio amico psichiatra, una volta, mi ha raccontato che a volte la gente viene da lui con problemi matrimoniali, in cui la donna presenta quel disturbo. Egli consiglia al marito di picchiarla in un certo modo, e il problema è risolto. Il Corano si occupa di tali problemi. Fratelli e sorelle, non c’è motivo di preoccuparsi.

La nostra religione è gloriosa, e i versi del Corano impartiscono giustizia assoluta. Non sono ingiusti verso la donna o l’uomo, ma dobbiamo imparare come applicare le regole dell’Islam.

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Ciò che emerge dal filmato preso in considerazioe dal Giornale e da La Verità è che nella parte introduttiva Al-Mutawa fa una doverosa premessa a quanto verrà detto nel corso dell’intervento: il professore, infatti, mostra i tre bastoni e li descrive come oggetti da usare contro i disobbedienti, ma specifica che la “disciplina familiare” è spesso fraintesa e porta alla distruzione di case e famiglie. In conclusione alla premessa, Al Mutawa afferma: «Dobbiamo affrontare i nostri problemi attraverso il dialogo e la comprensione reciproca». Nel resto del filmato, anche attraverso l’intervento del docente Al-Hajj, troviamo una serie di riferimenti al Corano, ad Allah e all’Islam più in generale di cui possiamo notare il forte conservatorismo presente anche in tantissime realtà del mondo occidentale di cui Al Mutawa riporta l’esempio degli Stati Uniti.

Il messaggio conclusivo di Al Mutawa, che giunge dopo tutte le osservazioni riportate prendendo come fonte la religione islamica nelle sue scritture, ci dice che bisogna ancora imparare ad «applicare le regole dell’Islam». Ci fa notare, dunque, che esiste ancora una errata interpretazione del Corano (lo afferma a più riprese usando i termini “nozione errata”). Infatti Al Mutawa riporta anche la versione dell’esegeta Ibn Abbas, che avrebbe detto che la donna deve essere colpita con un fazzoletto.

In conclusione possiamo dire Al Mutawa riporta le falle interpretative dell’Islam, che ancora oggi viene seguito da troppi fedeli in maniera errata in termini di disciplina familiare. Il professore – stando a quanto si afferma nel filmato – invita all’attenzione sul modo di applicare le regole dell’Islam e, lo ripetiamo, già dalla premessa parla di dialogo e comprensione come uniche soluzioni ai problemi.

La risposta di Islamic Relief

A seguito del forte clamore sollevato dall’articolo del Giornale, la ONG Islamic Relief ha preso posizione e ha scelto le vie legali, come riporta un comunicato ufficiale condiviso anche sulla pagina Facebook.

Al suo interno leggiamo:

In relazione all’articolo in oggetto (e a quanto ripetuto in modo ingannevole da alcuni mezzi d’informazione), comunichiamo di aver dato mandato ai nostri legali al fine di agire in ogni sede nei confronti de “Il Giornale” e di A****** G*******, in quanto le affermazioni contenute in detto articolo sono radicalmente false e gravemente diffamatorie.

Ancora:

Non solo il Dr. Al Mutawa non ha mai invogliato né giustificato la violenza sulle donne, ma al contrario, come si può agevolmente apprendere dal video pubblicato su YouTube, sul quale sono ispirate le illazioni pubblicate, il Dr. Al Mutawa mette bene in guardia da queste pratiche che condanna in modo chiaro e univoco.

La notizia riportata da Il Giornale dunque, secondo Islamic Relief, sarebbe manipolata e diffamatoria nei confronti del professor Al Mutawa, che secondo la ONG metterebbe in guardia da certe pratiche di sottomissione della donna, atto che egli stesso condannerebbe.

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