Google fa disinformazione sul padre delle cartucce e a noi tocca rimediare

di Bufale.net Team |

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Google fa disinformazione sul padre delle cartucce e a noi tocca rimediare Bufale.net

Il doodle di Google sul padre delle cartucce è sbagliato: facciamo ordine su una vicenda storica. Vicenda storica che ha subito una forte virata verso la disinformazione quando Google, con uno dei suoi celebri doodle ha lodato Jerry Lawson, il “padre delle cartucce”.

Inteso come i giochi su cartuccia, il formato storico di elezione per i videogiochi dalle origini ad oggi, nonostante tra le console commerciali sia rimasta solo Nintendo a difenderlo.

Il doodle di Google sul padre delle cartucce è sbagliato: facciamo ordine

Il doodle di Google sul padre delle cartucce è sbagliato: facciamo ordine

Il Doodle, cui ha fatto seguito la stampa generalista e dintorni, offre una versione semplificata della storia. Sin troppo. In un mondo dove semplificare significa sostanzialmente errare.

Presentando anche nel giochino incorporato Jerry Lawson come il padre dei giochi su cartuccia. Ma così non è.

La storia del gioco di cartuccia comincia da due padri, cui si aggiunse Jerry Lawson in seguito. Ma comincia da Wallace Kirschner e Lawrence Haskel, dipendenti di una piccola azienda chiamata ALPEX.

La vicenda è stata mirabilmente riassunta da Carlo Santagostino, esperto e divulgatore del mondo Retro, grande preservatore dell’informatica vintage e recentemente a Lucca Comics and Games per una mostra sull’Atari.

E trova racconto in un articolo del 2015 di Fast Company, che vi proporremo.

Il doodle di Google sul padre delle cartucce è sbagliato: facciamo ordine

Nel 1960 accade che AMF, un acronimo traducibile con “Fonderie e macchinari Americani”, si occupava di creare tabelloni da Bowling, entrando nel mondo dell’informatica con nuovi sistemi per tracciare i punteggi in modo individuale.

Nel 1969, a causa degli effetti di un trasferimento aziendale, parte degli impiegati di AMF decidono di “mettersi in proprio” e restare in Connectiut. Norman Alpert fonda così Alpex Computer Corporation.

Storia lunga fatta breve, Alpex tenta l’ingresso nel settore business, IBM se li mangia vivi. Senza un mercato definito, col mondo dei videogames che negli anni ’70 viveva la sua grande esplosione, Alpex tenta il mercato videoludico.

È una confluenza perfetta di fattori: Intel lancia il primo microprocessore commerciale, il 4004, seguito dall’8086 e la famiglia x86 i cui ultimi discendenti sono gli Intel i3/5/7/9 che probabilmente sono al centro del PC da cui state leggendo questo articolo.

L’idea un tempo lontana di avere non un “videogioco” fatto e finito dedicato a giocare un solo ed un unico gioco, ma un vero e proprio computer su cui far girare del software, un tempo sogno lontano, diventa vicinissimo.

Wallace Kirschner propone così ad Alpert l’idea di una console non più “singolo gioco”, ma dedicata a più videogiochi che l’utente potesse cambiare liberamente.

Alpex assume Lawrence Haskel, ingegnere software per aiutare nel progetto.

Il duo si fa così venire in mente una console per l’epoca avveniristica, il RAVEN (“Remote Access Video Entertainment”, “Intrattenimento con accesso video remoto”), e comincia a pensare ad un modo in cui gli utenti possano espandere da soli la libreria giochi caricando nuovi programmi venduti da Alpex stessa.

Vengono scartate le schede perforate, i nastri magnetici e i floppy disk: il secondo e il terzo appariranno più tardi nella storia della videoludica domestia, ad esempio sul Commodore VIC20, il Commodore 64 e l’Apple II.

Allora, il costo di un lettore floppy era ancora proibitivo per un utente occasionale e il nastro magnetico ritenuto inadeguato. Alpex decise di usare le EPROM, piccoli circuiti di memoria.

Ma una EPROM è cosa piccola e gracile, facile da perdere e con piedini facili da piegare e spezzare: l’intuizione di Alpex, quindi di Haskel e Kirschner, fu saldare quella EPROM su un PCB, un circuito stampato, e chiudere tutto in una scatola di plastica graziosa da guardare.

Nacque così la cartuccia moderna, con vantaggi che la stessa Alpex non aveva ancora previsto.

Se infatti puoi inserire un chip contenente una memoria di sola lettura che contiene il gioco su una scheda, su quella scheda puoi anche inserire espansioni addizionali per la tua console, come RAM aggiuntive, chip audio eccetera. Cosa che avrà un peso nel destino futuro del gioco su cartuccia.

