“Il test rapido COVID19 rende positiva ogni cosa!” – Mai improvvisare la scienza

di Bufale.net Team |

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“Il test rapido COVID19 rende positiva ogni cosa!” – Mai improvvisare la scienza Bufale.net

Temo abbiamo scoperto un nuovo hobby in questo freddo e lungo inverno che speriamo essere l’ultimo col COVID19. E l’hobby è dichiarare che “il test rapido COVID19 rende positiva ogni cosa.”

La stagione in cui la moda dell’autunno era inseguire le ambulanze nel tentativo di svelare misteriosi complotti è finita. 

È passato di moda piazzarsi davanti ai pronto soccorso cercando “malati COVID” nell’unico posto sul pianeta dove era impossibile trovarne.

Siamo già nella stagione in cui il demone da abbattere non è più il concetto della malattia, ma la medicina stessa, tra effetti collaterali non rispondenti al vero e la teoria per cui “il test rapido molecolare COVID19 rende positiva ogni cosa”

“Il test rapido COVID19 rende positiva ogni cosa!” – Mai improvvisare la scienza

Nel volgere di un mesetto scarso abbiamo assistito ad una figura femminile inserire del vino “fatto in proprio” nel test rapido COVID19 e anche pubbliche dimostrazioni in cui il liquido versato era una nota bevanda gassata, la Coca-Cola, seguendo simili segnalazioni da tutto il mondo.

Cose seguite immancabilmente da ciurme di condivisori che, abbandonati e disertati i video di inseguitori di ambulanze e filmatori di pronto soccorso vuoti durante una pandemia, hanno deciso di darsi alla condivisione dei loro “test sul test”.

Houston, qui però abbiamo un grave problema: la scienza ha delle regole, senza le quali anche l’esperimento animato dalle migliori intenzioni diventa il tentativo del piccolo Sheldon Cooper di costruire una centrale nucleare alimentata da scarti radioattivi nel capanno degli attrezzi per aiutare il padre con le bollette.

Giusto un filo meno sicuro di quello che state pensando di fare...

Giusto un filo meno sicuro di quello che state pensando di fare…

(Peraltro, tratto da una storia vera con un epilogo molto meno divertente…)

E queste regole servono proprio per dirci che un test cromatografico tarato per “stanare” taluni antigeni dal sangue umano funziona solo ed esclusivamente se vi viene versato del sangue umano. Ogni altro liquido lo farà letteralmente “impazzire” dando risultati casuali e immediati che somigliano ai positivi ma sono il risultato della distruzione del test stesso.

Di che parliamo allora?

Parliamo del c.d. test rapido COVID19, nei casi esaminati venduto commercialmente come VivaDiag, un test definito come non disponibile per i privati (il che ci lascia qualche sospetto), basato sul sistema della cromatografia.

Cromatografia? Che parolaccia è?

Come potrete leggere dalla spiegazione fornita in link, il campione dovrebbe scorrere lungo una membrana di nitrocelluosa, reagendo con alcuni punti di essa per formare le linee.

Si tratta di “cromatografia”: spiegato in modo semplice, anche con le piccole licenze narrative del caso, il meccanismo non è affatto diverso dal giochino che molti di noi, più creativi, facevano da bambini con un pennarello e un foglio imbevuto di alcol.

Premendo un pennarello colorato su un foglio di carta, i colori si infiltreranno nel foglio, specialmente se questo è imbevuto di alcol, seguendone tutto il profilo.

Ma se invece, come abbiamo appurato con l’aiuto di un nostro affezionato lettore perito in materia (che ringraziamo), immergeremo o bagneremo con alcol una riga fatta con un pennarello nero, otteremo la scissione in diversi colori, perché il foglio bagnato di alcol non solo “guida” la tintura, ma la scinde.

L’analisi cromatografica funziona così: un campione di sangue, l’analita, viene guidato nel test mediante un “solvente”, il buffer.

Come i diversi pigmenti in un pennarello hanno diverse componenti che si spostano lungo la macchia di alcol in modo diverso (diversa velocità di eluizione), i diversi antigeni arrivano fino alle linee.

