Danni da vaccino Covid: tra raggiri sugli indennizzi e bufale sulle morti improvvise
Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto molte segnalazioni riguardanti la diffusione di articoli che tracciano un quadro fortemente allarmistico, arrivando a sostenere che i vaccini anti-Covid sarebbero responsabili di un incremento delle cosiddette “morti improvvise”. Nei testi compaiono spesso le opinioni di alcuni “esperti” e vengono richiamate in modo generico fonti scientifiche come la rivista JAMA. Tuttavia, a un esame più attento, ci si accorge subito che mancano riferimenti puntuali agli studi citati, non vengono forniti dati chiari a sostegno delle affermazioni e, di fatto, l’argomentazione si regge quasi esclusivamente su suggestioni e accostamenti di forte impatto emotivo.

Danni da vaccino Covid: tra raggiri sugli indennizzi e bufale sulle morti improvvise
Una strategia comunicativa che, pur avendo una certa presa sull’opinione pubblica per la sua capacità di suscitare timori e sospetti, si rivela del tutto inconsistente quando viene confrontata con la realtà normativa e giuridica relativa agli indennizzi per danni da vaccino. È proprio questo un punto centrale che la narrazione allarmistica tende sistematicamente a ignorare o, peggio ancora, a distorcere: la disciplina degli indennizzi non solo esiste, ma è chiara, consolidata e pensata per tutelare chi, in rari casi, possa effettivamente riportare conseguenze avverse da una vaccinazione.
Cosa prevede la legge sugli indennizzi
Partiamo dal quadro normativo: in Italia, l’indennizzo per danni da vaccino è regolato dalla Legge 25 febbraio 1992, n. 210. Essa prevede che chiunque abbia subito, a causa di una vaccinazione obbligatoria per legge o ordinanza, una menomazione permanente della integrità psicofisica, ha diritto a un indennizzo da parte dello Stato, come espressione di solidarietà collettiva. Con il Decreto Sostegni-ter, la tutela è stata estesa anche ai casi di vaccinazioni raccomandate, incluso il vaccino anti-Covid, con stanziamenti pari a circa 50 milioni di euro per il 2022 e 100 milioni annui a partire dal 2023. Le modalità operative sono definite attraverso decreti ministeriali e coinvolgono le Regioni nel monitoraggio delle domande. È importante chiarire che non basta sospettare un legame tra vaccino e danno per avere diritto all’indennizzo.
Occorre una valutazione medica e legale che stabilisca un nesso causale tra la vaccinazione e l’evento avverso. Solo in quel caso lo Stato riconosce un sostegno economico alla persona colpita o, nei casi più gravi, ai familiari. Non si tratta quindi di un risarcimento punitivo contro chi ha prodotto i vaccini, ma di una misura di solidarietà pubblica, che tutela i cittadini che hanno agito nell’interesse collettivo. Ma entriamo ancora più nel dettaglio. Il titolo “risarcimento” viene spesso usato impropriamente, creando confusione con il termine indennizzo, che è quello giusto nel nostro ordinamento.
L’indennizzo, diversamente dal risarcimento, non presuppone una condotta illecita da parte di qualcuno. È una prestazione a carico dello Stato in situazioni di solidarietà sociale, prevista persino dalla Corte Costituzionale. Il risarcimento vero e proprio può invece essere richiesto solo se si dimostra una responsabilità concreta (per esempio, errore medico, procedimento colposo, o difetti nella somministrazione) e, in tali casi, si addiziona all’indennizzo una via giudiziaria ordinaria. Un altro punto essenziale è la prescrizione. Secondo l’art. 3 della Legge 210/1992, la domanda deve essere presentata entro tre anni da quando il danneggiato ha avuto conoscenza del danno e, soprattutto, della sua indennizzabilità. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 35/2023, ha chiarito che il termine di decadenza decorre proprio dalla consapevolezza dell’indennizzabilità, non solo dal danno in sé, a tutela di chi magari scopre solo in un secondo momento che il danno può essere legittimamente indennizzato.
Attenzione ai siti web che chiedono soldi
Esistono iniziative poco chiare che promettono di facilitare l’accesso agli indennizzi per i danni da vaccino anti-Covid. Alcuni portali, infatti, invitano i cittadini ad aderire a presunte azioni collettive, chiedendo in cambio un pagamento anticipato di centinaia di euro. Ci teniamo ad avvisarvi che si tratta di pratiche fuorvianti, perché la legge italiana prevede già da anni un canale ufficiale e completamente gratuito per ottenere gli indennizzi. L’iter è gestito direttamente dal Ministero della Salute e non richiede né quote di adesione né intermediari a pagamento. È quindi importante prestare attenzione: una vera richiesta di indennizzo non passa attraverso siti privati che chiedono contributi economici, ma solo tramite le procedure istituzionali già esistenti e operative.
Disinformazione tra tragedie isolate e illusioni di risarcimenti facili
Gli articoli disinformativi che circolano in rete, come quelli che ci hanno segnalato, adottano quasi sempre lo stesso schema: mescolano casi tragici di morti improvvise con la retorica dell’omertà istituzionale. Ma singoli episodi, per quanto dolorosi, non costituiscono in alcun modo una prova epidemiologica di rischio vaccinale. Il fatto che vengano citati senza dati contestuali né riferimenti a studi sistematici è un classico esempio di cherry-picking, che alimenta sfiducia ignorando l’esistenza di un sistema pubblico di tutela. La strategia si regge su due leve: da una parte, la forza emotiva di decessi improvvisi presentati come misteriosi; dall’altra, la promessa illusoria di “risarcimenti facili” a pagamento. Una combinazione suggestiva, ma priva di qualsiasi sostanza normativa. In realtà, in Italia esiste un sistema istituzionale che tutela chi ha riportato danni permanenti da vaccino, come già spiegato, senza bisogno di rivolgersi a portali privati a pagamento. E nei casi di errori sanitari, la strada resta quella del risarcimento civile. Un percorso che richiede prove, processo e sentenza, non scorciatoie acquistabili con un forfait.
Il messaggio da portare a casa
I vaccini contro il Covid, come quelli già in uso da decenni, hanno salvato milioni di vite, abbattendo in modo drastico il rischio di morte e di ricovero. La loro sicurezza è stata confermata non solo dagli studi clinici, ma anche da un monitoraggio costante condotto da enti indipendenti in tutto il mondo. Gli indennizzi previsti dalla legge non rappresentano la prova di una presunta pericolosità diffusa, bensì uno strumento di giustizia e di tutela sociale per i rarissimi casi in cui si verificano eventi avversi gravi. Confondere questi due aspetti significa alimentare paure infondate, dare carburante alla disinformazione e, in alcuni casi, aprire la strada a vere e proprie truffe.
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