Arrivano i primi problemi (ed entra in scena Jerry Lawson)

Alpex aveva quindi Kirshner ed Haskel. Entrambi avevano mille idee.

Nessuno dei soggetti citati aveva i soldi.

Kirshner ed Haskel avevano pensato (altra intuizione moderna) a RAVEN come una console domestica da attaccare alle TV già presenti in ogni casa. Nel 1975 andarono così a bussare alle porte di Sylvania, Zenith, RCA e Motorola, allora principali attori del settore TV USA.

Come sempre accade per le grandi novità, tutti rifiutarono di dare soldi per qualcosa di del tutto nuovo. “Prima vedere cammello, dopo pagare cammello”, recita un antico adagio.

E il cammello non c’era ancora. Un gatto che si morde la cosa: Alpex aveva bisogno di soldi per dimostrare il successo di RAVEN e delle sue cartucce, ma per avere quei soldi doveva vendere quelle cartucce a qualcuno (o almeno farsi dare soldi per provarci).

Una ditta conosciuta da Alpex quando ancora vendeva articoli da ufficio e registratori di cassa, prima che IBM la gettasse fuori dal mercato contatta Alpert e commissiona uno studio di fattibilità sul RAVEN.

Il progetto passa in mano a Jerry Lawson, brillante ingegnere che aveva creato nel suo garage un arcade, Demolition Derby ed era diventato la punta di diamante di Fairchild, la ditta di cui parliamo.

Lawson entra così nel team di sviluppo di una nuova console, il Futuro Fairchild F, ottenuto modificando le intuizioni del RAVEN.

Kirschner, Haskel, con l’assistenza di Lawson, convertono il prototipo per usare il chip F8 di Fairchild.

Lawson sviluppa dei nuovi e più moderni controller per sostituire la pesante e scomoda tastiera.

Il duo diventa trio, e il trio continua a lavorare sulle intuizioni di Kirschner e Haskel mentre Lawson trova il modo per renderle non solo esistenti, ma godibili, fruibili e usabili.

Tre sono una compagnia: e più persone?

Ron Smith, ingegnere che aveva lavorato per National Semiconductor, viene chiamato a perfezionare il meccanismo del gioco su cartuccia, per renderlo a prova di ragazzino.

Smith prende la cosa sul serio e aggiunge al progetto Nick Talesfore, designer industriale, che si guarda intorno e nota un oggetto del desiderio che tutti avevano in casa.

Le cassette musicali ad otto tracce.

Grandi, robuste, in grado di stare in una mano e custodire un contenuto fragile e delicato, ma anche rendere possibile inserire ed estrarre facilmente dal “lettore” (in questo caso un vero e proprio bus di espansione, come quello delle schede per PC: concettualmente una cartuccia è ancora questo) la cartuccia stessa.

L’illustratore e artista Tom Kamifuji viene chiamato da Smith per aggiungere l’ultimo tassello.

Ancora adesso, le cartucce, anche le più piccine e moderne, non sarebbero complete senza etichette coloratissime e custodie ancora più grandi con ancora più colori.

In tempi in cui i videogames erano solo ammassi di pixel, quelle scene colorate e realistiche, o fantasiose e dettagliate come le immagini di un film o un romanzo fantasy erano il portale per l’immaginazione dei più piccoli.

Il Fairchild F divenne così l’apripista di un intero settore videoludico, cambiando il mondo per sempre?

Perché dite che è una fake news?

Il doodle di Google sul padre delle cartucce è sbagliato, lo abbiamo capito.

Complice un documentario sui Netflix e la fallace narrazione giornalistica, la storia della cartuccia parte da metà e si chiude alla metà.

La stampa sul doodle di Lawson, tratto dal post di Carlo Santagostino

La stampa sul doodle di Lawson, tratto dal post di Carlo Santagostino, linkato

Se saltiamo tutta la parte di Alpex, Jerry Lawson diventa, come è diventato, “l’inventore dei giochi su cartuccia”.

Kirshner e Haskel, come è successo, spariscono.

Kamifuji e Ron Smith come se non fossero esisiti.

Se Kirshner e Haskel non avessero inventato il RAVEN, Lawson non avrebbe avuto niente con cui lavorare. Se Kamifuji e Smith non avessero dato alla cartuccia il suo corpo fisico, oggi non sappiamo che volto avrebbe avuto il gaming.

Non stiamo negando i diritti di Lawson: stiamo chiedendo di riconoscere che la cartuccia ha almeno due o tre padri e altrettante levatrici.

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