Multe per gli utenti dei servizi digitali di streaming: facciamo chiarezza
Cominciano ad arrivare le prime multe per gli utenti dei servizi digitali di streaming: 150 euro di sanzione amministrativa, oltre le ben più onerose sanzioni per i gestori del “pezzotto”, lo streaming illegale.
Aggiornamento: riceviamo le dichiarazioni del legale di alcuni dei soggetti indagati, che riportiamo nel prosieguo dell’articolo per preservare il diritto di cronaca.
Tra dibattiti sulla “cultura hacker” (spesso decisamente a sproposito) e sui costi degli abbonamenti, converrà fare ordine sull’operazione e le cause.
Multe per gli utenti dei servizi digitali di streaming: facciamo chiarezza
A Roma, Agcom, Guardia di Finanza, Lega Serie A e diverse Procure hanno illustrato i risultati di una vasta operazione congiunta. Gli inquirenti hanno identificato 2.266 utenti, residenti in 80 province italiane, grazie al tracciamento degli indirizzi IP e ai dati legati ai pagamenti effettuati online, riporta Brocardi.it.

Multe per gli utenti dei servizi digitali di streaming: facciamo chiarezza
Sostanzialmente secondo il generale di brigata Gaetano Cutarelli bastano due minuti alla Guardia di finanza per identificare una persona che segue illegalmente una partita o che guarda un film, seguendo due tracce l’utenza internet utilizzata per usufruire dello streaming, a volte nemmeno protetta da VPN, e la carta di credito usata per pagare i fornitori del pezzotto.
Capirete che non solo un certo numero di utenti ha preferito affidarsi al “pezzotto”, ma con una mossa ben poco astuta ha pagato con strumenti tracciabili, anzi tracciabilissimi, collegandosi comodamente con connessioni internet a loro intestate.
Non chiediamo a chi cede alle sirene del pezzotto di tornare ai tempi del wardriving, ovvero il cercare di scroccare connessioni di rete “aperte” o con password insufficienti (cosa ancora più illecita ed evitabile), ma almeno di non stupirsi se sono più identificabili di un soggetto che decida di sgommare in ZTL con la targa in chiaro e gli adesivi col nome di tutti i familiari.
Vieppiù che si parla già impropriamente di “multe retroattive”, ovvero sanzoni amministrative che potrebbero colpire chi pensa di essersela scansata ma si è già debitamente registrato negli archivi commerciali del “libero pezzotto”.
Resta ora una sfida culturale, tra chi ritiene che pagando tutti pagheremmo meno e chi preferisce pagare meno “con qualche scorciatoia”.
Guerra alla pirateria audiovisiva, la precisazione del legale
Riportiamo quanto pubblicato su Corriere Salentino dal legale di alcuni degli imputati, nel rispetto del diritto di replica rispetto a quanto dichiarato dal Generale Cutarelli, precedentemente riportato.
l’ Avv. Paolo Cantelmo del foro di Lecce ritiene doveroso fornire alcune precisazioni fondamentali: Il relativo procedimento penale è stato iscritto nel 2022 (in relazione a presunti fatti reato risalenti dal 2017) e, ad oggi, nessuno degli indagati è stato ancora rinviato a giudizio, così come non è stato ancora notificato a nessuno di essi l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Contrariamente a quanto erroneamente riportato da alcune testate, non è mai stata individuata e/o sequestrata alcuna “centrale” per lo smistamento di segnali criptati, così come non sono mai stati individuati decoder per la decriptazione, server o flussi di segnali pirata. Tant’è che lo stesso consulente tecnico della Procura della Repubblica ha verbalizzato in modo esplicito: «È stata verificata dallo scrivente l’assenza di server per la decodifica dei segnali PayTV nei dispositivi sottoposti a sequestro.»” Nella fase iniziale delle indagini preliminari ( il cui termine è scaduto ad aprile 2024) il reato viene ipotizzato esclusivamente sulla base di alcuni elementi indiziari. Tuttavia, non è possibile allo stato attuale affermare che gli indagati siano effettivamente responsabili.
Negli ultimi mesi, l’argomento IPTV ha ricevuto un’attenzione mediatica crescente. È bene ricordare che il sistema IPTV, di per sé, è perfettamente legale e rappresenta un metodo lecito per la trasmissione di segnali audio/video, salvo uso illecito. Tuttavia, l’interpretazione distorta di questo sistema e la lotta, seppur doverosa, alla pirateria stanno portando a colpire indiscriminatamente anche soggetti estranei ai fatti come fruitori e/o operatori di servizi pienamente conformi alla legge.
Esemplare è il caso del sistema Piracy Shield, introdotto da AGCOM nel 2023 per il contrasto alla pirateria online, il cui funzionamento ha sollevato numerose perplessità anche da parte di esperti e addetti ai lavori. Basti citare l’episodio dell’ottobre 2024, quando – per un’errata segnalazione da parte di DAZN – furono bloccati siti del tutto legittimi come Google Drive e YouTube, causando notevoli disservizi su larga scala.
Queste dinamiche distorte stanno avendo gravi ripercussioni anche sulla vicenda in oggetto: numerosi soggetti, circa 2300, del tutto ignari, si sono visti recapitare delle multe di 51€, in alcuni casi notificate persino direttamente dalla Guardia di Finanza presso il loro domicilio, per un servizio che non hanno mai utilizzato oppure che, se utilizzato, era perfettamente legale e non comportava alcuna violazione del diritto d’autore. Purtroppo come spesso accade il fatto che il costo di un eventuale ricorso sia superiore all’importo della sanzione stessa, spinge inevitabilmente la maggior parte dei soggetti, pur convinti della propria estraneità, a pagare una multa ingiusta pur di evitare ulteriori spese.
Tant’è che il collega civilista Avv. Pierluigi Masciullo, nutrendo forti perplessità in merito alla legittimità delle sanzioni fino ad ora notificate, sta proponendo numerosi ricorsi presentati dai cosiddetti “utenti finali”, i quali nella vicenda in questione sono stati sanzionati unicamente in base a semplici versamenti effettuati su carte prepagate riconducibili agli indagati, senza alcun riscontro oggettivo da parte della Guardi di Finanza di Lecce, in particolare:
- non è stato identificato alcun indirizzo IP dei clienti
- non è stato sequestrato o visionato alcun dispositivo hardware in possesso ai clienti
- non è stata indicata quale opera protetta sarebbe stata violata
- non è stato indicato dove, quando o in che modo si sarebbe verificata la
In sostanza, non esiste alcuna prova tecnica di utilizzo del cosiddetto “pezzotto” da parte dei cittadini sanzionati, né alcun riscontro effettivo di violazione del diritto d’autore. Le uniche evidenze sono riconducibili a pagamenti elettronici che potrebbero riferirsi a servizi perfettamente leciti. Oltretutto è singolare che siano già state irrogate delle sanzioni, nonostante la responsabilità penale dei presunti fornitori di tali servizi non sia stata ancora definitivamente accertata né quantomeno sottoposta ad un opportuno contraddittorio giudiziale.”
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