Il SEGA Master System, l’eterno rivale che compie quaranta anni
Ci fu un tempo in cui sostanzialmente ogni console domestica era “un Nintendo” per ogni genitore alle prese con figli incollati ad un monitor (un CRT, all’epoca). E ci fu un derby sotterraneo pari per importanza solo all’attuale derby tra PlayStation e Switch 2, tra ragazzini col NES e ragazzini col Master System.

Scegliere la console giusta significava giocarsi ogni scintilla di vita sociale: i giochi da affittare o comprare per scambiarsi, gli amici con cui giocarli… scegliere una console, o pregare che i genitori scegliessero quella giusta, era la differenza tra la popolarità e l’assenza di essa, la versione tecnologica dello scegliere tra essere il bambino col SuperSantos e il bambino col SuperTele.
E il Master System era il SuperTele.
Ma andiamo con ordine
Dalle origini al Master System
Per comprendere le differenze tra SEGA e Nintendo dobbiamo partire dalle origini: SEGA nasce sostanzialmente negli anni della Seconda Guerra Mondiale per vendere slot machine e arcade meccanici ai soldati Americani, e la stessa sigla SEGA sta per “SErvice GAmes”, ditta di produzione e manutenzione di giochi.
Una serie di problemi amministrativi e legali portarono SEGA a costituirsi in Giappone come Kikai Seizō, ovvero Sega, Inc., produttrice di Slot Machine e Goraku Bussan, ovvero Utamatic, Inc., produttore di juxebox. I due rami si fusero nel 1964, per poi incorporarsi con Rosen Inc., società dell’americano David Rosen, arrivato in Giappone come militare e rimasto per il mercato delle macchinette da Sala Giochi.
SEGA a questo punto era un importatore e manutentore, e divenne così abile che solo usando l’esperienza ottenuta importando, riparando e producendo ricambi per giochi arcade tirò fuori Periscope, simulatore elettromeccanico della guida di un sottomarino prodotto nel 1966.

Poster di SEGA Periscope
SEGA si cementò tra i principali produttori di giochi arcade, via che aveva provato anche Nintendo, dominando il mercato e introducendo novità come Zaxxon del 1982.
Ma le cose non durano per sempre: proprio nel 1982 il mercato dell’arcade comincia a subire un forte rallentamento, fino ad arrivare a Gulf and Western, conglomerato USA antecedente di Paramount Communication e holding di SEGA negli USA pronto a rivendere alla rivale Bally la sezione relativa ai giochi arcade.
Era giunto il momento che SEGA portasse i giochi a casa dei giovani Giapponesi e Americani, abbandonando il porto dell’Arcade che tanto aveva fatto per il loro successo ed arrivando nelle case.
Case ricordiamo lasciate vuote dal tracollo di Atari e con Nintendo già pronta ad occupare la nicchia ecologica.
Hayao Nakayama, presidente di SEGA Enterprises Ltd., decise che il gioco domestico era il futuro, e comprese che Nintendo stava facendo la stessa mossa, puntando sul FamiCom.

Locandina di Zaxxon
Il progetto originale di Nakayama prevedeva lanciare una console/computer, l’SC-3000, ma fu accompagnata da una console pura, l’SG-1000, il “SEGA Game 1000”.
La console peccava di giovinezza: Hideki Sato, direttore del dipartimento Ricerca e Sviluppo di SEGA, ammise di star navigando a vista in un settore che era appena nato. Nel 1982, sostanzialmente, a parte Atari, Coleco e pochi altri, perlopiù americani, in Giappone nessuno aveva idea di come dove dovesse essere fatta una console.
SG-1000 era un prodotto sostanzialmente ancora acerbo, SC-3000 “né troppo console, né troppo home computer”. Entrambi arrivarono però nel momento giusto e nel mercato giusto, complice il fatto che, come abbiamo avito modo di vedere in passato, anche il FamiCom di Nintendo era un prodotto con pecche di giovinezza.

