Le origini dell’Apple II, il principio dell’era industriale dell’informatica

di Shadow Ranger |

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Le origini dell’Apple II, il principio dell’era industriale dell’informatica Bufale.net

Abbiamo già visto insieme quanto sbagliato sia dichiarare l’Apple II il primo Home Computer della storia: progetti come SOL-20 gli erano molto precedenti. Ma è stato l’araldo dell’era degli home computer costruiti su scala industriale e perfettamente in grado di essere usati da un pubblico SoHo (Small Office/Home Office) come da una semplice famiglia.

Apple II, fonte Museum Victoria

Apple II, fonte Museum Victoria

Famiglia che con un prezzo al lancio di 1.298 dollari avrebbe avuto comunque difficoltà a permetterselo, ripiegando sugli altri due sfidanti del derby degli Home Computer Domestici, ovvero il VIC-20 (sostituito dal Commodore 64) e il TRS-80, più parchi. Ma famiglia che semplicemente non era portata per la prima era dell’home computing.

E prodotto senza il quale buona parte della storia dell’informatica moderna non esisterebbe affatto.

Dall’Apple I all’Apple II, passando per il SOL-20

Il SOL-20, abbiamo visto, fu l’ispirazione per la nascita dell’Apple II, se non il primo uno dei primi Home Computer integrati in un elegante case di legno e lamierino.

Ma arrivò dopo l’era dell’Apple I, un’era in cui avere un home computer del tutto assemblato era sostanzialmente una fantasia.

Eravamo in quell’era in cui l’informatica era appena uscita dai centri di elaborazione dati e dalla burocrazia e l’immagine dell’informatica come settore prettamente femminile alimentato da impiegate in grado di elaborare massicce quantità di dati fece posto all’attuale “festa della salsiccia” di smanettoni uomini in cerca del sogno della Silicon Valley.

Apple I, un “lavoretto da garage” di Wozniak e Jobs si incunea in quel settore. Per 666$ (somma scelta perché “faceva figo”) potevi avere una scheda madre funzionante (e questo già era considerato un miracolo) e avresti dovuto “solo” procurarti un paio di alimentatori, una tastiera e un case.

Anzi, nel 1976 tutto questo era già considerato una concessione alla modernità: l’informatica si stava evolvendo in qualcosa per simpatici smanettoni un po’ (troppo) nerd, e un home computer era pensato come un puzzle per secchioni.

Apple I scatolato allo Smithsonian

Apple I scatolato allo Smithsonian

Del resto abbiamo già visto come Bill Gates dovette sfidare nello stesso periodo enormi resistenze culturali per far passare il concetto di farsi pagare per creare sistemi operativi o software da vendere in un tempo in cui i computer erano usciti dai CED per diventare passatempi per smanettoni.

Ma dall’Homebrew Computer Club del 1976 dove fu presentato l’Apple I erano successe moltissime cose: Wozniak aveva trovato grazie a Jobs un lavoro da Atari come progettista, ed aveva imparato che il computer del futuro non poteva essere una simpatica smanetteria, ma doveva essere in grado di far girare videogames ed essere oggtto di prestigio e arredamento.

Il Sol20, antenato estetico dell'Apple II

Il Sol20, antenato estetico dell’Apple II

I due Steve avevano già in mente di dare all’Apple I un successore, ma il successore stava prendendo forma nella loro mente. SOL-20 aveva dimostrato che si poteva creare un computer pre-assemblato, ma Wozniak non volle perpetuare lo stile austero “americana” di metallo e legno a vista.

Come vedremo di passò da un eccesso all’altro: e per farlo i due Steve bussarono a mille porte. Sappiamo benissimo che Wozniak finì a bussare alla porta di un certo Tramiel sperando Commodore fosse interessata a distribuire l’Apple II, senza successo alcuno.

Alla fine, Nolan Bushnell, che Wozniak aveva conosciuto in Atari, mise su un po’ di passaparola e mise in mezzo il miliardario Mike Markkula che fornì ai due capitali, una nuova ragione sociale e un nuovo CEO (Micheal Scott di National Semiconductor, più affidabile per il mercato di due “scappati di casa da garage”) e fece in modo che ad Apple Computer Company, la ditta che aveva nominalmente prodotto l’Apple I, succedesse Apple Computer Inc., ditta che aveva prodotto l’Apple II.

