La Nuova “Silicon Valley” dell’Hacking: La Corea del Nord
Parlando di innovazione tecnologica e digitale, nella nostra mente tipicamente ricorrono due parole rese celebri dal boom tecnologico avvenuto sul finire del secolo scorso: Silicon Valley.
Eppure, di recente, un paese spesso associato alla dittatura, all’isolamento e alle rigide gerarchie ha deciso di provare a riscrivere le regole del mercato, inventandosi un business unico nel suo genere e puntando decisamente sullo sviluppo di competenze tech in modo tutt’altro che convenzionale: la Corea del Nord.
Un Centro Operativo 24/7 per l’Hacking legalizzato
Secondo diverse fonti, sembrerebbe che il leader supremo Kim Jong Un abbia preso molto sul serio il ruolo di “cattivo” appioppatogli dall’occidente, puntando a diventare il nuovo villain di qualche epica saga sci-fi.
Le indiscrezioni parlano di un nuovo centro di ricerca istituito con un obiettivo esplicito: sviluppare tecniche per il furto di dati online, con un focus particolare sull’uso (o meglio abuso) dell’Intelligenza Artificiale.

Pyongyang – Di Christophe95 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=99292715
Secondo quanto riportato, questo centro punterebbe a diventare un hub di riferimento, vero e proprio fiore all’occhiello dell’innovazione cyber-criminale, e punterebbe a sviluppare nuovi metodi per neutralizzare le reti di sicurezza di privati ed enti finanziari.
Non è uno scherzo: l’obiettivo è quello di garantire operatività 24 ore su 24, e vedrà il reclutamento di un centinaio dei migliori esperti di informatica del paese, scelti tra i laureati con il massimo dei voti. Una sorta di “dream team” del cybercrime.
La Corea del Nord diventerà la nuova potenza globale dell’hacking?
L’hacking, per la Corea del Nord, non è affatto una novità, bensì una vera e propria eccellenza nazionale consolidata nel corso degli anni.
I numeri parlano chiaro e sono impressionanti: nel solo 2024, il paese vanta il primato di aver sgraffignato 1,34 miliardi di dollari in 47 operazioni, rappresentando ben la metà del totale globale tra i furti informatici.
Per far fronte ai limiti delle infrastrutture indigene, pare inoltre che gli hacker Nordcoreani abbiano iniziato a sfruttare network ed infrastrutture IT dei paesi alleati, Cina e Russia su tutti, in modo da bypassare più facilmente le difese e rendere più difficoltoso il tracciamento dei dati.
Mentre il resto del mondo si affanna a proteggere i propri sistemi e a innovare per la sicurezza, la Corea del Nord sembra aver scelto una strada diametralmente opposta, trasformando il cybercrime in una risorsa economica e strategica.
Una mossa che sicuramente fa riflettere sulle priorità e sulle direzioni che le competenze tecnologiche possono prendere nelle mani sbagliate.
E l’Italia?
La domanda è quanto mai attuale: siamo pronti ad affrontare questa nuova, audace e inquietante frontiera della tecnologia?
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