Youtuber retro viene indagato per aver recensito delle miniconsole retro
Sappiamo tutti, almeno i tutti che seguono il retro, cos’è una miniconsole retro: affarini con processori da cellulare, spesso processori ARM Cortex o Mediatek Dimensity, con sistemi operativi della famiglia Linux e dintorni, caricati con frontend, aggregatori per emulatori come RetroArch
Lo scopo è avere in tasca un oggettino specifico e comodo per emulare console vintage e giocare a giochi antichi e moderni (esistono anche moderni, sì) per cose come i GameBoy, i GameBoy Advance, il Commodore 64 e altri caposaldi dell’infanzia videoludica.
Ovviamente, sono sulla bocca di tutti, finché un influencer è finito nei guai.
Youtuber retro viene indagato per aver recensito delle miniconsole retro
Si tratta dello YouTuber Once We Were Nerd, che racconta come mesi fa è stato contattato dalla Guardia di Finanza per aver recensito ed esibito sul suo canale delle console portatili di uno dei principali produttori del settore, Anbernic, venendo incriminato per la promozione e la vendita di dispositivi atti a favorire la pirateria informatica.

Youtuber retro viene indagato per aver recensito delle miniconsole retro
La sua avventura nella divulgazione retro rischia così di chiudersi qui, con una perquisizione al domicilio e nell’ufficio/studio dove diversi esemplari di console per emulazione sono stati sequestrati, e l’influencer annuncia di poter rischiare un provvedimento cautelare che spinga all’oscuramento dei canali.
Cosa dicono i precedenti?
C’è un caso illustre che però darebbe ragione all’influencer.
Parliamo di Tribunale penale Catania, sentenza n. 2409 del 28 aprile 2016 (citato qui e qui) che in un sistema giuridico in cui non esiste analogia juris nel reato, ovvero non solo non esiste pena senza reato, ma neppure puoi “giocare ad andarci vicino”.
Secondo il Tribunale Etneo
“L’ambito della protezione giuridica contro l’elusione delle misure tecnologiche deve essere parametrato al principio di proporzionalità. E’, dunque, illegittimo il divieto di dispositivi od attività che abbiano, sul piano commerciale, una finalità od un’utilizzazione diversa all’elusione della protezione tecnologica a fini illeciti. Spetta al giudice nazionale verificare l’osservanza dei limiti di proporzionalità”
Oggetto del contendere erano i majikon, le “R4”, le “cartucce trucco” per caricare giochi sull’allora famoso Nintendo DS e messe sotto il banco di accusa come mezzi per giocare giochi piratati.
Ma il Tribunale Etneo ricordò che non è l’unico scopo e non è lo scopo prevalente.
Tornando alle microconsole su base Linux, l’utente potrebbe usarle ad esempio per dare corpo a PICO-8, la “console concettuale” di Lexaloffle che esiste sotto forma di un emulatore di giochi che non dovrebbero esistere ma può incarnarsi in un computer, un cellulare, un Rasperry Pi o una microconsole.

Sips: esempio di gioco non commerciale e nuovo per console datate (GameBoy Advance)
Oppure per giocare alla pletora di nuovi giochi per console vintage non più in commercio, come l’avventura horror softporn “Batty Zabella”, nominalmente per GameBoy ma di fatto per emulatori dello stesso stante la sparizione dal commercio dello stesso, “Goodboy Galaxy” per GameBoy Advance, Sips sempre per GBA, emulatore di un bar suburbano, e la saga di “Briley Witch“, dalla creatrice dell’omonima saga di libri, per Commodore 64.
Non siamo qui certo ad anticipare il risultato di una sentenza: ma sanzionare un influencer per aver proposto, sia pur a scopo promozionale e/o con promozione pagata l’acquisto di un console dedicata per l’emulazione è un po’ come sanzionare chi compra un PC perché anche per Windows, Linux o MacOS esistono emulatori che consetirebbero sia di comprare nuovi giochi per console datate che piratare che fare tutt’altro.
Il precedente Etneo fa pensare.
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