Hanno “manipolato il tempo” per controllarci meglio?
Ci è stato segnalato un post circolante su Facebook e riguardante la modifica del calendario.
Il testo è un esempio perfetto di come, partendo da elementi storici corretti e proponendo interpretazioni simboliche e conclusioni non supportate dai fatti, sia possibile costruire narrazioni complottiste e generare leggende urbane.
L’incipit, costruito molto bene, introduce il lettore all’argomento predisponendolo alla ri-lettura dei fatti storici sotto la lente del sospetto:

Hanno “manipolato il tempo” per controllarci meglio?
Possiamo già notare come fatti storicamente veri (effettivamente Ottobre è il decimo mese e Novembre l’undicesimo) vengano reinterpretati suggerendo che questa incongruenza sia la prova di una manipolazione storica volta a “spezzare il legame dell’uomo con i ritmi naturali”.
Ma quanto c’è di vero in questa teoria?
Come riportato nel testo, l’origine dei nomi di Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre è effettivamente legata ai numeri latini: rispettivamente septem (sette), octo (otto), novem (nove) e decem (dieci).
Questa numerazione risale al calendario romano più antico, attribuito alla figura semi-leggendaria di Romolo, il primo Re di Roma.
Era un calendario composto da soli dieci mesi, con l’anno che iniziava a Marzo (probabilmente il 15), in coincidenza con l’arrivo della luna piena, una struttura, senza dubbio, profondamente legata ai cicli naturali e agricoli dell’epoca.
Era un calendario detto “lunare”, poichè basato sulle fasi lunari, ma aveva già alcuni problemi:
- Aveva mesi di 30 o 31 giorni mentre una lunazione dura circa 29,5 giorni.
- In totale contava solo 304 giorni, poichè il periodo invernale non veniva considerato: questo perchè era usato prevalentemente in ambito agricolo, e d’Inverno la terra non veniva lavorata
Da questo punto in poi del testo vengono mischiate imprecisioni, omissioni e considerazioni soggettive non comprovabili.

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Il cambiamento di calendario non è un mito, ma un evento storico ben documentato e con solide fondamenta: i romani erano molto pratici e, come anticipato, il calendario in uso non lo era.
Già nel 713 a.C. Numa Pompilio fece un primo passo aggiungendo due mesi invernali nel tentativo di allineare il calendario con l’anno solare, e già in questo caso vi furono modifiche anche al numero di giorni presenti in ogni mese. Già questa fu una modifica politica ed arbitraria, ma – e probabilmente questa è solo una mia congettura – questo passo non viene minimamente citato nella narrazione poichè disfunzionale alla rilettura che si è voluta dare alla storia.
Poi, nel 153 a.C., l’inizio dell’anno fu anticipato al 1° Gennaio. La motivazione non fu simbolica, ma puramente amministrativa e militare: i consoli, le più alte cariche dello stato, si insediavano il 1° gennaio, e far coincidere l’inizio dell’anno con la loro nomina permetteva una pianificazione più efficiente delle campagne militari che riprendevano in primavera.
Concedetemi una piccola precisazione che potrebbe risultare forse un po’ puntigliosa: nel 153 a.C. l’impero romano non esisteva ancora.
Il calendario di Sosigene
L’arrivo di Giulio Cesare e Ottaviano Augusto e la riforma del calendario detto giuliano (così chiamato proprio in suo onore), portarono poi altre modifiche sia formali che sostanziali.
Il quinto mese, originariamente chiamato Quintilis, fu rinominato Iulius (luglio) in onore di Giulio Cesare, destino simile al sesto mese, Sextilis, divenuto Augustus (agosto), per rendere omaggio all’imperatore Augusto.
Anche la durata dei mesi fu nuovamente alterata per motivi di prestigio, con Febbraio che fu “sacrificato” di un giorno affinché agosto non fosse più corto di luglio.
Questa riforma non fu assolutamente arbitraria, ma dettata dalla necessità: già da tempo vi era l’abuso di inserire giorni aggiuntivi al calendario detti “intercalari”, per “aggiustare lo scorrere tempo” che, essendo misurato male, non scorreva in parallelo alle stagioni, ma più velocemente.
Al tempo di Cesare, secondo Sosigene di Alessandria, l’astronomo che elaborò il nuovo calendario, il calendario era talmente scompigliato che il tempo della mietitura non cadeva più in estate e quello della vendemmia non più in autunno. Al momento dell’introduzione, per poter riallineare il calendario alle stagioni, il 46 a.C. venne artificiosamente fatto durare ben 445 giorni!
A parte una piccola modifica ad opera di papa Gregorio XIII nel 1582 (per questo il calendario attuale è chiamato “gregoriano”), si può semplificare molto dicendo che il nostro modo di misurare il tempo risalga ai Romani, e questo per una motivazione semplice: era pratico e preciso.
Quali sarebbero i ritmi naturali?
L’affermazione che queste riforme abbiano “spezzato il legame tra l’uomo e i ritmi naturali” è una tesi affascinante, ma decisamente una conclusione soggettiva e filosofica, non fondata su fatti storici né tesi scientifiche.

Non potendo procedere con il debunking “standard” (essendo appunto congetture soggettive), ci limiteremo a fare qualche considerazione generale.
- Il calendario romano era disallineato alle fasi lunari già dal momento della sua creazione.
- Già il calendario romano era gestito dal “Potere” (a Roma il controllo del calendario era demandato al Collegio dei Pontefici, un organo di istituzione regia che sopravvisse in età repubblicana, perciò antecedente a qualsiasi modifica di calendario).
- I tentativi di superare – o di migliorare – il computo del tempo sono stati continui e graduali e durati oltre 2000 anni.
- Sebbene vi siano state imposizioni formali legate alle posizioni di potere (es. la rinomina dei mesi), il motivo più logico per l’introduzione del calendario Giuliano risiedeva nella praticità.
- Il calendario non è mai iniziato con l’equinozio di primavera e non è mai stato spostato al giorno più buio dell’anno (che sarebbe il solstizio d’inverno, il 21 Dicembre).
- Volendo usare una motivazione più “filosofica”, il nostro calendario mantiene ancora una profonda connessione con gli equinozi e i solstizi, che continuano a segnare i ritmi delle stagioni.
- Le ragioni pragmatiche sottostanti la modifica del calendario dimostrano una solidità sufficiente a poter affermare che il cambiamento sia giustificato senza la necessità di dover ricorrere a riletture quantomeno fantasiose.
Chiudo citando il rasoio di Occam: a parità di fattori, la spiegazione più semplice tende a essere quella giusta.
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