Retrocompatibilità in passato: i diversi approcci al tempo del retro

di Shadow Ranger |

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Retrocompatibilità in passato: i diversi approcci al tempo del retro Bufale.net

Continuiamo assieme un discorso sul retro che prende le mosse dalla modernità: è il primo mese con la Switch 2 per molti, ed abbiamo approfittato assieme per vedere in un certo senso la nuova console sia figlia dell’approccio consolidato di Nintendo, sia pur aggiornato all’aumento dei costi della vita.

Retrocompatibilità in passato: i diversi approcci al tempo del retro

Retrocompatibilità in passato: i diversi approcci al tempo del retro

E abbiamo anche visto come di aggiornamento in aggiornamento la nuova console stia migliorando costantemente la retrocompatibilità con la vecchia aumentando il numero di titoli retrocompatibili.

Ma c’è stato un passato in cui la retrocompatibilità era una scelta consapevole, e non sempre accettata.

Il modello Commodore: nessuna retrocompatibilità, o quasi (ma per solide ragioni)

Partiamo da Commodore: storicamente nella storia degli home computer Commodore c’è stato solo un caso di retrocompatibilità, e quel caso (che abbiamo visto assieme) ha ucciso il concetto.

Il Commodore PET non era nato per essere un home computer, ma per essere una solida macchina da ufficio: il mondo del friendly computing, del computer per le masse e per le famiglie, è nato quindi con l’arrivo del VIC20, della cui storia abbiamo dibattuto a lungo qui.

Commodore PET: fonte Nightfall Crew

Commodore PET: fonte Nightfall Crew

Se gli attuali acquirenti della Switch 2 si ritrovano a poter usare buona parte degli accessori della Switch vecchio stile e la (quasi) completa libreria, chi nel 1982 decise che avrebbe voluto passare dal Commodore VIC20 al Commodore 64 scoprì che avrebbe potuto conservare tutti gli accessori (o quasi) ma nessuno dei programmi, nessuno.

Il Commodore 64 era compatibile con lo Standard Atari, quindi tutti i joystick costruiti per il VIC20 andavano senza problemi sul 64. Il Datassette funzionava perfettamente sul Commodore 64, il lettore Floppy 1540 dovette ricevere un aggiornamento che lo rese il più noto 1541, con una sola modifica nel firmware per rallentare un lettore già abbastanza lento di suo rendendolo compatibile col nuovo VIC-II.

Unito al fatto che il Commodore 64 usciva in LCA (un parente del formato S-Video, in esso adattabile, che comprendeva anche uscite composite) e RF antenna e il VIC-20 in composito e RF Antenna (con modulatore esterno) ipoteticamente potevi staccare il VIC20 da monitor, joystick, Datassette e Lettore Floppy, collegare il Commodore 64 e ricominciare.

Ma il Commodore 64 non era compatibile con alcun programma della libreria VIC20, e nonostante entrambi usassero CBM Basic 2.0, le differenze hardware erano sufficienti a spezzare la catena della compatibilità.

E non solo: per un certo periodo della sua storia il Commodore 64 non fu compatibile con se stesso.

Il Commodore 64: non retrocompatibile con se stesso?

Anche di questo ne avevamo parlato in una diversa occasione, sia pur però da un altro punto di vista.

Varianti del case del VIC-20, fonte VIC-20.it

Varianti del case del VIC-20, fonte VIC-20.it

Esistono almeno tre revisioni maggiori ufficiali del KERNAL (non è un errore di battitura, è un acronimo che sta per Keyboard Entry Read, Network, And Link, nato sì da un errore di battitura ma poi nobilitato), escludendo il KERNAL particolare dell’SX64, del C64GS e la possibilità di usarne di terze parti.

Il KERNAL v1 fu distribuito col “Silver Label”, il primissimo lotto di unità prodotte negli USA, cariche di bug per i quali Commodore stessa, in caso di riparazione in garanzia, provvedeva al cambio della mainboard e del KERNAL con lotti successivi.

Come suggerisce il nome, il “Silver Label” aveva un’etichetta nero ed argento anziché color arcobaleno come nei Commodore 64 che molti di voi ricordano, ed è noto per essere un computer “temperamentale”, ovvero munito di una serie di bug, tra i quali una qualità video inferiore, un blocco della possibilità di inserire input in determinati casi.

Diverse versioni del Commodore 64

Diverse versioni del Commodore 64

Ma il difetto principale era dato dal sistema di collisione degli sprites, ovvero le immagini bidimensionali nei primi giochi: col KERNAL v1 venivano registrati dei “tocchi fantasma” che rendevano l’esperienza di gioco di un computer che di fatto per gli occidentali fu anche la prima “vera” console di gioco della terza generazione alquanto frustrante, creando una “nebbiolina” che veniva letta dai giochi come uno sprite (ad esempio avendo il tuo personaggio “colpito” da un NPC invisibile).