SG-1000 Mark III
Il destino di entrambe le console fu deciso dai primi lotti difettosi di FamiCom: Nintendo li ritirò e sotistuì gratis, cementandosi come una ditta seria pronta dare al cliente un’assenza superlativa e ammettere i propri errori. SEGA si piazzò lì nei negozi, pronta a vendere la loro console a chi era deluso dai primi FamiCom oppure semplicemente non riusciva a trovarne nei negozi.
Hideki Sato puntò il tutto per tutto: organizzò spot col famoso duo comico I Tunnels, anticipando il concetto di console come qualcosa da vendere alle famiglie, e introdusse le SEGA My Card, le “schedine di gioco” antesignane delle SD moderne e delle cartucce compatte come quelle di Nintendo Switch e Switch 2 perché le cartucce hanno l’aspetto di lapidi funerarie.
Al SG-1000, basato su una CPU Zilog 80 da 3.58 Mhz successero un Mark II, con joypad removibili e alcune differenze estetiche e il Mark III, ovvero il SEGA Master System.
Arriva il SEGA Master System
È ora il 20 ottobre del 1985: e SEGA è davanti allo stesso bivio di Nintendo dopo la caduta definitiva di Atari: prendere il loro prodotto migliore, vestirlo da Yankee e mandarlo nell’agone Americano.
Il Mark III aveva un processore leggermente più veloce, 4Mhz puliti, e poteva contare su audio su circuitazione Texas Instruments e Yamaha.
Se nessun dubbio ci fu per la versione Giapponese, la “Mark III” (Terza revisione) dell’SG-1000, in America si scelse il nome tirando freccette su una lavagna di carta. In realtà nella selezione casuale del nome vi fu un metodo: come in passato in Giappone si era creato l’SG-1000 “solo console” e l’SC-3000 con un home computer sia pur non perfomantissimo al suo interno, SEGA pensò che in America si sarebbe potuto dominare il mercato producendo un “Base System” e un “Master System”, ironicamente anticipando il sistema attuale delle console “Pro e Slim”, con console identiche e compatibili vicendevolmente, ma una pluriaccessoriata e con caratteristiche “pro” e l’altra coi vantaggi di costo e spazio ridotto.

Il “Master System”
Si decise che il mercato non era pronto per il concetto di “pro e slim”, “master e base”, ma il nome Master rimase: bisognava evocare la “giapponesità” e farlo nel modo giusto. Come nella mistica Americana il Giappone era una terra di Maestri di Arti Marziali, SEGA avrebbe portato sul mercato una “Console Maestro” che avrebbe sconfitto tutti gli avversari dimostrando la sua supremazia nel mondo delle console.
SG-1000 Mark III era una console dall’aspetto candido e che riprendeva le forme delle generazioni passate. Il Master System fu dotato di un’aria nera, spigolosa e aggressiva. Se lo scopo del NES era evocare il videoregistratore ed altri oggetti rassicuranti, lo scopo del Master System era evocare l’immagine di un oggetto di elevata tecnologia, futuristico e “scientifico” che avrebbe elevato i giocatori dal primitivo gioco di Atari ad una sua evoluzione nel mondo dell’Hi-Tech.

Una Light Phaser e un controller Mega Drive (compatibile Master System)
La vocazione sci-fi fu ulteriormente provata dall’invenzione dei SEGA 3-D Glasses, un accessorio funzionante solo sul Master System originale, e non sul II, che sostanzialmente era composto da un paio di occhiali con un otturatore per lente che “accecavano” temporaneamente uno dei due occhi dando l’illusione che le immagini proiettate dallo schermo diventassero tridimensionali.
E riuscì a farlo abbastanza bene per competere con Nintendo, ma non per prevalere su Nintendo.
I dolori del Master System: un Maestro senza Allievi
Quindi scopo del Master System era essere un “Potente Maestro” che avrebbe impressionato il pubblico Americano con la potenza delle “arti tecnologiche” giapponesi, come un maestro di dojo che mostra la potenza delle “Antiche Arti Marziali” conquistando il mercato.
Ma il SEGA Master System non aveva nessuno nell’angolo.
Nintendo aveva inaugurato il modello che tutt’ora lo rende immortale: una console, dal punto di vista tecnico, non performante come le console di concorrenza (sulla carta il Master System era superiore, anche se di poco), ma una serie di fortissime IP rigidamente custodite.
NES al lancio aveva la saga di Mario, Legend of Zelda, Tetris e una lunghissima serie di titoli amati e desiderati. SEGA non aveva neppure un titolo mascotte, e si dovette aspettare Alex Kidd per avere un “volto del franchise”.
Non che non ci fossero buoni giochi: la saga di Wonder Boy arrivò tutta sul Master System, e conversioni arcade di pregio come Ghost’n Goblins fecero la loro comparsa.