Arriva l’Apple II

Abbiamo visto che l’Apple I era nato nudo, con l’opzione offerta dal rivenditore Paul Terrell di comprare spartani case in legno di acacia tanto per non avere cavi e schede a zonzo per la scrivania (destino tipico di molti hobbisti).

Wozniak guardò al SOL-20 ma rifiutò l’estetica del legno a vista tipica degli ambienti industriali americani e di alcuni oggetti del lusso tecnologico (come le TV). Volle un case di plastica stondato, dall’aspetto simile alle calcolatrici HP, candido e dall’aspetto solido, ma con una concessione rimasta agli hobbisti, il cui effetto finale fosse una via di mezzo tra una calcolatrice ed una elegantissima macchina da scrivere.

Avesti potuto, anzi dovuto aprire il tuo Apple II, togliendo un coperchio per accedere alla scheda madre e aggiungere ogni sorta di espansione. Un approccio diverso a quello dell’attuale Apple, ma in un certo senso di contiuità: partivi dal computer nudo e passavi ad un computer elegante. Niente ventole, i due Steve odiavano le ventole (cosa che tornò, ma questa è un’altra storia, a fargli molto male quando l’Apple III divenne un tragicomico fallimento), ma Jerry Manock invece progettò un case (inizialmente di plastica verniciata, poi di ABS grigia) inclinato per ergonomia con un ampio “tetto rimovibile” per accedere alle interiora e, alla bisogna, poggiarci su un monitor o altri accessori.

Prima locandina per l'Apple II

Prima locandina per l’Apple II

Rod Holt, ingegnere Atari, fu convocato per progettare un singolo alimentatore Switching da inserire, di lato, nell’elegante case. Come per l’Apple I, si scelse il processore 6502 di MOS, alternativa economica ai processori Motorola che poi sarebbero diventati simbolo della produzione successiva.

Parimenti, Wozniak volle che la sua creazione potesse generare un’immagine testuale di 40×24 caratteri con 16 colori oppure un’immagine grafica con una risoluzione di 280×192 pixel a 4 colori, ottenendo così una macchina sia da ufficio che da divertimento.

Il cambio di paradigma si evidenziò nel cambio del logo sociale: passato da un disegno stile acquaforte di Newton all’iconica “mela morsicata” di Rob Janoff (su supervisione di Jobs), però munita di un logo arcobaleno (rimasto per decenni simbolo di Apple) a raffigurare le rinnovate capacità video della nuova macchina. La mela morsicata avrebbe peraltro identificato in modo univoco il frutto con la “mela di Newton” evitando confusioni e ambiguità.

Logo di Apple Computer Co. vs logo di Apple Computer Inc.

Logo di Apple Computer Co. vs logo di Apple Computer Inc.

Un anno dopo l’Apple I, l’Apple II fu presentato nel 1977 alla West Coast Computer Faire, con un programma di trade-in che consentiva agli utenti dell’Apple I di riconsegnare il loro computer ed avere il nuovo prodotto con ricchi sconti, motivo per cui esistono pochissimi Apple I sopravvissuti.

Semplicemente Apple Computer Inc. rottamò tutti gli esemplari inviati, perché tanto solo Wozniak era in grado di dare loro assistenza.

Le meraviglie e lo sviluppo dell’Apple II

L’Apple II al lancio aveva solo il supporto per il lettore cassette e un monitor integrato per lanciare i programmi. Alla West Coast Faire ACI non arrivò come la ditta di novellini che era, ma decise di tentare il tutto e per tutto anche “tirandosela”, piazzandosi con una insegna di plexiglass vicini all’ingresso, con un enorme monitor a mostrare le demo.

In pochi mesi l’Apple II, il cui nome fu scelto secondo, ovviamente, la concezione per cui maggiore è il numero e più nuovo è l’esemplare superò per vendite l’Apple II, complice il fatto che il VIC-20, suo primo rivale, ancora non era disponibile e il PET (l’allora prodotto di punta Commodore) era privo di grafica e suoni.

