Il Blue Monday, ovvero la genesi di una leggenda metropolitana moderna

di Shadow Ranger |

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Il Blue Monday, ovvero la genesi di una leggenda metropolitana moderna Bufale.net

Il Blue Monday, il terzo lunedì di Gennaio, con cui si è aperta questa settimana è l’esempio cardine di come le leggende metropolitane continuano ad esistere, a nascere, e lo faranno finché il genere umano avrà vita.

Il Blue Monday, ovvero la genesi di una leggenda metropolitana moderna

Il Blue Monday, ovvero la genesi di una leggenda metropolitana moderna

Scusate l’apparente durezza, ma in realtà non è intento cinico e da “bacchettoni” ma intento accademico: per decenni chiunque si è chiesto come nascono le leggende metropolitane, e oggi ne abbiamo una fresca, freschissima.

È come chiedersi da dove nascono gli alieni per poi trovarsi una puerpera aliena pronta a entrare in casa tua e partorire davanti alle telecamere dandoti ogni spiegazione sul parto alieno suddetto: un’occasione da non perdere.

Il Blue Monday, ovvero la genesi di una leggenda metropolitana moderna

Ne parlammo già nel 2021, collegando la mitologia al “feeling blue” immortalato dall’allora capolavoro “blockbuster” Inside Out (film 2015 da allora costante nell’Home Video e elogiato per la raffigurazione del travaglio emotivo di un preadolescente con toni fiabeschi e delicati).

Ma la genesi del Blue Monday, e del come possiamo archiviare la settimana che stiamo vivendo come una pseudoscienza parte da molto lontano.

Nel 2005 la compagnia di viaggi Sky Travel decide di commissionare, senza pretesa di grande serietà accademica ma con lo spirito commerciale tipico del dolus bonus (la teoria, sostanzialmente, per cui non puoi mandare in galera la vecchina dell’Ace perché lei ti ha detto che “Ace lava più bianco e senza Straaaaap!!” e alla fine il corredo di povera nonna non è diventato candido come la neve) uno studio al docente universitario e psicologo Cliff Arnall.

Lo scopo era, con una certa ironia, trovare la formula della tristezza in grado di individuare il giorno più triste dell’anno, possibilmente un lunedì, in modo da avere una settimana “triste” da curare con viaggi nei posti più divertenti ed esotici del mondo.

La formula della vacanza perfetta

Arnall produsse una prima “formula per sconfiggere la tristezza”, ovvero la “formula della vacanza perfetta”

La prima "formula della tristezza"

La prima “formula della tristezza”

In ogni caso la “formula della tristezza”, definita dalla scienza ufficiale come “insensata” si basava sui seguenti fattori, ovvero tempo speso viaggiando (TT), ritardi (D), tempo speso svolgendo attività culturali (C), tempo speso rilassandosi (R), tempo speso dormendo (ZZ), tempo speso vivendo sotto stress (St), tempo speso preparando i bagagli (P) e tempo speso preparandosi (Pr).

Un semplice controllo secondario sull'”equazione della tristezza” ci dimostra che non solo parte dell’equazione si basa su criteri soggettivi e non oggettivi e contiene una lunga serie di errori gravi.

Ad esempio, potremmo arrivare alla situazione paradossale per cui basterebbe preparare i bagagli per 10 ore e spendere 40 ore a prepararsi per sconfiggere la tristezza e avere la vacanza perfetta, oppure sfondare l’algoritmo organizzando le ferie a casa in stile “Netflix and chill” (ovvero passare le vacanze inchiodate sul divano a guardare show televisivi).

Azzerando il tempo di trasporto otteresti una divisione per zero in grado di trasformare la felicità in un valore indeterminato tendente allo zero.

Siamo quindi con l’equazione del viaggio perfetto ad una campagna promozionale: buone pratiche di viaggio trasformate in una formula matematica che non potrebbe esistere, se non altro perché moltiplica unità della misura del tempo con unità di misura dello spazio con unità di misura “emotiva”.

La raffigurazione plastica del perché non puoi sommare pere e mele.

Entra in scena l’equazione della tristezza

Nei comunicati stampa e quindi nei giornali degli anni 2005 e 2009 compare invece un diversa equazione: l’equazione della tristezza.

Non ne saremo mai certi, ma potrebbe esserci l’ispirazione della “Formula dell’Antivita” teorizzata dai fumetti dell’autore Jack Kirby e fonte di potere del dio malefico Darkseid, la “dimostrazione matematica che la vita è dolore e sofferenza, che niente potrà essere fatto per raggiungere la felicità e che l’unica soluzione è la sottomissione a Darkseid stesso”.

