Giappone sotto accusa: tra realtà e allarmismi social
Negli ultimi mesi si è diffuso un carosello su Instagram che elenca una serie di misure che il Giappone avrebbe introdotto contro i turisti, per arginare il fenomeno dell’overtourism.
Tasse d’ingresso, barriere fisiche, prezzi raddoppiati e addirittura una polizia “anti- selfie” disseminata per le strade.
Tuttavia, la realtà è molto più semplice – e molto meno drammatica – di quanto i social vogliano far credere; prima di disperarvi e svendere il vostro biglietto aereo tanto sudato, vediamo di fare chiarezza.
Secondo il post, il Giappone avrebbe introdotto un sistema di prezzi differenziati per i residenti, raddoppiando quello dei turisti che pagherebbero una maggiorazione per parchi, hotel e ristoranti.
Un incubo burocratico di pura fantasia questo, dal momento che non esiste nessuna legge nazionale che imponga rincari per gli stranieri. Senza contare che rischierebbe di essere percepita come una manovra discriminatoria grave per un Paese che basa buona parte della sua immagine internazionale proprio sull’ospitalità.
Si menziona poi una fantomatica tassa da pagare all’arrivo. Anche qui è bene chiarire che le uniche tasse previste riguardano quelle di soggiorno (presenti in tutto il mondo) e la “Sayonara Tax” istituita nel 2019 da corrispondersi quando si lascia il Paese.
Per quanto riguarda le prenotazioni obbligatorie e la chiusura di interi quartieri in tutto il paese, va ricordato che si tratta di misure micro-locali per salvaguardare alcuni percorsi faunistici delicati e alcuni vicoli che si possono comunque prenotare per la visita. Insomma, niente che riguardi la normalissima esperienza del turista medio.
Chiariamo poi che il personale di sicurezza “anti-selfie” è una misura cautelativa presa in seguito alla caduta di alcuni turisti nel canale a Otaru, mentre cercavano lo scatto migliore.
Una misura questa, per aumentare quindi la sicurezza dei turisti, non certo per allontanarli.
L’unico elemento parzialmente vero, riguarda la costruzione di una barriera nel comune di Fujikawaguchiko nel punto di massima visibilità del Monte Fuji. Anche qui, diversi turisti erano finiti in strada cercando la foto perfetta.
La barriera è però stata rimossa per problemi strutturali e recentemente sostituita con una recinzione più bassa.
Insomma, come tante mete popolari nel mondo, anche il Giappone sta gestendo il sovraturismo.
E lo sta facendo con misure locali, specifiche e in alcuni casi temporanee.
Il carosello virale prende piccoli interventi reali e li trasforma in un grande racconto apocalittico.
Funziona benissimo per generare engagement, meno per raccontare la realtà.
Il Giappone non vuole scoraggiare i viaggiatori: vuole solo evitare che una foto Instagram diventi un incidente stradale… o un problema per chi ci vive ogni giorno.
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