Altrettanto inizialmente, l’Apple II aveva un umile manuale fotocopiato, come molti prodotti dell’epoca (vedi Zork e Ultima): come molti prodotti dell’epoca, già nel 1978 un elegante manuale rilegato in rosso sostituì i fogli fotocopiati e fu spedito ai primi acquirenti come gradito omaggio, e se il Commodore 64 e il VIC 20 hanno abituato molti di noi al concetto di “collegare il joystick nell’apposita porta”, il paddle dell’Apple II andava collegato direttamente alla scheda madre, con un filo che fuoriusciva alla scrivania da apposite fessure nel case.

Il "Libro Rosso", ovvero il manuale dell'Apple II

Il “Libro Rosso”, ovvero il manuale dell’Apple II

Un enorme ostacolo alla diffusione dell’Apple II come macchina da lavoro fu l’estrema lentezza della lettura da cassette: Mike Makkula stesso insistette per avere un lettore floppy, e Wozniak decise di mettersi all’opera, ma a suo modo.

Sostanzialmente comprò da Shugart, uno dei principali produttori di floppy disk della sua epoca, una serie di unità prive di sensori e controller: dallo Shugart SA-400, interfaccia da 34 pin, venduto a 400$, si arrivò allo “Shugart SA-390”, prototipo mutilato di tutto quello che non fosse testine e motorini, controllato integralmente via software.

Laddove i SA-400 identificavano via firmware e via sensori le tracce sul floppy percependo un forellino sul disco (motivo per cui molti floppy da 5 1/2 pollici hanno un “foro indice” visibile), il floppy concepito da Wozniak avrebbe fatto via software.

Il prodotto finito fu presentato al CES di Las Vegas 1978, con qualche intoppo ancora di risolvere, e divenne il Disk II, connesso all’Apple II inserendo un apposita scheda controller alla quale collegare spartani cavi color arcobaleno.

Il disk II, fonte Museums Victoria

Il disk II, fonte Museums Victoria

Agli esordi, solo un paio di persone ad Apple montarono una una trentina di floppy al giorno assemblando le meccaniche Shugart a logica sviluppata da Wozniak: si passò in seguito ad Alps, produttore più economico: nulla impediva di riempire gli slot di espansione dell’Apple II (otto in tutto: Wozniak volle che l’utente potesse sentirsi in grado di espandere liberamente il computer con più funzioni di quelle che gli sarebbero servite), ma l’utente medio avrebbe dovuto usare un singolo controller sullo slot #6 con uno o due floppy.

Il floppy portò con sè AppleDOS (1978), creato dopo la presentazione ufficiale (Wozniak e Randy Wigginton, l'”impiegato numero 6″, non avevano avuto il tempo di crearlo prima e portarono il Disk II in fiera appena in grado di leggere e scrivere dati da un singolo settore per dare segni di vita…) e arrivato fino alla versione 3.3 seguito da ProDOS (1983), in grado questo di gestire anche dischi rigidi.

Visicalc, Di User:Gortu - apple2history.org, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=342925

Visicalc, Di User:Gortu – apple2history.org, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=342925

Altra killer app fu VisiCalc, sempre nel 1978 il primo vero foglio elettronico che cementò l’Apple II come completa macchina da ufficio.

Nato dalla mente dell’allora studente Daniel Singer Bricklin, Visicalc liberò generazioni di professionisti dal bisogno di effettuare calcoli consecutivi e cementò nel pubblico l’idea che dall’Apple II in poi gli home computer avrebbero smesso di essere puzzle per i nerd e sarebbero diventati compagni di viaggio.

L’Apple II, il suo significato, i suoi accessori, i suoi cloni

La natura modulare dell’Apple II lo rese estremamente flessibile: non volevi usare un monitor? Con trenta dollari potevi comprare “Sup’R’Mods”, un modulatore antenna per usare la TV di casa.

Stanco di AppleDOS e ProDOS? Una scheda di espansione dopo potevi avere Apple PascalCP/M, il secondo aggiungendo un processore Z80 (opzione così popolare all’epoca da essere stata proposta, con alterno successo, sul Commodore 64 e il suo successore Commodore 128).

