DISINFORMAZIONE Eccoli i finti profughi “stremati” a causa della guerra – bufale.net
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Con la didascalia
Eccoli i finti profughi “stremati” a causa della guerra. Ma il PD non aveva detto che c’erano un sacco di donne e bambini? Ridicoli!!
Non troviamo la cosa ridicola, ma deprimente: in questo clima di campagna elettorale permanente, la controinformazione affamata di likes batte sempre dove si condivide facile.
Se fino ad un paio di mesi fa bastava usare la parola euro per attirare la pubblica indinniazione, ecco che basta riesumare il fantasma di un PD definitivamente all’opposizione e lo spettro del “migrante”. Uno spettro che si aggira per l’Europa, moderno e sempre presente.
E si sa, l’indinniato brama più di ogni altra cosa essere assolto da se stesso più che dagli occhi del mondo: se il viralizzatore di turno gli dice che sull’Aquarius sono felici e cantano, significa che stanno bene, che non è vero che sono pericolosamente prossimi all’esaurimento di cibo e risorse e ci sono persone ustionate dal carburante.
Significa che anche oggi, ignorando i dettami di Primo Levi, l’indinniato potrà lamentarsi dalla sua calda dimora ed usando la sua connessione ADSL o Fibra come un moderno Napalm per lamentarsi di quanto sia più miserando e degno di commiserazione delle “cattive risorse”.
Confondendo quindi l’Aquarius con un filmato che raffigura i profughi della Open Arms, intenti a festeggiare l’arrivo in un porto sicuro dopo un viaggio a dir poco “procelloso” e screzi con le autorità libiche culminati in un lungo e snervante braccio di ferro ed una battaglia giudiziaria di seguito riassunta da Articolo21
Tutto inizia il 16 marzo quando alla Open Arms viene chiesto dalla guardia costiera italiana di soccorrere alcuni gommoni al largo della Libia. Una volta a bordo i migranti informano i volontari spagnoli che poco distante ci sono altre imbarcazioni in difficoltà. Quando accolgono sulle lance anche questi migranti, arriva la guardia costiera libica, mandata dai colleghi italiani per prendere il comando delle operazioni. I libici chiedono alla Open Arms di consegnargli i migranti. Sulle lance si scoppia lo sgomento fra i migranti che supplicano di non essere consegnati ai libici. La ong spagnola prende tempo, contatta Roma, nel frattempo la motovedetta libica minaccia di aprire il fuoco sulle imbarcazioni di salvataggio se i migranti non fossero stati consegnati. Inizia un braccio di ferro che dura due ore, poi la guardia costiera libica abbandona la zona. Tutte le fasi del fronteggiamento sono documentate da una troupe televisiva catalana a bordo della Open Arms. Inizia dunque il viaggio di ritorno, con un breve passaggio per le acque maltesi, dove la Open Arms decide di non chiedere lo sbarco. Arriveranno a Pozzallo, dove sul molo si presenta la polizia per sequestrare l’imbarcazione. Il provvedimento è della procura di Catania, non di Ragusa che sarebbe territorialmente competente. Questo avviene perché il procuratore di Catania Zuccaro, responsabile dell’antimafia, ipotizza l’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato grave, finora mai pensato in casi simili, ma è l’unica imputazione che consente all’inchiesta di rimanere a Catania sotto la sua giurisdizione.
Ma il Gip di Catania pochi giorni dopo dà una prima botta all’impianto accusatorio. Conferma il sequestro della nave, ma nega il reato di associazione a delinquere, così il fascicolo torna a Ragusa, dove un altro gip lo smonta ancora. “Chi ha responsabilità di soccorso in mare”, scrive, “è responsabile anche di fornire un luogo sicuro sulla terra. E non può essere considerato sicuro un luogo dove vi sia rischio che la persona possa essere soggetta alla pena di morte, a tortura, persecuzione o a sanzioni o trattamenti inumani o degradanti o dove la sua vita o la sua libertà siano minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, orientamento sessuale, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o di orientamento politico”. Seguendo le spiegazioni della ong, il gip aggiunge: la Libia è un “luogo in cui avvengono gravi violazioni dei diritti umani, con persone trattenute in strutture di detenzione in condizioni di sovraffollamento, senza accesso a cure mediche e ad un’adeguata alimentazione, sottoposte a maltrattamenti stupri e lavori forzati”. Per questo i migranti non andavano consegnati ai libici. Il gip rincara la dose: “non si ha notizia che in Libia si sia arrivati ad un assetto accettabile di protezione dei migranti soccorsi in mare e manca anche la prova della sussistenza un pos (place of safety, un luogo d’approdo ndr) in grado di accogliere i migranti nel rispetto dei lori diritti fondamentali”.
Questo provvedimento è letto come l’anticamera della caduta di tutte le accuse rivolte anche i tre membri dell’equipaggio, perché si rifà a quell’articolo del codice penale (54 cp) che “giustifica il reato se chi lo ha commesso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave”.
Il video è infatti stato strappato da alcuni filmati chiamati Diario di Bordo della Open Arms, ancora riscontrabili.
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