Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo e la responsabilità di adulti, media e social

di Bufale.net Team |

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Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo e la responsabilità di adulti, media e social Bufale.net

Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo: questa la prova che i giovani ci osservano. E ripetono tutte le nostre storture mentre noi adulti siamo passati da genitori ed educatori a cattivi maestri.

Come diceva Giovannino Guareschi, i giovani ci guardano. E imparano da noi. E decidono che il mondo è quello che gli mostriamo. E che mondo possono mostrare dei genitori che hanno abdicato al loro ruolo, che ritengono che essere padri e madri significhi dare ai figli cibo in tavola e qualche biglietto di conio in conio, parcheggiarli davanti ad un monitor (sia esso televisivo o di cellulare) e parcheggiarsi davanti ad un loro monitor.

Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo e la responsabilità di adulti, media e social

Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo e la responsabilità di adulti, media e social

Da quel genere di adulto che persino quando noi di Bufale parliamo di un caso di cronaca nera arriva chiedendo con fare assai maleducato il desiderato “video della violenza”, mascherando quei suoi pruriti da voyeur perverso e deviante con “Desiderio di sapere, perché io voglio essere informato e se non mi fate vedere il video subito dico che vi siete inventati tutto, che buffale ha scritto la buffala e nessuno deve leggere la buffala di buffale!”

Che non ottenendo il video vuole “il nome del cattivo perché vendetta vera, non finirò in galera, la vendetta vera è del popolo” e magari va a minacciare un omonimo.

Ditemi voi: genitori del genere quali distorsioni e devianze potranno produrre?

Tutto.

Giovani a caccia del video dello stupro di Palermo e la responsabilità di adulti, media e social

Nell’assenza totale del ruolo del genitore, ridotto ad un affare di forma vagamente umanoide gettato su un divano con l’iPhone tra le mani dopo una lunga giornata di lavoro alla ricerca del “mostro social” del momento per sentirsi vivo, l’adolescente non ha altri modelli da seguire se non lui.

E diventa anche lui un affare di forma vagamente umanoide circondato da altri affari di forma vagamente umanoidi che cercano “i video della violenza” sui social.

E ovviamente, se tutto quello che hanno ricevuto in educazione sono stati soldi, i soldi diventano la cifra di ogni cosa. Arriviamo a giovani disposti a pagare per il video delle violenze.

Attirati da “gruppi civetta” che promettono di averlo, imbeccati da chi nel “denunciare il gruppo tal dei tali” per farsi giustiziere di fatto ha fornito la strada virtuale per raggiungerlo.

Senza un’educazione, in balia di una informazione che spesso tra il non pubblicare per conservare la dignità, il rispetto, il cordoglio delle vittime e pubblicare tutto e subito per i likes, i giovani diventano guardoni virtuali.

Abbiamo già visto in passato il Garante Privacy attivarsi, ad esempio nel caso dello stupro di piacenza, chiedendo ai media e ai social una “moratoria” che non è censura ma rispetto.

Non possiamo, non tolleriamo, non accettiamo neppure noi che una vittima debba vedere il ricordo permanente della violenza patita sui social e sui mezzi di informazione come se l’interesse “di sapere” superasse il suo interesse a non essere vittima due volte.

Ancora una volta il Garante ha dovuto intervenire

A seguito di numerose notizie stampa su una “caccia alle immagini” scatenatasi nelle chat, l’Autorità – con due provvedimenti d’urgenza – ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza.

Il Garante ricorda che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale).

Preghiamo quindi tutti di cessare questa perversa caccia al video, riservandoci di segnalare personalmente al Garante chiunque ci chiederà di trovargli il video o peggio ci segnalerà modi per farlo.

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