Il test quindi scompone il sangue in alcune sue componenti, per legare agli antigeni solo quelle che ci servono, evidenziandole.

Ne consegue che ogni test è un piccolo, ancorché non definitivo capolavoro di precisione.

Non serve a dirti quanti zuccheri hai nel sangue, ma se hai determinati anticorpi.

Allora il test rapido COVID19 rende positiva ogni cosa!

No, il tuo vino, la tua Coca Cola, il tuo frutto tropicale, l’urina del tuo animale domestico, l’olio della tua macchina… qualsiasi cosa non sia sangue umano non è ovviamente sangue umano.

Hai inserito delle sostanze a caso in un test progettato, costruito per diluire del sangue.

Sangue umano.

E tu ci hai messo bevande gassate, vino e altro.

Cosa succede se versi del Diesel in un motore a benzina o viceversa?

Cosa succede se compri un bel tostapane americano, progettato per accettare la corrente a 120V, e lo attacchi alla 220V di casa?

Ci siamo capiti. Parliamo di un test che si basa su precise proprietà fisiche del sangue, nel quale ogni “esperimento” che ci avete sottoposto si basa sul versarci sostanze che hanno proprietà diverse dal sangue.

A meno che non ci dimostriate che nelle vene vi scorrano vino e gassosa e non sangue.

Bazinga. Ovviamente lo sappiamo che nelle vostre vene non scorrono vino e gazzosa. Ecco perché fa ridere.

Bazinga. Ovviamente lo sappiamo che nelle vostre vene non scorrono vino e gazzosa. Ecco perché fa ridere.

E quindi, ovviamente, il test si comporta in modo del tutto anomalo.

Laddove in condizioni ordinarie il test cromatografico richiede quindici minuti per restituire il qualsivoglia risultato, le linee appaiono in modo quasi istantaneo creando due linee rosso scuro che sembrano il rossoviolaceo del test effettuato correttamente.

Proprio perché il test è “tarato” sul sangue, una sostanza “aberrante” può dare qualsiasi risultato. Probabilmente sulle linee sono rimasti intrappolati i pigmenti del vino, i coloranti della Coca-Cola, o qualsiasi altra sostanza presente in tutto quello che potrete tirare su quei poveri test che ovviamente non è sangue.

Parliamo comunque di sostanze diverse e di diversi ordini di grandezza dagli antigeni per cui quel test è stato creato, che restano “intrappolate” sulle linee dando risultati aberranti.

Ma a questo punto, tantovale gettare l’intero kit del piccolo Chimico su un test di gravidanza e dichiarare che le tue provette sono incinte.

Allora VivaDiag è una diagnosi definitiva?

Ma neppure per niente!

Se tutto questo è servito per provare che un test cromatografico da farmacia non è una diagnosi definitiva, potevamo risparmiarci del buon vino, usare la Coca Cola per festeggiare l’arrivo dei vaccini e smetterla di cercare cose da versare su altre cose.

Esattamente come dopo un test di gravidanza prima di organizzare i festeggiamenti per la puerpera bisogna avere il buonsenso di andare dal ginecologo, dopo un un test cromatografico bisogna comunque farsi fare il tampone.

Il foglietto illustrativo che abbiamo dinanzi è abbastanza chiaro: non si tratta di una diagnosi definitiva.

Avere quindi un VivaDiag con le linee rosse davanti non significa avere il COVID. Non significa che “il mio [inserire sostanza] ha il COVID”.

Significa che potresti avere il COVID, quindi devi farti fare un tampone e vedere.

Come abbiamo visto anche il più sicuro tampone molecolare ti dà la certezza solo se viene seguito da un secondo tampone di controllo. Figurarsi un test rapido evidentemente sottoposto a sostanze aberranti.

E significa che, ovviamente, nelle tue vene scorre sangue e non bevande a caso.

Immagine di copertina tratta da Young Sheldon, A Nuclear Reactor and a Boy Called Lovely, Episode 13, Season 2

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