CasaPound Bolzano e il divieto di circolazione per gli immigrati a bordo di velocipedi

di Bufale.net Team |

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CasaPound Bolzano e il divieto di circolazione per gli immigrati a bordo di velocipedi Bufale.net

A volte la risposta ai nostri problemi è dentro di noi, però sbagliata: il divieto di circolazione per gli immigrati a bordo di velocipedi, proposta formulata da CasaPound a Bolzano nell’ormai lontano 2017, ma mai discussa rientra tra le risposte sbagliate a problemi malcompresi.

Ma andiamo con ordine e recuperiamo il testo della proposta, pubblicato con commenti tutt’altro che cortesi su Twitter

Praticamente, considerato che spesso (quanto spesso? Ci sono studi statistici al riguardo? Sarebbe interessante capirlo, ma anche no per i motivi che vedremo) gli immigrati non rispettano il codice della strada, allora semplicemente limitiamo la facoltà di movimento degli immigrati stessi impedendogli di avere biciclette in toto per salvaguardare i cittadini che dovessero incorrere in incidenti e si troverebbero costretti pure a farsi carico delle spese di riparazione del proprio veicolo in caso di sinistro.

Insomma, vietiamo agli immigrati di usufruire, quindi di fatto di detenere biciclette (perché potrebbero detenerle ma giammai usarle) perché un cittadino potrebbe “buttarli sotto” e magari dopo aver spento una vita umana o reso invalido un essere umano subire la ben più grave perdita di qualche ammaccatura sul cofano (sarcasmo).

Ovviamente una tale proposta non poteva che essere frutto di una erronea formulazione.

Copia dell'ordinanza sul divieto di circolazione per gli immigrati

Copia dell’ordinanza sul divieto di circolazione per gli immigrati

Infatti Giornalettismo si ricorda che gli stessi preponenti l’hanno ammesso ed hanno annunciato modifiche

«Poiché gli immigrati non conoscono il codice della strada e non indossano pettorine, ci sembra opportuno tutelare gli automobilisti. Ora riformuleremo la mozione e la ripresenteremo».

Ma anche così, la risposta ci pare poco adeguata.

Come ci ricorda l’UNAR infatti

Per “Discriminazione razziale o etnica” si intende il trattamento meno favorevole, differenziato e vietato dall’ordinamento, subito da una persona rispetto ad un’altra, a causa della sua razza o origine etnica.

Si distingue in:

a) discriminazione diretta, che ricorre quando una persona, a causa della sua razza o origine etnica, è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga.
Si verifica una discriminazione diretta quando, ad esempio, un locale aperto al pubblico vieta l’accesso a persone appartenenti ad una determinata etnia.
b) discriminazione indiretta, che ricorre quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona di una determinata razza o origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone. Si verifica una discriminazione indiretta quando, ad esempio, nella graduatoria di accesso ad una casa di risposo o ad un asilo si tenga conto, fra gli altri criteri di valutazione, della conoscenza della lingua e delle tradizioni del posto da parte dell’anziano o del bambino che devono essere ospitati. E’ da qualificare come discriminazione razziale anche l’ordine di discriminare.

E che vi sia un disagio in interi gruppi sociali costretti per mera contiguità a rinunciare ad una facoltà fondamentale dell’individuo come la libertà di movimento per colpe commesse da altri, e non lui ci pare senz’altro essere una posizione di svantaggio sulla base di uno status.

Si badi, non necessariamente e neppure status etnico, dato che la nozione di immigrato è così vaga al momento da impedire, ad esempio, ad un Irlandese appena trasferitosi a Bolzano di usare la sua bicicletta così, de botto e senza senso.

Anche una nuova norma basata sul criterio di ma la categoria X non è usa a rispettare le cautele invero risolve il problema solo in minima, se non negligibile parte.

Immaginate una legge che imponga alle donne di non girare in minigonna e stivali perché potrebbero essere molestate o che, partendo dal fatto che in Italia talune regioni sono fanalino di coda nel rispetto dell’obbligo assicurativo tra falsi talloncini (quando vi erano) e mancata copertura assicurativa negare agli abitanti delle stesse il diritto di guidare il proprio autoveicolo in altre regioni o comuni.

Tale è stata l’interpretazione del Consiglio Comunale all’epoca, che come riporta il Fatto Quotidiano chiese il ritiro dell’Istanza nella formulazione che attualmente leggiamo.

Ci sono tante soluzioni per questo problema: corsi di sicurezza stradale per tutti, maggiori controlli per le strade sui ciclisti: ma è opinabile che esse possano passare dal mero status, colpendo settori di popolazione accomunati dallo status stesso e da una aleatoria propensione a determinati comportamenti.

Auspichiamo di vedere presto una nuova formulazione dell’istanza che risolva tali criticità.

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