DISINFORMAZIONE Dopo sei mesi, i cittadini europei disoccupati sono pregati di lasciare la Germania – Bufale.net
I nostri contatti ci segnalano il seguente testo ricevuto in condivisione, solo all’apparenza attendibile.
Dopo sei mesi, i cittadini europei disoccupati sono pregati di lasciare la Germania. Questa la misura più drastica invocata dal governo di Berlino per bloccare quello che media e politici tedeschi definiscono Sozialturismus, cioé il turismo del welfare. D’altra parte, come ha spiegato l’altra sera Angela Merkel, “L’Ue non è un’unione sociale: non pagheremo i sussidi a chi sta in Germania a cercare lavoro”. Il precursore è stato il Belgio, ora tocca a Berlino…
…In Belgio, il primo Paese a utilizzare le deroghe al trattato di Schengen previste dalla direttiva europea 2004/38 (che permette di interdire la permanenza ai cittadini comuniutari che diventino un onere per il Paese ospitante), non si è verificata nessuna espulsione, ma agli “indesiderati” vengono ritirati i documenti necessari a trovare un lavoro e perfino ad affittare una stanza. Dal ministero degli Interni tedesco fanno sapere che “si potrebbe ricorrere ad una misura simile, ma è ancora presto per dare dei dettagli”
In realtà siamo dinanzi ad un chiaro esempio di disinformazione: misure simili, decise a livello europeo, non sono “deroghe”, ma esistono in ogni stato dell’Unione Europea, Italia compresa.
La fonte, anzi le fonti legislative derivano tutte dall’attuazione della direttiva 2004/38/CE, che al punto 16 dichiara espressamente
I beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Pertanto una misura di allontanamento non dovrebbe essere la conseguenza automatica del ricorso al sistema di assistenza sociale. Lo Stato membro ospitante dovrebbe esaminare se si tratta di
difficoltà temporanee e tener conto della durata del soggiorno, della situazione personale e dell’ammontare dell’aiuto concesso prima di considerare il beneficiario un onere eccessivo per il proprio sistema di assistenza sociale e procedere all’allontanamento.
Le direttive Europee sono parte del cosiddetto diritto ricettizio, ovvero che si incarnano di volta in volta in forme, eguali per principi ed effetti, in ogni stato dell’Unione, senza che siano ammesse “deviazioni” di sorta. Lo Stato diventa libero di decidere come raggiungere un determinato effetto, non di deliberare sull’effetto stesso.
Il mezzo di attuazione prescelto in Italia, ad esempio, è il Decreto Legislativo 28 febbraio 2008, n. 32 , il quale stabilisce
«Art. 21. Allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno
1. Il provvedimento di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea o dei loro familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, può altresì essere adottato quando vengono a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno dell’interessato ai sensi degli articoli 6, 7 e 13 e salvo quanto previsto dagli articoli 11 e 12.
2. Il provvedimento di cui al comma 1 e’ adottato dal prefetto, territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario, anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all’interessato. Il provvedimento e’ adottato tenendo conto della durata del soggiorno dell’interessato, della sua età, della sua salute, della sua integrazione sociale e culturale e dei suoi legami con il Paese di origine. Il provvedimento riporta le modalità di impugnazione, nonche’ il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Se il destinatario non comprende la lingua italiana, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 20, comma 10.
3. Unitamente al provvedimento di allontanamento e’ consegnata all’interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell’allontanamento, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro degli affari esteri, da presentare presso un consolato italiano. Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale.
4. Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare allontanato sia individuato sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell’attestazione di cui al comma 3, e’ punito con l’arresto da un mese a sei mesi e con l’ammenda da 200 a 2.000 euro.
Troverete qui un elenco riassuntivo dei criteri generali citati:
Il cittadino comunitario che decide di soggiornare in Italia per oltre tre mesi, ha l’obbligo di richiedere l’iscrizione all’Anagrafe del Comune di dimora. A tale iscrizione, che sostituisce integralmente la richiesta della carta di soggiorno Ce, abolita da oltre un anno, consegue il rilascio della “attestazione anagrafica”
Il diritto di soggiorno e pertanto l’iscrizione anagrafica sono riconosciuti al cittadino comunitario che sia
– lavoratore subordinato o autonomo;
– studente iscritto presso un istituto pubblico o riconosciuto dallo Stato per la frequenza di un corso di studi o di formazione professionale purché in possesso di risorse economiche sufficienti per sé stesso e per i propri familiari e di un’assicurazione sanitaria;
– cittadino comunitario in possesso di risorse economiche sufficienti per sé stesso e per i propri familiari e di un’assicurazione sanitaria.
Occorre quindi documentare l’attività lavorativa subordinata o autonoma (nel caso di comunitario lavoratore); l’iscrizione presso una scuola pubblica o privata paritaria e il possesso delle risorse economiche (nel caso di comunitario studente); o le risorse economiche sufficienti al sostentamento proprio e dei propri familiari (es. buste paghe, estratti conti bancari, rendite);
Il diritto di soggiorno è, in questi casi, riconosciuto anche ai familiari che abbiano fatto ingresso o abbiano raggiunto il cittadino comunitario nel territorio italiano.
Pertanto siamo di fronte ad una assoluta non-notizia: un dato di fatto, comune a tutti gli stati dell’Unione, che viene artificiosamente attribuito all’iniziativa di un singolo stato al fine di “montare un caso”.
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