Hanno davvero scoperto che il pollo è cancerogeno?

di Mattia Grandi |

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Negli ultimi giorni, tantissime testate giornalistiche hanno diffuso i risultati di un’importante ricerca condotta dall’Irccs de Bellis di Castellana Grotte (Bari).

Sostanzialmente, il contenuto degli articoli è volto a divulgare la scoperta di una correlazione tra il consumo di pollo e l’insorgenza di tumori, paventando un aumento del rischio del 35%, addirittura superiore a quello della carne rossa.

Nella maggior parte degli articoli si fa diretto riferimento ad una “dimostrazione” che, tuttavia, un’analisi più approfondita dello studio citato rivela non esserci stata, essendo la situazione ben più complessa, portando ad un tipo di divulgazione non errato, ma parzialmente fuorviante.

Cos’è un cibo cancerogeno

Come suggerisce il nome stesso, un alimento è considerato cancerogeno qualora porti ad un aumento del rischio di cancro.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) è l’agenzia specializzata dell’OMS dedicata alla ricerca sul cancro.

Hanno davvero scoperto che il pollo è cancerogeno?

Hanno davvero scoperto che il pollo è cancerogeno?

Essa, periodicamente e in base ai risultati degli studi scientifici, stila una classifica degli alimenti considerati cancerogeni suddividendoli in quattro categorie:

Gruppo 1) contiene 126 agenti che sono cancerogeni certi – come ad esempio le carni processate;
Gruppo 2A) comprende 94 agenti considerati probabilmente cancerogeni per gli esseri umani – come ad esempio le carni rosse;
Gruppo 2B) conta 322 sostanze classificate come possibilmente cancerogene;
Gruppo 3) comprende 500 sostanze non ancora classificabili come cancerogene.

Il punto cruciale: osservazione, non dimostrazione

Il cuore del presunto malinteso risiede nella natura dello studio: si tratta di uno studio osservazionale, il che significa che i ricercatori hanno osservato un campione di riferimento allo scopo di individuare pattern ed indizi, senza però condurre un’indagine clinica su eventuali relazioni causa-effetto. In altre parole, lo studio non dimostra che il consumo di pollame “causi” il cancro, ma piuttosto che potrebbe esserci un’associazione da approfondire.

Gli stessi autori dello studio lo definiscono un’analisi preliminare, avendolo intitolato Does Poultry Consumption Increase the Risk of Mortality for Gastrointestinal Cancers? A Preliminary Competing Risk Analysis”.

Può sembrare irrilevante, ma è fondamentale distinguere tra la dimostrazione di una causalità dalla scoperta di una possibile correlazione, una sfumatura persa nel clamore mediatico.

Un campione circoscritto e auto-dichiarato

Un altro aspetto, se vogliamo secondario, da considerare è il campione di riferimento scelto. Sebbene siano state coinvolte quasi 5.000 persone, la loro provenienza geografica e temporale è molto limitata, essendo tutti individui reclutati in due campionature esclusivamente nell’area vicina alle città di Castellana Grotte e Putignano. Un altro aspetto che occorrerà dunque approfondire è quello volto a stabilire se i risultati siano replicabili su scala più ampia o se vi siano delle specificità legate alla popolazione di riferimento, ad esempio le sue particolari abitudini alimentari, stili di vita o caratteristiche genetiche.

L’osservazione tramite questionari di autovalutazione

Lo studio è stato condotto tramite somministrazione di questionari di autovalutazione, una caratteristiche che di per se non rappresenta un limite, anche perché l’elevato numero di individui osservati serve proprio per diminuire l’aleatorietà dovuta alla memoria e all'”onestà” dei partecipanti, ma va anche sottolineato come per sua natura il questionario non fosse approfondito e prevedesse solamente un’indagine riguardante la quantità (in grammi) ed il tipo di carne consumata (pollame o carne rossa), senza indagare aspetti cruciali come il tipo di cottura o la classe specifica dei prodotti consumati (ad esempio alimenti processati o meno), dettagli che possono influenzare significativamente i rischi per la salute (basti pensare alla distinzione tra carni rosse processate, considerate cancerogene, e carni rosse non processata, definite “probabilmente cancerogene”).

In conclusione: nessun allarme rosso, ma attenzione agli sviluppi

Sebbene lo studio risulti molto significativo ed aggiunga un tassello importante alla ricerca scientifica, non c’è, al momento, motivo di creare un allarme ingiustificato. Il pollo non è stato “dimostrato” o classificato tra gli alimenti cancerogeni. Il consiglio è sempre quello di rivolgersi al proprio medico o nutrizionista, restando ricettivi ad eventuali sviluppi futuri della ricerca scientifica, senza lasciarsi influenzare da titoli sensazionalistici.

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