Christina Aistrup Hansen, la vera storia che ha ispirato la miniserie L’Infermiera su Netflix

di Luca Mastinu |

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Christina Aistrup Hansen, la vera storia che ha ispirato la miniserie L’Infermiera su Netflix Bufale.net

La miniserie L’Infermiera sbarcata su Netflix nell’aprile 2023 è opera del regista Kasper Barfoed ed è tratta da una storia vera.

In quattro episodi Barfoed ricostruisce la vicenda di Pernille Kurzmann Larsen, che arriva al Nykøbing Falster Hospital e da subito nota delle stranezze nella collega Christina Aistrup Hansen. Quando quest’ultima copre i turni di notte, infatti, i pazienti muoiono per arresto cardiaco. Pernille dovrà rompere un consistente muro di omertà e servilismo per poter arrivare alla verità.

Tutte le colleghe, infatti, nutrono una profonda stima per il lavoro di Christina, e anche da parte dei medici del pronto soccorso vige l’incredulità di fronte ai sospetti di Pernille. Kasper Barfoed si è ispirato principalmente al libro d’inchiesta L’Infermiera di Kristian Corfixen, pubblicato per Saga Egmont nel 2021.

L’Infermiera, una scena dalla miniserie Netflix

L’Infermiera, su Netflix la ricostruzione di un caso true crime

Kasper Barfoed, nella serie L’Infermiera disponibile su Netflix, ricostruisce la vicenda di Christina Aistrup Hansen.

La trama si muove in un crescendo di tensione e sospetti, con Pernille al suo primo incarico come infermiera al pronto soccorso di Nykøbing Falster, in Danimarca. Pernille fa subito amicizia con Christina, veterana alla quale l’affiancano nei turni di notte. Christina gode della stima dell’intero pronto soccorso sia da parte delle infermiere che dei medici, una stima che è facile nutrire – apparentemente – dal momento che di Christina si notano subito il carisma e l’assoluta dedizione al lavoro.

Presto Pernille nutre i primi sospetti. Non solo scopre che Christina è solita mentire anche di fronte alle evidenze – racconta, ad esempio, di essere rimasta coinvolta in un incidente e di avere “la Golf rossa completamente distrutta”, ma Pernille scoprirà che sull’auto non compare neppure un graffio – ma si accorge che i pazienti muoiono per arresto cardiaco ogni volta che la collega carismatica si trova in corsia.

Pernille cerca di dialogare con le colleghe per scoprire se anche loro nutrano dei sospetti nei confronti di Christina, ma si scontra con un muro di omertà. Christina è l’intoccabile, e questo aggiunge tensione all’intero impianto narrativo proposto dal regista. Ogni episodio si apre con la scritta “tratto da una storia vera”, e nei fatti L’Infermiera è la trasposizione fedele dell’opera di Kristian Corfixen.

La vera storia di Christina Aistrup Hansen

Dell’opera L’Infermiera di Kristian Corfixen sono disponibili alcune pagine su Google Libri, a questo indirizzo.

Corfixen, nella sua inchiesta, è riuscito ad intervistare la vera Christina Aistrup Hansen che nell’occasione ha rotto il silenzio per la prima volta dopo il processo. I fatti si svolgono tra il 2012 e il 2015 e riguardano tre omicidi e un tentato omicidio.

Il caso esplode il 1° marzo 2015 quando Pernille, in accordo con il fidanzato Niels Lunden che è anche medico del pronto soccorso, decide di chiamare la polizia. In quel momento Pernille è reduce da un turno massacrante insieme a Christina, durante il quale si registrano diverse morti sospette tra i pazienti. Va precisato che Pernille si è insospettita più volte quando, in corrispondenza con la morte dei pazienti per arresto cardiaco, nel bidone della spazzatura ha trovato siringhe con tracce di morfinadiazepam.

Secondo un’accurata cronologia dei fatti ricostruita da Nyheter24, la prima morte sospetta risale al 4 marzo 2012, quando un uomo di 72 anni, Arne Herskov, muore improvvisamente per arresto cardiaco.

Le altre due morti sospette si verificano nella notte tra il 28 febbraio 2015 e il 1° marzo, che coincide con l’ultimo turno di Christina prima dell’arresto. In quell’occasione muoiono Anna Lise Poulsen, 86 anni, e Viggo Petersen, 66 anni. Nella stessa notte Maggi Rasmussen, 73 anni, riceve un trattamento a base di morfina, diazepam e cordarone, ma viene salvata per tempo dai colleghi.

Per Pernille Larsen, come lei stessa racconta, sono giorni ostili. Prima dell’arresto di Christina, infatti, i colleghi iniziano ad evitarla per via dell’assoluta stima nei confronti di Christina. Le sue parole:

Ad alcuni dei miei colleghi piaceva molto Christina. Per loro era difficile capire, quindi si sono allontanati da me in modo naturale. Dal momento che non ho avuto l’opportunità di spiegare la storia, doveva andare così.

Ciò viene messo in evidenza anche nella miniserie disponibile su Netflix. Il processo durerà 26 giorni, durante i quali Christina Aistrup Hansen viene ritenuta colpevole di omicidio per la morte di Arne Herskov, Anna Lise Poulsen e Viggo Petersen; colpevole di tentato omicidio per Maggi Rasmussen; colpevole di abuso d’ufficio per aver violato con negligenza e trascuratezza i diritti delle persone fisiche ricoverate; colpevole di detenzione illegale di medicinali; colpevole di aver somministrato potenti sonniferi alla figlia; colpevole di possesso e detenzione illegale di un cellulare all’interno della prigione.

Nel giugno 2016 è stata dunque condannata all’ergastolo, ma dopo una revisione dell’Alta Corte nel 2017 la pena viene ridotta12 anni di reclusione nonostante l’intervento di 70 testimoni e le prove sull’inutilità dei trattamenti a base di morfina e diazepam alle vittime. Il passo indietro è dovuto, soprattutto, all’impossibilità di dimostrare con i fatti e i dati la correlazione tra gli interventi di Christina e la morte delle vittime.

Va detto che l’infermiera – cui viene ritirato il titolo – si è sempre definita non colpevole.

Perché uccidere i pazienti?

A Christina Aistrup Hansen viene riconosciuto un disturbo istrionico della personalità, che porta l’infermiera a “cercare eccitazione e drammi”, un dettaglio confermato dall’atteggiamento che l’infermiera assumeva quando suonava il campanello delle emergenze, secondo i testimoni.

Quando in corsia arrivava un caso grave, riferiscono, Christina si dimostrava euforica e “senza empatia” ponendo in atto una “auto-messa in scena”. Quindi?

Nella sostanza, Christina Aistrup Hansen cercava sempre di essere la protagonista anche quando bisognava concentrarsi sui pazienti in pericolo di vita, come se volesse portarli ad un passo dalla morte per poi intervenire per salvarli e godere dei meriti. Un modo di operare facilitato, come ricorda Pernille, dal fatto che non esistesse un registro nel deposito dei farmaci al quale, quindi, tutti avevano accesso.

“L’imputata si è presentata come protagonista di una commedia bizzarra, dove i pazienti sono le sue comparse”, queste le parole del pubblico ministero Michael Boolsen, che aggiunge: “[L’imputata] ha usato le sue conoscenze infermieristiche in modo profondamente perverso, spinta dal suo disturbo istrionico di personalità”.

Per questo e tutti gli altri motivi Christina Aistrup Hansen non viene considerata “angelo della morte” come si è soliti indicare infermieri e medici che uccidono i loro pazienti e assistiti, bensì un vero e proprio dødsdjævel, un diavolo della morte.

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