L’Amerigo Vespucci dimostra che la profilassi funziona (empiricamente)

di Bufale.net Team |

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L’Amerigo Vespucci dimostra che la profilassi funziona (empiricamente) Bufale.net

L’Amerigo Vespucci dimostra che la profilassi funziona (empiricamente), e stormi di novax su Internet si affrettano a dimostrare il contrario.

Ma basta studiare un po’ di matematica e statistica per dimostrare che ciò che anima il complottista medio è una combinazione tra la malafede e la mancanza di conoscenze elementari di statistica. Insomma, l’uso (dolosamente o colposamente) strumentale del Paradosso del Sopravvissuto che abbiamo già visto col caso di Israele.

Partiamo ora dalla notizia, data correttamente dal Dottor Salvo di Grazia

La notizia è effettivamente questa, e premere l’acceleratore e viralizzare il fatto che “fossero tutti vaccinati” non dimostra l’inefficacia dei vaccini, anzi.

Si chiama “Paradosso del sopravvissuto”, ed è la stessa tecnica usata per trasformare magicamente i dati isrealiani in un tripudio di commenti novax.

La statistica e il Paradosso del Sopravvissuto: come ‘Amerigo Vespucci dimostra che la profilassi funziona

Ipotizziamo l’esplosione di un conflitto mondiale nel quale si renda necessario riaprire la coscrizione obbligatoria. Per i detrattori spaventati dalle “parole difficili”, torna la leva obbligatoria e tutti i giovani dai 18 anni in su devono andare sui campi di battaglia.

Inevitabilmente come accade nel conflitto moltissimi di loro moriranno, molti altri torneranno gravemente invalidi e traumatizzati fino a non poter mai più riprendere una vita normale.

Analizzando il numero di giovani partiti forti e sani, e detraendo il numero di giovani tornati in una cassa di mogano o menomati nel corpo e nella mente, dedurremmo ovviamente che la guerra è una cosa orribile, in guerra si muore, in guerra si resta feriti.

Ma attenzione! Immaginiamo che ci sia un soggetto a favore delle guerre nel mondo, una specie di “Generale Aquila” che voglia dimostrare che non è vero, che in guerra non succede niente.

Questo generale si limiterà a prendere in considerazione il numero di giovani tornati in salute, e dichiarare che la loro esistenza prova che chi parte in guerra è un nobilissimo eroe invincibile che onora la sua nazione e non conoscerà morte e malattia.

Sarebbe insensato, vero? A parti invertite è quello che stanno facendo i Novax coi dati delle infezioni.

La statistica e gli studi medici

Dicemmo a suo tempo che in Israele l’85% della popolazione adulta è vaccinata, quindi è normalissimo che tra i vaccinati si possano riscontrare numeri più alti di ricoveri.

Ipotizziamo, come ricorda il Jerusalem Post nel suo articolo “sequel” un campione statistico normalizzato a un milione di vaccinati. Gli abitanti di Israele sono molti di più: per statistica il JP lo semplifica, ovvero dichiara “facciamo finta per l’esempio che sia un milione”.

Di questo milione, prendendo a modello i dati che abbiamo, solo 100 contrarranno la malattia in forma grave tale da richiedere ospedalizzazione. Campione pienamente compatibile col tasso di efficacia dei vaccini, che comprendono a prescindere, e tutti, una modesta percentuale di “non responder”, persone sulle quali l’efficacia è ridotta (per questioni legate al funzionamento del corpo umano: non tutti abbiamo un sistema immunitario reattivo allo stesso modo, è per questo che serve l’immunità di gregge).

Prendiamo però 100mila non vaccinati. Tra i quali avremo 100 malati in forma grave comunque.

Guardando i dati statistici nel campione di riferimento ospedaliero, saremmo portati a ritenere che “Il 50% o anche percentuali superiori dei vaccinati contraggano la malattia, quindi i vaccini non esistono”.

Ma usando come campione di riferimento la popolazione nel suo complesso, scopriremo che i vaccinati, nell’esempio col dato “semplificato per esempio”, contraggono la malattia in forma grave nello 0,01% dei casi, mentre i non vaccinati nello 0,1%

Cosa che abbiamo riscontrato anche nel caso dell’Amerigo Vespucci.

In questo caso abbiamo una nave. Uno strumento dove per definizione non puoi rispettare il distanziamento sociale, una cassa sospesa nel mare dove non vai da nessuna parte, sei bloccato con altri 320 membri dell’equipaggio.

Non puoi stare ad un metro di distanza costantemente, non puoi rispettare il distanziamento sociale, le tue capacità di prevenzione sono limitate.

Su questo vero e proprio caso di studi, ci ricorda l’ANSA stessa, in un gruppo involontariamente diventato un esperimento di contatto con un contagiato 20 persone hanno contratto la malattia in forma paucisintomatico o asintomatica, 300 sono del tutto sane.

Vale a dire che solo il 6,25% del campione vaccinato, esposto alla malattia, ha esibito la malattia in forma lieve e facilmente curabile.

Forma che, guarendo più velocemente, li renderà contagiosi per molto meno.

Vale a dire che il vaccino nel campione di riferimento ha evitato il contagio al 93,75% dei malati.

Cosa assai compatibile con gli studi sul potenziale dei vaccini di conferire anche la c.d. immunità sterilizzante (da malattia quindi).

Ma anche compatibile con uno studio pubblicato su Nature per la quale la vaccinazione di massa rende meno probabile il contagio anche per non vaccinati e “non responders” (chi vaccinato non ha tratto efficacia dal preparato).

Oppure fornendo una possibile anticipazione ad uno studio (non ancora sottoposto a peer-review, quindi “da farsi”, in breve) pubblicato su Medrxiv che dimostra proprio questo: la possibilità che un vaccinato possa contagiare non è pari a zero, ma è molto contenuta nei numeri. Sicuramente di diversi ordini di grandezze inferiori rispetto ad un non vaccinato.

Cosa possibile proprio postulando, come corroborato dai dati empirici dell’Amerigo Vespucci, che in una ipotetica comunità di vaccinati si riesca comunque ad avere, anche in condizioni dove distanziamento sociale e misure di contenzione della malattia sono malagevoli, una percentuale del 93,75% di persone che, esposte ad una malattia, non la contraggono.

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