Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu, decenni dopo

di Bufale.net Team |

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Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu, decenni dopo Bufale.net

Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu, decenni dopo è arrivata a Roma nel 2021. Accolta dai commenti increduli di chi rifiuta di ammettere che il tempo passa e non si ferma per nessuno.

Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu, decenni dopo

Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu, decenni dopo

Oggi Sharbat è molto diversa da come era. Salvo per quegli occhi blu che hanno impressionato tutti coloro che hanno guardato la foto. Ma anche l’Afganistan lo è, piagato dalla brutale violenza del regime Talebano.

E probabilmente, anche lo spettatore stesso lo è. Non potrebbe essere altro: sono passati ormai quasi quaranta anni.

Sharbat Gula, la ragazza afghana dagli occhi blu

Il primo iconico scatto è di Steve McCurry, classe 1950, che si recò nel 1985 al campo profughi di Peshawar in incognito, prima dell’invasione sovietica dell’Afganistan, tornando con diverse foto cucite nei vestiti.

Tra di esse, le foto di una ragazzina in una classe. Steve McCurry riferirà

«Mi accorsi subito di quella ragazzina […]. Aveva un’espressione intensa, tormentata e uno sguardo incredibilmente penetrante – eppure aveva solo dodici anni. Siccome era molto timida, pensai che se avessi fotografato prima le sue compagne avrebbe acconsentito più facilmente a farsi riprendere, per non sentirsi meno importante delle altre»

Il fotografo quindi usò un obiettivo manuale Nikkor 105mm f/2.5 su una fotocamera Nikon FM2

«Gli occhi sono così espressivi, dicono molto di una persona… Trovo più diretto, più semplice e più onesto fotografare le persone che guardano dritto nel mio obiettivo»

Dirà il fotografo delle sue scelte. A dire il vero, lo scatto di Sharbat Gula come lo conosciamo è solo una seconda scelta.

L’editore di National Geographic aveva puntato su un secondo scatto, uno con la parte inferiore del viso della ragazza coperta: il direttore Bill Garrett si impose ottenendo la pubblicazione dello scatto che conosciamo.

Un immediato successo.

All’epoca non si sapeva molto di lei, neppure il nome. Solo che era fuggita 5 anni prima dopo l’invasione sovietica con la nonna, il fratello e le sorelle. Morti entrambi i genitori. All’inizio non si conosceva il suo nome, solo l’etnia pashtun.

Decenni dopo, la scoperta

McCurry continuò a cercare tracce della ragazza che aveva portato ad una notorietà che ella ignorava per decenni, riuscendo a rivederla solo nel 2002

«La nostra conversazione fu breve e piuttosto formale. Si ricordava ancora di me, perché quella era stata l’unica volta in tutta la sua vita in cui qualcuno l’aveva fotografata, e perché forse ero l’unico straniero con cui fosse entrata in contatto. Quando vide la foto per la prima volta, provò un certo imbarazzo a causa dello scialle bucato. Mi disse che le si era bruciato mentre stava cucinando. Le spiegai, pensando di compiacerla, che la sua immagine aveva commosso moltissime persone, ma non sono sicuro che la fotografia o il potere della sua immagine significassero davvero qualcosa per lei, o che fosse in grado di capirli fino in fondo. Riviste, giornali, televisione non appartenevano al suo mondo. I suoi genitori erano stati uccisi e lei aveva vissuto una vita da reclusa; non aveva contatti con altre persone al di fuori del marito e dei figli, dei parenti acquisiti e di qualche amico di famiglia. Le sue reazioni mi sembrarono un misto di indifferenza e di imbarazzo, con un pizzico di curiosità e di sconcerto»

Riferirà dell’incontro.

Scoprì inoltre che in soli vent’anni erano successo un mondo di cose: Sharbat Gula si era sposata a soli 13 anni, aveva avuto tre figlie, dal 1989 al 2001 e vissuto una vita da reclusa.

Sharbat Gula, 2021

Sharbat Gula, 2021

McCurry fece in modo che Sharbat ottenesse assistenza medica, avesse una macchina da cucire e tutto il necessario per consentire alla figlia maggiore di aprire una sua attività e pubblicò le nuove foto, contribuendo ad un fondo di assistenza per il diritto all’istruzione dei bambini.

Ma la storia di Sharbat non finisce qui.

Nel 2016 viene arrestata in Pakistan per l’uso di documenti falsi, situazione dovuta alla sua condizione di rifugiata. Viene rimandata in Afganistan, dove il governo instaurato dopo la prima caduta dei Talebani le consente di avere una casa e mezzi di sostentamento.

Nel 2021 i Talebani ritornano al governo, la condizione femminile precipita.

Sharbat Gula chiede di poter essere aiutata a lasciare il paese, arrivando in Italia nel 2021.

Ovviamente è ora molto invecchiata, stanca, quasi spezzata da una vita di tragedie, ma ha ancora quell’iconico sguardo che McCurry ha usato per parlarci dell’Afganistan.

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