Russia e il «vaccino mRNA contro il cancro»: cosa c’è di vero (e cosa no)
Secondo quanto riportato dai media di Stato russi e ripreso da testate internazionali, la Russia sarebbe pronta a lanciare un vaccino terapeutico personalizzato contro il cancro basato sulla tecnologia mRNA, sviluppato con il supporto dell’intelligenza artificiale.
Le prime sperimentazioni cliniche, stando alle dichiarazioni di Alexander Gintsburg (direttore del Centro Gamaleya, già noto per lo Sputnik V) e di Andrey Kaprin (direttore del National Medical Research Radiological Center), dovrebbero partire tra settembre e ottobre 2025, inizialmente su pazienti affetti da melanoma. Il governo russo ha promesso che il trattamento sarà coperto integralmente dallo Stato, e dunque gratuito per i cittadini.
Un messaggio che unisce l’impatto di un annuncio scientifico alla retorica di una sanità universale, e che proprio per questo ha trovato enorme risonanza sui social e nei media nelle ultime settimane.

Il problema, però, è che il Cremlino sembra utilizzare la ricerca biomedica come strumento di soft power e come vetrina internazionale, diffondendo proclami sensazionalistici ben prima che esistano dati concreti e verificabili. Vediamo perchè.
Una tecnologia reale, ma non una novità russa
Dal punto di vista teorico, l’idea di un vaccino personalizzato a mRNA contro il cancro è reale e coerente con quanto già avviene nella ricerca internazionale. L’approccio si fonda sull’identificazione dei neoantigeni specifici del tumore di ciascun paziente e sulla produzione di un mRNA capace di istruire il sistema immunitario a riconoscere e distruggere le cellule malate. I ricercatori russi descrivono un processo estremamente rapido: l’analisi dei dati e la progettazione del vaccino verrebbero completate in meno di un’ora grazie all’intelligenza artificiale, mentre la produzione richiederebbe circa una settimana. Il costo stimato è di 300.000 rubli (circa 2.800–3.000 dollari) a dose, ma interamente coperto dal sistema sanitario pubblico. È stato inoltre creato un percorso regolatorio separato, distinto da quello previsto per i farmaci tradizionali.
Un’accelerazione che, se davvero applicata, solleverebbe inevitabili interrogativi sulla sicurezza e sull’accuratezza delle verifiche. In ogni caso, il vaccino terapeutico a mRna non è affatto una scoperta russa. Da anni BioNTech, Moderna e altri centri scientifici occidentali portano avanti sperimentazioni simili, con trial clinici registrati e pubblicazioni scientifiche già disponibili. La differenza è che, in Russia, non esiste ad oggi alcuna letteratura scientifica a sostegno di quanto annunciato. Non c’è peer-reviewed; nessun dato depositato in registri internazionali; nessuna trasparenza.
È dunque difficile non interpretare tale annuncio come un tentativo di rincorrere, sul piano mediatico, risultati che altrove sono già in fase avanzata di sperimentazione.
Tra propaganda e realtà
Secondo i comunicati, i test preclinici avrebbero mostrato riduzione della crescita tumorale e delle metastasi in modelli animali, e i primi pazienti coinvolti saranno affetti da melanoma. Ma si tratta, per ora, solo di frasi generiche. Non conosciamo la dimensione degli studi, né i metodi utilizzati, né i criteri di inclusione. Nessun dato numerico, nessun protocollo pubblico.
Insomma: parole, non scienza. E non va dimenticato che lo Sputnik V fu presentato come un successo mondiale prima ancora di completare le fasi standard di sperimentazione, con risultati poi molto più modesti rispetto alle promesse iniziali. Lo schema sembra quindi ripetersi: un grande annuncio, amplificato dai media, senza però offrire alla comunità scientifica internazionale gli strumenti per valutarlo. Parlare oggi di “rivoluzione” è pertanto fuorviante e pericoloso. Se la ricerca russa intende davvero portare avanti questo vaccino, il primo passo dovrebbe essere la pubblicazione dei dati, sottoposti a revisione indipendente.
Finché ciò non avverrà, siamo di fronte soprattutto a un’operazione mediatica, utile a rafforzare il prestigio interno ed esterno del Cremlino in un momento di isolamento politico e scientifico. Il rischio, come sempre, è alimentare false speranze nei pazienti e distogliere l’attenzione dal fatto che la vera innovazione in questo campo si sta già sviluppando altrove, con rigore e trasparenza. In attesa di prove concrete, la prudenza resta l’unica risposta seria. Il vaccino russo contro il cancro, al momento, è soprattutto un titolo giornalistico, non una conquista scientifica.
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