La formula della tristezza

In questo caso la dimostrazione matematica dell’infelicità umana si basa su altri elementi arbitrari e presi dalle “buone pratiche”

In questo caso W sta per tempo atmosferico, D per debito, T per “tempo elasso dal Natale”, Q da “tempo elasso dal fallimento dei Buoni Propositi del Nuovo Anno”, M per “scarsi livelli motivazionali” ed Na per “generico sentimento che bisogna fare qualcosa”.

Una sorta di tentativo (con tutti gli “errori” della precedente formula, dalla disomogeneità delle unità di calcolo fino all’arbitrarietà) di porre in una formula pseudomatematica secoli di luoghi comuni sul periodo delle feste.

Traducendo la formula in parole, potremmo dire che il significato è che arrivi al terzo lunedì di Gennaio deluso perché ti è toccato tornare al lavoro, ma anche in bolletta perché ti sei speso tutto in bagordi e regali, abbattuto perché ti sei dato propositi di buon anno troppo ambiziosi, il tempo generalmente è freddo e ci stai male e al lavoro non ci vorresti tornare.

La cura è quindi semplice: regalarsi un viaggio costoso (ignorando che nel punto due si è ricordato che dovresti essere in bolletta e quindi ridotto a non sapere se ci arrivi a fine mese…) o altri piccoli lussi che ti rallegrino.

Lo stesso autore della teoria nel 2010 andò alle Canarie per “sconfiggere il Blue Monday”, cosa pubblicizzata dall’Ufficio del Turismo Locale.

Cosa comporta questo?

Ribadiamo che si tratta solo di pubblicità: nessuno ha mai pensato davvero di creare la formula della tristezza.

Anche se nel 2011 per tenere attiva la carica “simpatica” della leggenda metropolitana è stata congegnata una “Equazione della felicità” che, non a caso, pone i giorni più felici dell’anno in Estate quando “hai il sole, il mare e non devi lavorare”.

Ma i miti sono duri a morire, e questo mito moderno è diventato immortale.

L'orribile fiatella di Edna

L’orribile fiatella di Edna

La situazione è affine, ad esempio alle pubblicità con cui il colluttorio fu pubblicizzato negli anni ’20 in America: l’alitosi fu popolarizzata come un gravissimo disturbo da combattere con una serie di spot con al centro la storia della “povera Edna“, donna bellissima, ricchissima, intelligentissima, di intelletto vivace e spirito ammirabile ma condannata ad una vita da zitella per il suo feroce alito di cipolla.

Fino a quel momento sostanzialmente a nessuno importava della fiatella mattutina: da quel momento in poi le vendite del colluttorio Listerine si impennavano perché nessuna ragazza voleva essere Edna con la sua feroce fiatella da zitella.

E a nessuno importavano più i benefici della corretta igiene orale: Listerine vendette sulla base della scoperta che “ad un terzo delle fanciulle di buona famiglia puzza il fiato” e che “nessuno vuole sposare una donna con la fiatella”.

Perché superare il mito del Blue Monday?

Dal punto di vista pubblicitario è perfetto: dal punto di vista della salute mentale gli esperti di igiene mentale nel Regno Unito hanno da subito ricordato che dietro la depressione c’è molto di più che la pubblicità.

Esiste un Disturbo Affettivo Stagionale (SAD) collegato alla riduzione delle attività nella stagione fredda o nel cambio di abitudini che esacerba condizioni depressive e maniacali già precedenti di molti, e, specialmente in questi tempi di difficile economia, trovarsi dinanzi a quella che per molti è diventata una festa ricca di sfarzo e doni in condizioni economiche precarie, senza prospettive per il futuro e alla boa del “nuovo anno” senza sapere cosa sarà di te può provocare l’incidenza di suicidi e depressioni.

Ovviamente tutto questo non si combatterà con la pubblicità, sia pur simpatica, ma sconfiggendo lo stigma della salute mentale e creando una rete di assistenza.

Stare male è normale, chiedere aiuto è normale, non c’è vergogna nel capire che forse non avete bisogno di un viaggio costoso, ma di una voce amica che vi ricordi di ammettere di avere un problema e ricorrere alla psicologia.

Foto di Copertina: Blocco note con Emoj Tristi di Atlasstudio per Canva

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