BUFALA Il popolo longevo degli Hunza – Bufale.net

di Shadow Ranger |

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A volte ci sono bufale che ritornano. Ritornano dallo stato di mito, o di leggenda.
L’umanità ha sempre inseguito il mito dell’immortalità o della lunga vita. La Fonte del’Eterna Giovinezza trovata da Ponce De Leon, gli Elisir di Lunga Vita (spesso nocivi beveroni) vagheggiati e preparati da Alchimisti Orientali ed Occidentali, il Santo Graal, il “Popolo Minuto” dei miti e delle leggende Anglosassoni… l’Uomo ha sempre sognato di creare un proprio Feticcio immortale, nella speranza di essere immortale esso stesso.
Tra questi gli “Hunza”, un mitico popolo Himalayano (cosa che rimanda la spiritualità Tibetana agli occhi dell’imperito) descritti come una popolazione di ridenti canuti, giovali e sereni che “Vivono fino ai 150 anni, sono fertili fino ai 90”, ed ai quali vengono attribuiti gli usi più in voga nella community virtuale di riferimento. Un gruppo Vegan descriverà gli Hunza come Vegani essi stessi, attribuendogli l’uso di aborrire la carne, una community spirituale attribuirà agli Hunza una forte spiritualità e rigetto per i beni materiali e così via.
Ma andiamo con ordine.
Gli Hunza, come popolo, esistono davvero. Solo che nei nostri libri di testo li abbiamo incontrati col nome di “Burusci“, una popolazione relativamente isolata e per questo in grado di conservare a lungo usi e costumi diversi da quelle dei popoli Himalayani locali, accomunati per questo dall’esoterismo locale alla mistica e perduta Shangri-La.
Come in tutti i miti dell’Età dell’Oro tutti i gruppi citati in precedenza ritengono i Buruscio portatori di conoscenze arcane e perse nell’età moderna, ma sarà vero?
Nel 1996 John Tierney, giornalista del NY Times attirato dal mito di Shangri-La è andato a trovare i Buruscio, scoprendo il vero segreto della loro longevità. L’ignoranza. Semplicemente i Buruscio non sono in grado di computare gli anni:

Il gran segreto della longevità si è rivelato essere l’assenza di certificati di nascita. Gli anziani analfabeti non sapevano quanto fossero vecchi, e tendevano ad attribuirsi dieci o vent’anni in più. L’ho scoperto comparando i loro ricordi con eventi storici realmente accaduti. Gli Hunza non hanno un numero inusuale di centenari ho scoperto, e la loro vita tradizionale non è una formula di lunga vita. L’aria di montagna sembra pura, ma la gente ha sovente speso la sua intera vita in povere capanne di fango inquinate dal fumo dei fuochi all’aperto. Soffrono di bronchite e malattie come dissenteria, tubercolosi, malaria, tetano e cancro. La mancanza di iodio nella loro dieta causa ritardo mentale. I loro figli sono affamati quando a primavera le loro scorte alimentari calano. La durata media della vita nei loro isolati villaggi, secondo uno studio del 1986, si aggira intorno ai 53 anni per gli uomini e 52 per le donne. Le persone più in salute sono quelle che vivono in villaggi moderni vicino alle nuove strade. Lì ci sono camion che portano cibo, vaccini, antibiotici, sale iodato e stufe con ciminiere ventilate. Vicino a quella strada, l’aspettativa di vita sale

Lo stesso Tienerney ricorda un bizzarro dialogo con una vecchina, convinta della presunta “superiorità degli antichi”

Una vecchia donna di nome Bibi Khumari mi ha detto “La gente di oggi sono come matite. Noi eravamo come tronchi d’albero, ed i nostri figli erano così in salute nei bei tempi andati”
“Quanti figli hai?”, le chiesi
“Sedici, ma i primi 13 mi sono morti”
“Tredici morti? Ma non eravate tutti in grande salute nei bei tempi andati?”
“Sì, ma mi hanno maldetto le fate!”, rispose “Ecco perché i miei figli morivano, altrimenti sarebbero stati in salute” Si fermò, poi aggiunse con aria assente “Oggi non ci sono più le maledizioni delle fate…”

La nostalgia del passato, a volte, è un bel balocco con cui cullarsi. Ma siete sicuri di voler davvero avere nostalgia delle “maledizioni delle fate”, del tetano e della tubercolosi?

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