Reliquie di persone non sante, e non meno strane
La tradizione cattolica ha un noto fenomeno di devozione che per i moderni può sembrare avere contorni “splatter” ma fino anche solo ad una generazione aveva indisputati tratti di rispetto e riguardo che nella dottrina sono ancora presenti: la reliquia, conservazione di parti del corpo (reali o spesso presunte) dei santi.
Presunte perché ad esempio se sommassimo assieme tutte le parti del corpo che ogni singola parrocchia o luogo di culto attribuisce ad un determinato santo, spesso avremmo dei “doppioni” dati dalla tentazione nel tempo di arrivare primi alla raccolta di un reperto prezioso.
Ma anche la cultura più laica ha i suoi santi laici, e il suo bisogno di averne memoria.
Reliquie di persone non sante, e non meno strane
Descritto anche da una canzone di Caparezza, un dito di Galileo Gailei rientra tra questi.
Anzi, per essere precisi, tre dita e una vertebra che furono trafugati nel 1737 in un gesto di devozione, tra cui il famoso dito medio inserito in un reliquiario dopo essere entrato in posssesso di Anton Francesco Gori e tutt’ora visibile nel Museo ispirato allo scienziato.
Lazzaro Spallanzani, inumato al Cimitero Monumentale di Pavia, lasciò invece alla scienza la sua vescica perché fosse studiato il tumore che lo accompagnò nei suoi ultimi anni di vita.
Ben più strane furono le reliquie di personaggi come Napoleone e Rasputin, accomunati da uno strano destino: il loro pene divenne oggetto di bizzarra venerazione.
Il pene di Napoleone fu asportato, ridotto di dimensioni ai poco seducenti cinque centimetri dovuti all’imbalsamazione e passato di mano in mano da un sacerdote fino ad un urologo americano che lo detiene ancora in tempi moderni.
Un urologo russo dichiara invece di avere il pene di Rasputin, noto nella leggenda per le sue dimensioni ragguardevoli e stimato a 30 centimetri da imbalsamato ancorché non vi è alcuna prova che il membro in suo possesso sia del noto Santone.
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