Il difetto fu risolto nel KERNAL v2, modificando il colore di default nel colore dello sfondo, col risultato che diversi programmi educativi  o contenuti nelle riviste creati col v1 in mente diventarono improvvisamente illeggibili.

Una ulteriore revisione, la 3, sistemò la cosa, ma per un certo periodo avemmo il Commodore 64 sicuramente incompatibile col VIC20 e alcune revisioni firmware non retrocompatibili con programmi nati con la revisione “buggata” in mente e senza possibilità di sistemarla.

Il Commodore 64 era però perfettamente retrocompatibile con un computer a 8 bit mai apparso in Occidente: MAX Machine, di fatto un Commodore 64 mutilato con tastiera a membrane, una quantità di RAM infima e distribuito con cartucce di gioco che potevano funzionare benissimo anche sul Commodore 64 successivo.

La giostra continua

L’avventura commerciale del VIC20 finì nel 1985, assieme ad un gran numero di cose da Commodore. Tramiel, il decano e patron della compagnia, andò via tra i vari motivi anche per il tentativo pedestre di Gould di sostituirlo.

Mettendo in commercio il Commodore 16, versione economica e con lo stesso fattore di forma del VIC20 del Plus/4, il prodotto che avrebbe dovuto rappresentare il ritorno di Commodore al mondo degli uffici.

Il Commodore 16 era di fatto un Plus/4 senza programmi di produttività con una tastiera in stile Commodore 64 e ancora una volta incompatibile col Commodore 64 e col VIC 20.

Commodore 16, fonte Tynemouth

Commodore 16, fonte Tynemouth

Anzi, per usare i joystick e il Datassette dei suoi predecessori il Commodore 16 richiedeva appositi adattatori, usando le stesse porte ma in un formato “mini”.

Adattatori passivi, che era possibile fare in casa, ma saldando connettori sottilissimi e non quindi un lavoro per i deboli di cuore.

Inoltre la differenza tra Plus/4 e Commodore 16 era nella RAM: 16Kb sul 16, 64 nel Plus/4.

I produttori di videogiochi decisero quindi di puntare alla configurazione più limitata, sapendo che tutto quello che avrebbe girato sul Commodore 16 avrebbe girato sul Plus/4, ma non il contrario.

Dobbiamo a questo la situazione banale per il mondo del retro, ma impresentabile ad un ragazzino moderno: le cassettine pirata “mischione” dove su una sola cassetta, su diverse facce e minutaggi trovavi giochi per il VIC2o (i VIC20 non furono più prodotti dal 1985, ma molti sopravvissero), il Commodore 64, il Commodore 16 e talora anche concorrenti come lo Spectrum.

Il primo incontro di Commodore con la retrocompatibilità (e l’ultimo)

Commodore si pose il problema con le confuse origini del Commodore 128, compiendo una scelta vedremo comune ad altri produttori di quegli anni. Inserì di fatto un intero Commodore 64 all’interno del Commodore 128.

Creando una situazione simile allo scenario attuale: comprando un 128 avresti comprato un 64 occulto al suo interno.

Immaginate però un lancio della Switch 2 privo di titoli esclusivi, basato sulla sola libreria Switch

"Grazie per la memoria": il Commodore 128, tre modi operativi (di cui ne usavi solo uno)

“Grazie per la memoria”: il Commodore 128, tre modi operativi (di cui ne usavi solo uno)

Ora: quanti di voi early adopters avrebbero comprato la Switch 2 se vi fosse stata confermata la completa assenza di titoli al lancio? Niente Mario Kart World, niente Split Fiction, niente Cyberpunk 2099, Donkey Kong Bananaza rimandato “a fine del ciclo vitale della Switch” e non a luglio, niente Nextgen Patch per Zelda e Pokemon?

Probabilmente nessuno ed è quello che accadde col Commodore 128.

Diversi produttori di giochi per Commodore 64 appiccicarono un adesivo per la compatibilità sui titoli già presenti e tanto dovette bastare.

Commodore non ci riprovò più, fino al sogno naufragato del Commodore 65, successore del Commodore 64 anche esso retrocompatibile con la vasta libreria del suo predecessore e mai uscito..

Nel frattempo, in casa Apple

Apple, reduce dal fallimento dell’Apple III,  mantenne varianti della linea Apple II per un tempo immondo.

Il primo Apple II lasciò la linea produttiva nel 1977, l’ultimo nel 1993.

Ci furono diversi modelli di Apple II nella storia, alcuni su licenza, come il Bell&Howell nero, altri (escludendo il mercato dei cloni non ufficiali) furono evoluzioni della stessa macchina.