Alex Kidd, il primo gioco per molti utenti Master System
La saga di Sonic, arrivata alla fine del ciclo vitale del Master System e come “backport” dal Mega Drive, rientrò comunque tra i titoli best seller della saga ed Alex Kidd ha ancora un suo seguito, un suo culto ed un’edizione remastered per console moderne.
Ma semplicemente, Sonic non era Zelda e Alex Kidd non era Mario (anche se di fatto, Alex Kidd nasce come sfacciato clone di Son Goku e Mario come pezzente imitazione di Braccio di Ferro…)
Ciò nonostante, si provò un lancio in pompa magna: al CES del 1986 fu lanciato il Master System con la sua buona Light Phaser, ottenuta dalle scocche di Zillion Gun, precedente prodotto di SEGA parte di un kit per il Laser Tag.

I SEGA 3D Glasses
Il bundle introduttivo proponeva due pad standard (cementando l’idea di una futuristica console per famiglie da dividere coi fratellini), la Light Phaser e i giochi Hang On e Safari Hunt, un gioco di corse motociclistiche e un gioco di tiro con la Light Phaser per evidenziare le caratteristiche della console.

Il Master System II, la versione economica
Il mercato Americano fu decisamente ostile al Master System, e premiò in modo fortissimo Nintendo: non migliorò le cose il ridotto supporto della console (solo Activision e Parker Brothers supportarono il SEGA Master System) e la scelta di affidare la distribuzione a Tonka, ditta esperta di giocattoli tradizionali ma inesperta nel settore IT, che si autosabotò da sola con scelte suicide nel campo IT ma di senso per un giocattolaio (rifiutò ad esempio di procedere con la localizzazione di titoli Giapponesi per rimpolpare l’offerta esigua, oppure di investire nelle EEPROM necessarie per creare le nuove cartucce: alla fine della fiera il Derby fu vinto dal NES, e il Master System II, versione economica provata delle uscite S-Video e del lettore di SEGA Card, sostituiti da una forma più snella e compatta e dall’ormai famoso Alex Kidd in memoria precaricato (giocabile senza inserire cartucce), fu parimenti sconfitto dal NES “Toploader”.
Il Master System in Italia
In Italia le vendite passarono a Giochi Preziosi, che mise in campo pezzi grossi della pubblicità “amata dai bambini” come “Walter Zenga, il Campione della Nazionale” (citazione da un altro spot coevo, quello dove il “Campione della Nazionale” vendeva scarpe per ragazzini) e Jerry Calà, nonostante i temi poco adatti ai bambini di alcuni dei suoi film noto come l’amatissimo giullare della comicità italiana.

Spot del Team Sega, con Zenga
Degne di nota erano le copertine per il mercato Europeo finite in Italia che, al contrario di quelle USA, tendevano ad essere tra il brutto, l’orrendo e il raffazzonato, cercando di descrivere il gioco con l’immagine più generica possibile per evitare problemi legali e/o la necessità di uno sviluppo grafico serio.

“Proprio uguale al gioco, guarda”
Il risultato è che mentre le televendite Americane descrivevano il Master System come la prima console dove le copertine corrispondono davvero al gioco, in Italia si evitava. Del resto, anche il gioco più orribile sarebbe stato migliore della copertina media.
Il Master System in Brasile
Il Brasile è l’unico posto nel mondo dove non solo il Master System ha sconfitto il NES, ma tutt’ora impera come prima console di molti.
Il perché lo abbiamo descritto parlando del Gradiente Phantom, NES taroccato con pezzi del Master System.
Il sistema economico e di importazione del Brasile e dell’America Latina dell’epoca rendeva molto conveniente costruire elettronica in loco e poco conveniente importarla.
Entrò in scena TecToy, ditta fondata nel 1987 che decise di importare e produrre i prodotti su licenza SEGA.

