Kodak rischia di chiudere i battenti per davvero?

di Shadow Ranger |

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Kodak rischia di chiudere i battenti per davvero? Bufale.net

Kodak rischia di chiudere i battenti, e non è la prima volta. Un recente comunicato della compagnia annuncia che la nota ditta che ha legato la sua immagine al settore fotografico potrebbe non avere più disponibilità per pagare i propri debiti e di avere poche prospettive per il futuro, ma anche un piano per salvarsi.

Questo dopo aver già chiuso i battenti e riaperto più volte nella sua storia durata 133 anni e legata a doppio filo con la fotografgia analogica, in un rapporto boomeristic-onanista con la nostalgia.

Kodak rischia di chiudere i battenti per davvero?

La storia di Kodak comincia nel 1892 quando George Eastman, imprenditore, decise che la lettera K dovesse avere il suono più forte dell’alfabeto e fosse la più adatta a rappresentare la sua attività, producendo pellicole fotografiche e cinematografiche.

Nel 1888 nacque la prima fotocamera Kodak, priva di mirino ottico e con la necessità di riportare le pellicole da Kodak per lo sviluppo venduta come una funzionalità e non come una necessità. “Voi scattate, noi facciamo il resto”, recitava una iconica pubblicità che aprì a Eastman il ricco mercato dei non professionisti.

Gente che, nel corso dei decenni successivi, non voleva altro che comprare rullini, sbatterli in una macchina fotografica, scattare foto a qualunque cosa e correre da un fotografo per far sviluppare le sue foto.

Kodak rischia di chiudere i battenti per davvero?

Kodak rischia di chiudere i battenti per davvero?

Kodak divenne un impero del mondo della fotografia, e sopravvisse nonostante le ristrettezze alla Grande Depressione, fornendo a Edwin Land i prodotti per creare una delle alternative alle macchine fotografiche Kodak: le macchine istantanee Polaroid.

Fu il dopoguerra a vedere Kodak crescere e raggiungere l’apice, e l’intera generazione del Baby Boom ancora ricorda spot come quello in cui Roberto Marotta intepretava una coppia di alieni in vacanza in grado di comunicare solo con le parole “Ciribiripì” e “Kodak”, sufficienti per trovare un fotografo Kodak in Italia e svilupaare le loro foto.

E furono proprio gli anni ’90 a vedere il crollo: la concorrenza con Fujifilm ad esempio, ditta sopravvissuta perché superiore nel diversificare i suoi prodotti, e l’arrivo delle foto digitali.

Una risalente leggenda metropolitana vuole Kodak aver rifiutato la nuova tecnologia, tagliando i fondi e minacciando licenziamenti a chiunque avesse proposto le pellicole digitali.

In realtà Kodak aveva cominciato lo sviluppo del digitale sin dagli anni ’80, semplicemente, complice il solo parziale successo della DCS14n, Kodak abbandonò presto il mercato delle digitali professionali per concentrarsi sul consumatore poco evoluto: consumatore che a partire dagli anni ’90 si sarebbe spostato in massa sui primi cellulari e a partire dal 2000 avrebbe avuto Smartphone sempre più evoluti.

Fujifilm era riuscita a diversificarsi, Kodak meno: nel 2012 Kodak annuncerà fallimento negli USA e ristrutturerà le sue attività in Europa spostando nel 2013 la produzione di pellicole fotografiche, camere usa e getta al conglomerato Kodak Alaris.

Seguì un declino in cui il marchio Kodak finì nel mondo delle Cryptovalute e altri obiettivi poco “tradizionali”. In piena Pandemia Kodak ebbe una sua rinascita come conglomerato per la produzione di prodotti farmaceutici, avendo ottenuto un prestito ponte da un Governo USA affamato di risposte alla pandemia.

Ed ora, nuovamente, siamo al declino.

E il salvataggio?

In realtà però le “poche prospettive” sono una formula di prammatica: Kodak nega decisamente di chiudere.

Piuttosto rifinanzierà il suo debito usando il Piano Pensionistico dei dipendenti, sostanzialmente ripianando il debito con le eccedenze sulle pensioni messe “in acconto” per i prossimi pagamenti.

Operazione dalla quale Kodak promette di uscire “più solida che mai”.

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