Apple II - By FozzTexx - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79580939

Apple II – By FozzTexx – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79580939

Apple si diede quindi un obiettivo: la retrocompatibilità.

Con l’Apple IIGS fu introdotto il MEGA II, un chip che conteneva in se stesso tutto il necessario per rendere l’Apple IIGS in grado di emulare il suoi predecessori (II, II+, IIc, IIe) in modo hardware, un po’ come la Switch 2 sta facendo (in forma ibrida hardware/software) con la Switch.

Dall’esperienza del MEGA II nacque il Gemini Chip, usato nei Macintosh LC per cercare di inzuccherare il passaggio delle scuole dagli Apple ai Macintosh: grazie al Gemini Chip si potè creare una specifica Apple IIe card che di fatto rendeva possibile ai neonati Macintosh far girare un “vecchio Apple” in finestra.

A casa SEGA

Il SEGA Master System fu venduto in occidente dal 1987, sino al 1996.

Il suo successore, il Mega Drive, fu fornito con un “Power Base Converter” in grado di far funzionare i giochi dell’illustre predecessore, che fu però commercializzato (sempre in Occidente) dagli anni ’90.

SEGA mantenne un duplice rapporto: molti best seller per il Mega Drive, come il famosissimo Sonic e Tazmania, ebbero una “versione otto bit” per il Master System, e uno dei punti forti di vendita del Mega Drive fu proprio l’esistenza del Power Base Converter, reso possibile dal fatto che la nuova console era già pensata con tale accessorio in mente.

Il Converter ovviamente non arrivava fino al passato del SEGA SG-1000, predecessore del Master System, ma copriva tutti i giochi nati direttamente per il Master System nel formato cartuccia (le “Game Card” erano diffuse nel solo oriente).

Il Mega Drive Power Base Converter

Il Mega Drive Power Base Converter

SEGA terminò però ogni esperimento di retrocompatibilità con il Mega Drive.

Il SEGA Saturn non era retrocompatibile con le console a cartuccia, e il Dreamcast ebbe una vita commerciale breve e sottotono che impedì al progetto SatCast, un emulatore annunciato e vivo nei rumor che avrebbe donato al Dreamcast la compatibilità col Saturn, di venire al mondo.

Negli anni ’90 però potevi sostuire il tuo Master System con un Mega Drive con Power Converter e conservare i pad a due tasti per giochini come Wonder Boy, un po’ schizzinosi nell’uso del nuovo pad a 3/6 tasti del Mega Drive (bisognava tagliare un filo all’interno, oppure usare un adattatore oppure il personaggio avrebbe avuto movimenti irregolari).

Cosa accadde da Nintendo?

Il Super Nintendo avrebbe dovuto essere retrocompatibile col NES, almeno come la Switch 2 (che avrebbe potuto chiamarsi “Super Switch”) lo è con la Switch.

Avrebbe dovuto, e già si vociferava di un Famicom Adapter che avrebbe usato le uscite video del SuperFamicom (e quindi del SNES) per godere dei giochi Nintendo dato che il Famicom originale aveva solo l’uscita RF antenna come alcuni modelli economici del NES Occidentale.

Non se ne fece più niente per motivi di economia: stranamente Nintendo decise invece di non badare alle spese per le console portatili.

Cartuccia del NES

Cartuccia del NES

All’interno del GameBoy Advance Nintendo piazzò un intero GameBoy Color per mantenere la retrocompatibilità, all’interno del Nintendo DS un intero GameBoy Advance (ma senza il GBC) e il New Nintendo 3DS finì il suo ciclo vitale compatibile con ben tre console: se stesso, il 3DS e il DS.

Anzi, il New Nintendo 3DS ebbe lo stesso problema del Commodore 128: visse della libreria giochi del modello precedente, per cronica mancanza di titoli nextgen, quindici in tutto di cui molti solo per il mercato giapponese.

La retrocompatibilità hardware tornerà con Nintendo Wii, praticamente una GameCube potenziato in grado di “downcloccarsi” per caricare i giochi del suo predecessore, e col WiiU, compatibile con Wii ma non con GameCube.

E nel mondo PC?

Nel mondo dei PC IBM Compatibili, la retrocompatibilità avrebbe dovuto essere tecnicamente assicurata.

Alcuni tra i programmi più vecchi però usavano la velocità della CPU come mezzo di temporizzazione: dal 286 fino ai primi Pentium i giocatori da PC ricorderanno il “tasto turbo” su ogni cabinet che consentiva di ridurre la velocità del processore per ridurre alla ragione titoli più riottosi.

Obiettivo questo ora possibile con DosBOX, che consente ad un PC moderno di emulare un PC più dato, ascendente architetturale diretto.

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