Il “Super Compact”
Durante la vita del Master System TecToy ottenne l’80% del mercato videoludico locale, fu dopo il passaggio alla terza e quarta generazione di giochi che TecToy diede il suo meglio in creatività, tirando fuori il Master System Super Compact (1994), unità “senza fili” in grado di sintonizzarsi alle TV emettendo il proprio segnale radiotelevisivo, il Master System III Compact (1994), erede del Master System II come lo conosciamo con a scelta Alex Kidd o Sonic precaricati in ROM, il Master System III Collection (2007), con un finto slot cartucce e giochi precaricati in memoria e altre soluzioni “su chip singolo” per emulare l’hardware dell’amata console.
Oltre ad una lunghissima serie di giochi originali, basati su proprietà intellettuali locali come “La banda di Monica” e una serie di porting dal Game Gear (console portatile SEGA d’epoca) e altre creazioni TecToy basate su altri personaggi conosciuti ai bambini Brasiliani.
Alcune varianti in commercio, come il Master System Evolution sono semplicemente Master System II con tutta la libreria giochi precaricata in memoria, altre, come il Master System Girl sono dei gimmick privi di senso logico: in questo caso un Master System a batterie da collegarsi ad una TV, rosa shocking e precaricato solo con giochi al “femminile” come tutte le varianti della “Banda di Monica”.
Accessori e curiosità sul Master System
Abbiamo già visto il Control Pad e la Light Gun, come anche gli occhiali 3-D.
Ma la ditta di Kowloon Honey Bee produsse una variante del Control Pad con autosparo e turbo, definto “il controller professionale” e diventato il Santo Graal dei giocatori.
SEGA stessa produsse un Arcade Stick, coi tasti sparo sul lato sinistro anziché destro e uno stick a T, uno Sports Pad con una trackball al posto del pad, consigliato per i giochi di sport e solo in Giappone un Paddle.
Hori, oggi il principoale produttore di accessori di terze parti per Nintendo, produsse una sua variante del Control Pad Honey Bee, con turbo fire regolabile.

Se eri ricco, ti toccava
Il ragazzino medio si accontentava però del controller standard, con possibilità di collegare un autosparo esterno, o la possibilità di usare i più facilmente reperibili controller del Mega Drive.
Già ai tempi del Master System II era una scelta comune sostituire i controller logori del Master System con quelli più facilmente reperibili del Mega Drive, incompatibili però con una ristretta minoranza di giochi, tra cui alcuni della saga di Wonder Boy, e che richiedono una piccola modifica sul cavo per evitare di restituire comandi random.
Il Game Gear, console portatile della casa, poteva supportare i giochi del Master System, con le difficoltà dovute al piccolo monitor, inserendo nel vano cartucce un apposito “zainetto” per usare le cartucce più corpulente del fratello maggiore, mentre una variante, il Master System E, fu di fatto una mainboard per arcade basata sui componenti del Master System per riportare nelle sale giochi i giochi di una console nata per tirare fuori SEGA dalle Sale Giochi.

Boxart di Alex Kidd DX per Switch
Nonostante il Master System II non abbia il supporto per le Game Card, cartucce moderne come Everdrive consentono di caricare tutti i giochi prodotti per la serie, caricandoli in una microSD.
Contando i prodotti TecToy, siamo quindi ad una console che ha compiuto quest’anno i suoi 40 anni.

L’attuale rivale dell’attuale Master System
Vorremmo poter dire che ha sconfitto il suo rivale NES sulla durata, ma siccome il NES continua a vivere nel corpo della Switch 2 come il Master System continua a vivere nella forma dei prodotti TecToy, alla fine il Master System continua senza sosta un eterno inseguimento.
In un certo senso, un venerabile signore di mezza età che continua imperterrito a inseguire il suo rivale sognando la vittoria è ancora una lezione per molti.
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