Conclave: è vero che i cardinali tirano a pane e acqua?
L’elezione di un Papa è da sempre avvolta in un alone di mistero e solennità, e ad ogni conclave riaffiorano leggende ed aneddoti tra i più disparati.
Una delle curiosità più conosciute riguarda le condizioni di vita dei cardinali durante questo periodo: si dice spesso che siano costretti a cibarsi di pane e acqua, un’idea che evoca sacrifici e penitenze e si contrappone alla tradizionale opulenza associata alle figure di spicco della Chiesa.
Ma è davvero così?
Un salto nel passato
Per scoprire la verità, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino al XIII secolo.
Siamo nel 1268, e dopo la morte di Papa Clemente IV i cardinali si riuniscono a Viterbo per eleggere il successore, attività che li impegnò per ben tre anni, risultando nel conclave più lungo della storia, prima di riuscire finalmente ad eleggere, nel 1271, Papa Gregorio X.

Conclave: è vero che i cardinali tirano a pane e acqua?
La situazione si era rivelata insostenibile per il popolo esasperato, che – secondo la tradizione – arrivò a prendere misure drastiche, chiudendo a chiave i cardinali (da qui il termine conclave, dal latino cum clave, “sotto chiave”), murando le porte e rimuovendo il tetto per convincerli finalmente a prendere una decisione.
Una volta eletto e memore di quell’esperienza, Papa Gregorio X emanò nel 1274 la costituzione apostolica Ubi Periculum, proprio per evitare un altro stallo.
In essa, venivano stabilite una serie di norme molto rigide per l’elezione papale e una delle più famose riguardava proprio il vitto: se i cardinali non avessero raggiunto un accordo entro una settimana, il loro pasto sarebbe stato ridotto a un solo piatto a pranzo e a cena. Dopo altri cinque giorni, sarebbero stati costretti a nutrirsi solamente di pane, acqua e un po’ di vino (ritenuto un bene fondamentale).
L’effetto fu immediato e sorprendente: la successiva elezione, a Lione, si concluse in un solo giorno, a dimostrazione di quanto la prospettiva di un digiuno forzato potesse accelerare le decisioni (Ok, vennero anche sospese retribuzioni e rendite ecclesiastiche durante le attività del conclave, ma io voglio credere che fu per il cibo).
E oggi?
Il “menù a pane e acqua” rimase in vigore per molto tempo, seppur con diverse modifiche nel corso dei secoli, diventando un simbolo del rigore e della spiritualità che dovrebbero accompagnare un momento così importante.
Tuttavia, con il passare del tempo e l’evoluzione delle norme ecclesiastiche, queste regole sono state gradualmente ammorbidite. Sebbene il principio di sobrietà rimanga, il “digiuno” vero e proprio è stato abolito.
Oggi, le norme prevedono pasti sobri, ma completi ed equilibrati, preparati per sostenerli durante le intense giornate di preghiera e votazioni. Non ci sono più restrizioni sul tipo o sulla quantità di cibo, se non quelle dettate dal buon senso e dal rispetto per l’occasione.
L’immagine romantica del conclave a pane e acqua, quindi, appartiene ormai a una pagina di storia. Ma una cosa è certa: la storia ci insegna che, a volte, una piccola spinta gastronomica può essere un potente acceleratore per le decisioni più importanti (…più la sospensione di retribuzioni e rendite ecclesiastiche).
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