Volevi periferiche seriali? La Apple II Super Serial Card avrebbe sostituito la Serial Card offerta al lancio e la Communication Card per collegare un Modem.

Nonostante la presenza del Disk II aumentasse un prezzo già altino (aggiungendo circa 500$), l’Apple II fu presentato come il prodotto della maturità della nuova era dell’informatica, e venduto come tale.

Spot di Apple II

Spot di Apple II

La prima pubblicità in assoluto, attualmente dal sapore decisamente sessista, vedeva uno yuppie, un giovane e affermato professionista “lavorare da casa” (concetto assai moderno per l’epoca) col suo bravo Apple II e un tazzone indeterminato (forse caffé, forse succo di frutta) osservato con adorazione da una moglie giovane e bella che lo fissava dal lavello della cucina con un vestito veramente inguardabile.

Ulteriori spot lo descrissero come un “Computer in grado di giocatore, lavorare e crescere al tuo fianco”, evidenziando la sua natura SoHo (piccoli uffici e utenze domestiche) e la sua espansibilità.

Apple diede su licenza cloni autorizzati, come il Darth Vader, ovvero il Bell and Howell (modello nero con Disk II e una vite di chiusura sul coperchio, adatto ad essere usato nelle scuole senza che i giovani studenti rubassero i preziosi accessori..) e si ritrovò assediato da cloni non autorizzati.

Mentre computer come il Commodore 64 erano composti di molteplici parti specifiche e difficili da clonare ancora oggi (SID, VIC-II), la natura dell’Apple II come prodotto ottenuto da parti disponibili sul mercato portò a svariati cloni.

Bell&Howell, Wikimedia Commons, https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/deed.it

Bell&Howell, Wikimedia Commons, https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/deed.it

Cloni made in URSS, dato che nell’Unione Sovietica era difficile avere prodotti dell’Occidente informatico senza clonarli, ma anche made in Taiwan, quando VTech costruiva non giocattoli educativi, ma veri e propri computer inseguendo Apple (il Laser 128 fu un clone “migliorativo”, con qualche funzione in più, dell’Apple IIc, modello migliorato dell’Apple II) e del Franklin Ace, clone dell’Apple II così perfetto da portare ad una lunga battaglia in tribunale basata sulla possibilità di sottoporre a copyright un firmware (parliamo degli esordi dell’era informatica) e su una sorta di antesignano del fair use e della battaglia sulle GAFAM dove Franklin addusse che impedire che sull’Ace ci fossero ROM e sistema operativo copiati da Apple avrebbe evitato alla ditta più grande un piccolo danno (la querelle legale arrivò infatti nel 1983), ma condannato i concorrenti minori come Franklin a sparire dal mercato per sempre.

Ma come vedremo, non fu questo il più grande lascito al mondo dell’Apple II, anche se la sentenza resa in Apple Computer, Inc. v. Franklin Computer Corp., 714 F.2d 1240 (3d Cir. 1983) fu il primo caso noto di applicazione del copyright al BIOS di un computer.

L’importanza storica dell’Apple II: cosa avremmo avuto senza lo stesso?

Ricordiamo una serie di fenomeni. Nonostante presto il Commodore 64 avrebbe surclassato l’Apple II come “computer familiare atto al gioco”, di fatto diventando araldo dell’era delle console di Terza Generazione e anticipando il NES sia pur senza essere essere una console, l’Apple II fu il punto di svolta dell’informatica videoludica moderna e per molti prima piattaforma di gioco.

Jordan Mechner scrisse Karateka e il Prince of Persia per Apple II, iniziaando quel lungo cammino che avrebbe portato alla saga di Assassin’s Creed, nata proprio come spin-off/erede spirituale rimaneggiato di Prince of Persia.

Nel 1981 Andrew C. Greenberg e Robert Woodhead portarono la loro creazione concepita su Plato, Wizardry: Proving Grounds of the Mad Overlord su Apple II. Quando nel 1983 un gruppo di giovani esordienti nipponici vinse un viaggio spesato alla AppleFest di San Francisco 1983 quel gruppo di esordienti scoprì Apple II caricati con Ultima e Wizardry.

