Orlando Bloom e la falsa promessa del sangue purificato dalle microplastiche

di Fabio De Bunker |

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Orlando Bloom e la falsa promessa del sangue purificato dalle microplastiche Bufale.net

Sta facendo rapidamente il giro del web la notizia secondo cui l’attore britannico Orlando Bloom avrebbe sborsato l’equivalente di circa 13.000 dollari per sottoporsi a un trattamento medico finalizzato a “ripulire il sangue” dalla presenza di microplastiche. Una delle prime fonti a riportare la notizia è stata Men’s Journal, che ha ripreso direttamente una storia pubblicata su Instagram dallo stesso attore.

Lunedì (9 giugno), Orlando Bloom ha condiviso su Instagram un'immagine della sua storia: "Grazie per l'aiuto @clarifyclinics: un nuovo modo per eliminare le microplastiche e le sostanze chimiche tossiche dai nostri corpi".

Lunedì (9 giugno), Orlando Bloom ha condiviso su Instagram un’immagine della sua storia: “Grazie per l’aiuto @clarifyclinics: un nuovo modo per eliminare le microplastiche e le sostanze chimiche tossiche dai nostri corpi”.

 Secondo quanto riportato, Orlando Bloom si sarebbe sottoposto a una procedura (una forma di plasmaferesi, o scambio plasmatico) presso una clinica privata di Londra specializzata in quella che viene definita “medicina rigenerativa”. Il tutto viene raccontato da alcune testate giornalistiche come se si trattasse di una pratica d’avanguardia, accessibile solo a pochi eletti e, soprattutto, in grado di offrire benefici tangibili alla salute. Ma, a ben vedere, siamo di fronte a un caso da manuale di pseudoscienza ad alto budget, che sfrutta il volto noto di una celebrità per legittimare una terapia priva di fondamento scientifico e di riscontri clinici affidabili.

Le microplastiche nel sangue sono una realtà complessa, non un pretesto per terapie miracolose

È certamente vero che negli ultimi anni la comunità scientifica ha identificato tracce di microplastiche all’interno del corpo umano, e in particolare nel sangue circolante. Uno studio pubblicato nel 2022 su Environment International ha documentato la presenza di frammenti plastici nel 77% dei soggetti analizzati, mentre una ricerca più recente, apparsa nel 2024 su Scientific Reports, ha evidenziato possibili correlazioni tra la concentrazione di microplastiche ematiche e alterazioni nei marker infiammatori e coagulativi. Tuttavia, se queste osservazioni giustificano un’attenzione crescente verso il fenomeno e una necessità di approfondimento a livello tossicologico, non autorizzano in alcun modo a dedurre che una procedura medica possa eliminarle con successo dall’organismo, tanto meno in assenza di sperimentazioni controllate e pubblicazioni peer-reviewed. La semplice presenza di un contaminante non implica automaticamente la possibilità, né tantomeno la necessità, di “filtrarlo via” attraverso tecniche che ricordano più le metafore new age della disintossicazione che la medicina basata sull’evidenza. La realtà è che non esiste, a oggi, alcuna procedura medica approvata che sia in grado di rimuovere in modo sicuro, selettivo ed efficace le microplastiche dal sangue umano, né che ne abbia mai dimostrato un beneficio clinico diretto.

L’analisi dell’UCL: “nessuna prova che funzioni”

A confermare il carattere profondamente speculativo dell’intera vicenda è anche un comunicato pubblicato dall’University College London (UCL), una delle più autorevoli istituzioni accademiche britanniche. Nel documento, il professor Frank Kelly – esperto di inquinamento atmosferico e salute pubblica – afferma senza mezzi termini che non esiste alcuna evidenza scientifica che la plasmaferesi possa rimuovere le microplastiche dal sangue in maniera significativa. E aggiunge che non è nemmeno chiaro se le particelle rilevate siano effettivamente di dimensioni tali da poter essere fisicamente trattenute dai filtri comunemente utilizzati in quelle apparecchiature mediche. Il paradosso, sottolinea ancora il team dell’UCL, è che proprio i materiali impiegati nei circuiti di filtrazione (spesso costituiti essi stessi da componenti plastici) potrebbero costituire una fonte aggiuntiva di contaminazione, anziché una soluzione. In altre parole, nella peggiore delle ipotesi, si rischia di aggravare l’esposizione alle microplastiche proprio nel tentativo di ridurla, e nella migliore si spende una cifra astronomica per un intervento privo di qualunque impatto reale documentabile.

Il caso della dialisi: se non funziona lì, perché dovrebbe funzionare qui?

Per chi cerca un confronto clinico concreto, può essere utile osservare quanto accade nei pazienti sottoposti a dialisi. In un recente studio pubblicato nel 2023 su Nature, è stata rilevata la presenza di microplastiche nel sangue di soggetti dializzati, prima e dopo il trattamento. Il fatto che tali particelle persistano nonostante l’impiego di filtri ad altissima efficienza, progettati per condizioni cliniche gravissime, dovrebbe far riflettere sulla scarsa plausibilità dell’idea secondo cui un trattamento “biohacker” possa ottenere risultati migliori.

Un marketing del benessere che traveste la pseudoscienza

Ciò che emerge chiaramente da questo caso è il meccanismo tipico di molte strategie commerciali legate al benessere di lusso: si prende un problema reale e complesso, ancora oggetto di studio scientifico, lo si semplifica fino a renderlo digeribile dal pubblico generalista, e lo si “cura” con soluzioni costose, avvolte in un linguaggio para-scientifico fatto di parole come “detossificazione”, “rigenerazione”, “ripristino molecolare”. In questo contesto, la presenza di una celebrità svolge una funzione legittimante: se lo fa una star di Hollywood, dev’esserci del vero. In realtà, ciò che abbiamo di fronte è un trattamento dai costi esorbitanti e dagli effetti indimostrati, venduta attraverso la leva della paura e della biofobia, anziché con l’evidenza clinica.

Conclusioni

Nessuna delle procedure descritte nel caso di Orlando Bloom ha al momento una validazione scientifica che ne giustifichi l’impiego nel contesto del trattamento delle microplastiche. Al contrario, i dati disponibili mettono in guardia da un uso disinvolto e non regolamentato della plasmaferesi al di fuori delle indicazioni cliniche riconosciute. E mentre la scienza continua, giustamente, a indagare gli effetti delle microplastiche sull’organismo umano, la medicina resta ancorata al principio fondamentale che ogni intervento debba essere efficace, sicuro e basato su prove verificabili. In questo caso, nessuna di queste condizioni risulta soddisfatta.

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