Bufala

Lo dice l’ONU e non un’organizzazione di odiatori, gli immigrati sono ricchi!

Lo dice l’ONU e non un’organizzazione di odiatori, gli immigrati sono ricchi! è il tipico testo che parte da una cattiva intepretazione delle fonti. Ignoranza o malafede non ci importa, ma non è la prima volta che assistiamo a simili fenomeni.

Abbiamo visto in passato bufale e leggende metropolitane attribuire all’OMS bizzarre affermazioni sulla Cannabis, nonché l’introduzione di programmi di educazione sessuale con dimostrazioni pratiche a bambini di 4 anni.

Il pregiudizio corrompe e acceca, inoltre rende davvero difficile fermare una bufala: se un tuo amico, un condivisore su Internet, uno che parla come te diffonde un appello contorto e modificato, sei portato a dargli credito. Chi invece ti chiederà di esibire la fonte verrà accusato di essere un professorone.

Quindi ora andiamo con ordine: prima l’appello, poi il fact checking.

Lo dice l’ONU e non un’organizzazione di odiatori, gli immigrati clandestini che arrivano in Europa sono i più ricchi nelle loro nazioni di provenienza e non scappano da nessuna guerra. Il rapporto che spiega dati alla mano tutto ciò si chiama “Scalling fences. Voices of irregular african migrants to Europe” realizzato su interviste a 3mila clandestini arrivati nel 2018, il 91% con il barcone dei trafficanti. Il 57% è sbarcato in Italia, il 30% in Spagna e il 7% in Grecia. L’età media è di 24 anni, solo l’11% supera i 30, il 77% sono uomini contro il 23% di donne, bambini il 3% anche perché il 71% è single e più del 60% non ha figli. Ma la cosa più eclatante è che l’85% non scappa da nessuna guerra e non proviene da nessun paese affamato ma da aree urbane ben civiliazzate e oltre il 51% ha un lavoro a casa propria percependo entrate economiche. Secondo tale rapporto emigrare in Europa per queste famiglie rappresenta un investimento, infatti il tutto coincide quando ci chiediamo come facciano a pagare 3mila euro allo scafista e perché hanno cellulari e catene d’oro. Purtroppo l’investimento nella maggior parte dei casi è sviluppato dalla criminalità organizzata che assolda per lo spaccio di droga e ad altre attività illecite i clandestini che così potranno mandare soldi nel loro paese e “farsi una posizione”. Quindi caro Ministro visto che non si tratta di motivi umanitari questa si chiama invasione, lo dice l’ONU.

Il continuo insistere sul lo dice l’ONU, lo dice l’ONU invoca il c.d. “Argomento di Autorità”, attinto da un vago senso di famo a fidasse.

Del resto, come potete non fidarvi di un testo che riesce nella rara impresa di sbagliare il titolo del rapporto che porrebbe alle basi di quello che sta dicendo?

Se chi ha condiviso questo testo si fosse peritato di procurarsi una copia (è gratis e non morde) avrebbe notato che “Scalling fences. Voices of irregular african migrants to Europe” non esiste.

Si tratta di “Scaling Fences: Voices of irregular African Migrants to Europe”

Potete semplicemente scaricarlo e leggerlo. Il nostro Fact Checking si esaurirebbe qui. Ma siccome preveniamo l’opzione è arrivato il professorone ci tocca smontare la bufala pezzo per pezzo, correggerla e mettere un voto.

Una comoda tavola sinottica che contradice l’articolo

Lo dice l’ONU e non un’organizzazione di odiatori, gli immigrati clandestini che arrivano in Europa sono i più ricchi nelle loro nazioni di provenienza e non scappano da nessuna guerra: falso

E dove lo direbbe esattamente?

Anzi, pagina 5, e non parliamo di una delle ultime pagine, dice l’esatto contrario

Just 38 percent said they earned enough ‘to get by’, 50 percent felt they were not earning enough, and only 12 percent reported being able to save. Economic motivations, closely tied to self-actualization and a sense that aspiration can only be fulfilled through departure from Africa, were fundamental motivations shared by respondents — who at the same time predominantly pointed to multiple reasons informing their decision to leave. Answers to questions on the governance contexts at home in Africa suggest a strong sense of identity-based social exclusion by, and alienation from, state duty bearers that has informed decisions to migrate. Disappointment in the quality of service provision was high among all respondents. Their overall youthfulness indicates there are significant age-related constraints on opportunity in Africa, with young people finding few avenues through which to pursue their aspirations and dreams, or to accelerate their own prospects and those of their families within the country contexts. The advances of recent decades have only served to inspire a will to migrate and an ability to do so, yet legal channels facilitating migration remain largely closed to this class of traveller.Irregular migration, for those interviewed, is an investment in a better future: embraced by individuals whose development trajectory is already in ascendance, enabling a radical rejection of the constraining circumstances at home in order to scale metaphorical and even physical fences to personal fulfilment