Karateka per Apple II

Karateka per Apple II

Tornati a casa inventarono l’intero filone del “Gioco di Ruolo alla Giapponese” partendo da Dragon Quest per il NES, l’intero filone dei giochi a scelta multipla alla Ace Attorney  e l’intero genere fantasy finito nei manga di tipo Isekai (eroe del mondo moderno che si incarna in un universo a metà tra il videogame e il mondo fantastico).

Non è peregrino dire che buona parte dell’immaginario videoludico e buona parte del concetto di “giocare col computer” non ci sarebbero stati senza l’Apple II.

Quando la futura Square-Enix scoprì il mondo dei videogiochi

Quando la futura Square-Enix scoprì il mondo dei videogiochi

Come non è peregrino dire che fu la Grande Battaglia degli Home Computer, dove Commodore col PET, il VIC20 e il Commodore 64, Tandy col TRS80 ed Apple con l’Apple II lottarono per la supremazia a definire il destino dell’informatica. Battaglia all’inizio vinta da Commodore che col suo “farsi giapponese” (ispirando VIC20 e Commodore 64 a criteri di economicità e praticità appresi dal Sol Levante) aveva dato al mercato un prodotto performante e poco costoso, poi passata a Tandy col suo passaggio dal TRS80 al Tandy 1000, noto clone di IBM PC e infine tornata ad Apple ancora oggi simbolo visionario di stile.

Nel frattempo l’Apple II continò a crescere e innovarsi.

Forte il tragicomico fallimento che fu l’Apple III, di cui abbiamo lungamente parlato, l’Apple II visse fino al 1993, avendo varie incarnazioni.

Tra esse ricordiamo l’Apple IIPlus, maggiorato nella RAM in dotazione e dotato di funzionalità di Autostart per avviare più rapidamente dall’ora ubiquo Disk II e munito di BASIC in ROM, e la sua variante Europlus necessaria per i linguaggi dei mercati Europei.

Apple IIc, fonte Apple Wiki

Apple IIc, fonte Apple Wiki

Ma anche l’Apple IIe, nato proprio per rimediare al fallimento dell’Apple III riportando i fan dal più riuscito Apple II, ora con supporto maiuscole/minuscole e per una scheda opzionale per video a 8 colonne. Un prodotto collaudato che, ad esempio nonostante fosse privo di ventole non avrebbe mai subito gli effetti del surriscaldamento e di una pessima ingegnerizzazione come l’Apple III, computer del quale ti veniva chiesto in assistenza di sbatterlo con forza sulla scrivania per riassestare chip fuggiti dai loro zoccoli a causa dal caldo.

Computer seguito dall’Apple IIc, unità “trasportabile compatta”, leggera e con una pratica maniglia che seguiva il nuovo linguaggio stilistico che Apple avrebbe usato fino agli anni ’90 e l’Apple IIGS, vero e proprio computer a 16bit con un chip particolare in grado di effettuare una perfetta emulazione hardware dei modelli precedenti (tecnica affine a quella usata dal GameBoy Advance rispetto al GameBoy, con l’unica differenza che il Mega II chip non comprendeva un processore,  ma il 6502 degli Apple II precedenti veniva emulato dal 65816 del GS).

Solo a questo punto della storia, l’Apple II lasciò il posto al primo Macintosh, che pure grazie alla Apple IIe Card, evoluzione di fatto del Mega II, consentiva ai “nuovi” Macintosh di accedere ad un “Apple II su scheda” per usare tutti i programmi educational comprati negli anni.

L’era dell’otto bit era ormai finita, come finita era l’età dell’Apple II, nonostante Pondsmith, l’autore della saga di Cyberpunk, abbia fatto risalire i Cyberdeck, ibridi trasportabili/congegni per la realtà virtuale usati dagli hacker del suo mondo da un mai esistito Apple IVGS, Apple di un mondo lontano in cui i Macintosh non sono mai esistiti.

Ma senza l’Apple II, oggi avremmo un mondo dell’informatica completamente diverso.

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