Fan del Crypto spendono 2,6 milioni di euro per lo script del Dune di Jodorowsky, ma non possono farci niente

di Shadow Ranger |

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Fan del Crypto spendono 2,6 milioni di euro per lo script del Dune di Jodorowsky, ma non possono farci niente Bufale.net

Fan del Crypto spendono 2,6 milioni di euro per lo script del Dune di Jodorowsky, ma non possono farci niente: i 2,6 milioni di euro peggio spesi nella storia.

Storia che è piena di iniziative commerciali nate già col piede sbagliato, o destinate al fallimento. Iniziative che nel mondo delle Cryptovalute, nato per sollevarci dal capitalismo e sovente diventato l’incarnazione delle falle più brutali del capitalismo stesso hanno sempre un impatto mediatico maggiore.

Fan del Crypto spendono 2,6 milioni di euro per lo script del Dune di Jodorowsky, ma non possono farci niente

La notizia giunge in Italia da Wired, che ci racconta una storia di trionfo e tragedia degna di una serie televisiva a parte.

Un collettivo decentralizzato autonomo, una Dao in una parola potremmo definirlo la versione 2.0 e crypto di una vera e propria società azionaria.

Gli iscritti acquisiscono insomma potere decisionale comprando Token sulla Blockchain: come a dire investendo personalmente sul “capitale virtuale”.

SpiceDAO, una di queste DAO, si era data l’obiettivo di acquistare lo script originale, battuto all’asta del Dune di Jodorowski e, “per quanto consentito dalla legge” (memorizzate questo: qui casca l’asino), proporre un franchising mediatico alternativo alle attuali versioni di Dune al cinema e in libreria declinato in film, prodotti di animazione e quant’altro.

Una parentesi su Dune

Per i non fan della saga spaziale di Frank Herbert qui ci vuole una digressione, Parliamo di Dune, una saga fantascientifica nata dalla penna di Herbert nel lontano 1965 e durata per decenni. Una pluripremiata fantasmagoria visiva che fonde misticismo, scienza e religione in un’epica multigenerazionale che tratta il destino di una Galassia.

Nata nel periodo in cui la Sci-Fi era un settore vitale e ricco di contributi, Dune si è costituita tra i prodotti più radicati nella mente del pubblico. Chi oggi pensa alla Sci-Fi, pensa a Star Wars, Star Trek e Dune sostanzialmente.

Negli anni ’80 Dino De Laurentiis portò sul grande schermo la fantasmagoria visiva, con personalità del calibro di Sting e Max Von Sydow, e la regia di David Lynch. Attualmente impera sul grande schermo un “reboot” della saga.

Ma tra film per il grande schermo, miniserie, fumetti e videogame, solo i veri fan ricordano un progetto mancato. Prima del film di David Lynch prodotto da De Laurentiis, un tentativo fu fatto per coinvolgere Alejandro Jodorowski. Il visionario sceneggiatore, scrittore, regista, fumettista e cultore della spiritualità orientale creatore di El Topo e l’Incal.

I gusti di Jodorowski erano…diciamo particolari. Nella sua visione avremmo avuto cose come Salvador Dalì seduto su una tazza del cesso a forma di delfino e sostituito durante il film da un Robot-Dalì seduto sul cesso, giraffe in Fiamme, Amanda Lear e gente che defeca nel deserto alla minima provocazione.

Un progetto a dir poco visionario, nonché troppo costoso: Dalì avrebbe rischiato di diventare l’attore più pagato nella storia, e il progetto franò.

Jodorowski si “riprese” molti degli elementi e li trasfuse nei suoi due fumetti più famosi: la saga dell’Incal e il Ciclo dei Metabaroni, laddove il Clan Castaka (l’ancestrale famiglia da cui proviene il Metabarone) diventa una versione allucinata ma zen del clan Atreides della saga di Dune, con elementi strappati direttamente dal testo di Herbert e mutati in parodia.

Ad esempio, anche il Metabarone come Paul Atreides è un prescelto figlio di prescelti, ma la Bene Gesserit diventa l’associazione delle “Streghe Puttane di Shabda-Oud”, sia pur conservandone finalità e rilevanza nella trama generale.

Il punto della vicenda

Abbiamo dunque i diritti letterari e di sfruttamento di Dune appartenenti agli eredi di Herbert e concessi a chi ha di volta in volta fatto i vari adattamenti.

Abbiamo lo script di una versione folle e visionaria come solo un genio poteva partorirla, definita troppo “estrema” per farne un prodotto.

E infine abbiamo un collettivo virtuale che spende 2,6 milioni di euro per comprare quello script e fare film e serie animate di un prodotto del quale gli aventi diritto non gli concederanno mai i diritti per farlo.

A questo punto il collettivo scopre cosa significa il diritto d’autore.

Un pubblico, perlopiù giovane, cresciuto a pane e NFT, nella convinzione che “se compro qualcosa di raro e lo immortalizzo nella Blockchain diventa mio”, scopre che posso comprare lo script rarissimo di un film ma questo non mi dà i diritti di copyright necessari per creare quel film.

Le soluzioni? Tra le soluzioni proposte c’è chi ha pensato di distruggere il rarissimo copione per poter dire di detenere la sua unica copia virtuale tramutata in un NFT.

C’è chi pensa di aspettare il 2060, sperando che i diritti degli eredi di Herbert non vengano rinnovati da ulteriori riforme del diritto d’autore statunitense, per poi procedere con la fantasmagoria di giraffe in fiamme e gabinetti-troni dorati.

C’è chi sospetta che il fondatore della Dao sapeva che non avrebbe potuto mantenere la promessa prima del 2060 (almeno), eppure si è cimentato in un’impresa.

In ogni caso, qualcuno ha comprato un copione rarissimo e pregevole e sembra non sapere cosa farci.

 

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