Il servizio RAI sui rimborsi COVID e le accuse social premature

di Bufale.net Team |

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Il servizio RAI sui rimborsi COVID e le accuse social premature Bufale.net

Ci hanno segnalato un servizio RAI sui rimborsi COVID, dove compare la presenza di un medico (in anonimo) che dichiara gonfiati i numeri dei pazienti COVID per rimborsi e “fondi del PNRR”.

Ora, che i novax abbiano un’attenzione molto viva sulla questione “con COVID o per COVID” lo sapevamo. Dai rimborsi tacciati di essere altro.

Sappiamo benissimo che i DRG sono la “scoperta dell’acqua calda”, e abbiamo visto più volte come questo sia stato trasformato in una vera e propria fake news.

Passando cioè dal concetto per cui ogni paziente ha un costo che in un sistema di sanità pubblica viene coperto dallo stato al concetto che in tutto il mondo, “Italia compresa”, si scriva sospetto COVID per spartirsi i soldi.

Come dicemmo all’epoca, il giornalismo è basato sulle 5W: chi, dove, quando, cosa, perché, con la gradita aggiunta extra del come.

Topolino: il giornalismo e le 5W

Topolino: il giornalismo e le 5W

Nel servizio RAI abbiamo una voce anonima di qualcuno che dichiara essere un medico, ma chiede di celare la sua identità, che dichiara di aver fonte certa sul fatto che ci debbano essere pazienti COVID.

Ma mancano il chi, il dove e il quando. Il cosa e il perché sono evidentemente una supposizione della voce narrante, fino alla prova del fatto. Il come idem.

Una regola di ogni accusa è che onus probandi incumbit ei dixit: l’onere della prova deve essere assolto da chi parla del fatto controverso.

Il cortocircuito giornalismo/giustizia

In caso di un illecito, è giusto che il giornalismo ne parli. Ma è giusto che il tribunale competente accerti.

Spesso alcuni gruppi, come i novax, saltano il secondo campo. Ciò che il giornalismo chiede di accertare viene dato per assolutamente vero quando gli conviene, negato e falsificato quando non accade.

È il paradosso del giornalismo di Shroedinger novax, laddove i giornalisti diventano tutti pennivendoli venduti pakati della kasta se dicono cose sfavorevoli, ma eroi coraggiosi quando dicono cose contrarie.

La soluzione logica davanti a un medico (o quantomeno, descritto come tale) che lancia accuse è prenderne atto e indagare.

Vieppiù che ogni caso simile del passato, e per non essere accusati di “suonare i nostri stessi corni” ricorreremo ad una analisi dei colleghi di Facta, è stato superato da una analisi dei criteri ministeriali.

Criteri che, come da questo documento dell’Iss, parlano di decesso per COVID19 quando la malattia è stata parte integrante della «sequenza di condizioni morbose che ha condotto a morte»: la sola positività al virus Sars-CoV-2 non basta.

Il che non significa automaticamente che l’intervista contenga falsità.

Contiene dati che vanno rigidamente esaminati per capire dove si trova l’anomalia, se essa sussiste e in che parte del territorio.

Insomma, dove, quando, chi, perché, cosa e infine il come.

Il problema dei Pazienti COVID “da altre patologie”

Anche perché, ammesso che un asintomatico entri in ospedale, l’asintomatico è pur sempre contagioso, e di ciò va tenuto conto per non tenerlo a contatto con altri pazienti.

Come ricorda l’epidemiologa Stefania Salmaso

“Quando un paziente entra in ospedale con una gamba rotta e risulta positivo; anche se asintomatico chiaramente non viene ricoverato per il Covid però la sua gestione all’interno dell’ospedale è differente, perché non può essere messo in una corsia insieme ad altre persone. L’ospedale avrà un costo in più. Dal punto di vista amministrativo-gestionale può quindi essere corretto che sia segnalato come paziente Covid. Altra cosa è sostenere che ci siano addirittura dei decessi dichiarati per Covid in pazienti che neppure sono infetti”.

È quindi necessario avere una gestione razionale dei malati, magari scissa per amministrativa e per computo della pandemia.

È giusto che esistano reparti dove chi si scopre positivo possa ricevere delle cure senza che questo pesi su di lui, sulla struttura e sugli altri malati.

È giusto attendere prima, e vedere un articolo giornalistico per quello che è: un fenomeno da esaminare e non una anticipazione di condanna.

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