Solo il 38 percento dice di guadagnare abbastanza per “tirare avanti”, il 50% sente di non ottenere abbastanza, e solo il 12% è riuscito ad avere rismari. Le motivazioni economiche, legate al concetto di autorealizzazione e aspirazioni che possono essere raggiunte solo andando via dall’Africa sono tra le motivazioni fondamentali condivise dagli intervistati. I quali allo stesso tempo hanno dichiarato di avere molteplici ragioni per andar via. Le risposte alle domande sul contesto di governo in Africa suggeriscono un forte senso di identità basato sull’emarginazione sociale e sull’alienazione nei confronti dello Stato che ha formato la decisione di fuggire. Il disappunto nella qualità dei servizi offerta era alto tra gli intervistati. La loro giovinezza relativa dimostra che ci sono una serie di problemi legati all’età in Afriga, coi giovani posti nella crescente di difficoltà di poter seguire i loro sogni ed aspirazioni, o di poter avere prospettive per se stessi e la loro famiglia nel contesto del paese di origine. I progressi delle ultime decadi hanno solamente creato un desiderio di migrare ed una abilità, ma i canali legali per la migrazione restano inibiti a questi viaggiatori. La migrazione irregolare, per gli intervistati, significa investire in un futuro migliore, abbracciata da individui che sono in grado di migliorarsi, rigettare radicalmente le condizioni avverse e imprigionanti a casa significa scalare muri metaforici e fisici per perfezionarsi.

È come noi stessi vi abbiamo detto più volte in articoli di cui vi consigliamo la lettura: non dovete pensare all’immigrato come una creatura del fantasy, se non come un miserabile elfo domestico privo di tutto.

Il migrante è come me, come te, come noi. Spesso un giovane uomo o donna che sogna di avere una famiglia, e delle prospettive.

In un paese dove spesso non riesce a costruire o risparmiare per il futuro, talora situazioni di discriminazione, disagio o emarginazione sociale gli rubano il futuro che ha.

Non è certo una passeggiata rischiare la morte su un barcone: ma quale giovane padre o madre negherebbe a suo figlio la possibilità di crescere in un posto dove, forse pensandola ingenuamente, la sua etnia non sarà un ostacolo al suo sviluppo e non sarà in balia di elementi fuori dal suo controllo?

Certo, poi si troverà comunuque in un luogo dove il colore della sua pelle autorizza il prossimo a lapidarlo a mezzo Facebook, ma intanto il tentativo è stato fatto.

Realizzato su interviste a 3mila clandestini arrivati nel 2018, il 91% con il barcone dei trafficanti: volutamente inesatto

Le parole sono importanti: chi ha “tradotto”, e malamente, il report per poi sintentizzarlo ha deciso una sintesi brutalmente odiosa e scabra, evocante i fantasmi dell'”invasione”

Il campione di riferimento in realtà è descritto da pagina 16 a pagina 22, e la percentuale del 91 si riferisce agli arrivi via mare.

“Il barcone dei trafficanti” è un costrutto introdotto in traduzione per ovvi motivi di sviamento dell’interpretazione autentica, e curiosamente omette il fatto che sul totale di chi è arrivato in Europa con mezzi illegali, il 18% ha provato, con insuccesso, la tratta legale altrimenti.

E come avrebbe potuto? Nell’articolo da noi citato precisiamo che esistono in Africa luoghi dove ammesso che tu possa avere documenti validi per l’espatrio, nella pratica è impossibile che ti siano concessi.

Il 57% è sbarcato in Italia, il 30% in Spagna e il 7% in Grecia: dato decostruito

Anche qui, l’adattamento è liberalmente traditore.

Curiosamente, il nostro adattatore prende il dato del paese di prima registrazione, ma non del luogo in cui gli intervistati si trovavano al momento in cui il rapporto è stato redatto.

Vi abbiamo già detto in passato che Dublino prevede che prima gli immigrati (che in quanto irregolari per le citate ragioni non hanno documenti) vadano identificati dove sbarcano, e poi distribuiti nel resto di Europa.

Infatti, il dato viene da pagina 23, ma andando indietro a pagina 19 scopriamo che il 25% degli intervistati si trovava in Spagna, e solo il 16% si trovava in Italia, stessa percentuale dei presenti in Germania.

Naturalmente, presentare questo dato avrebbe costretto il condivisore indinniato a rendersi conto che il porto di sbarco, e quindi di identificazione è diverso dalla destinazione finale del migrante, demolendo quindi l’intero castelletto alla base del terrore irrazionale dell’invasione: quindi chi ha tradotto ha preferito glissare.

L’età media è di 24 anni, solo l’11% supera i 30, il 77% sono uomini contro il 23% di donne, bambini il 3% anche perché il 71% è single e più del 60% non ha figli. Ma la cosa più eclatante è che l’85% non scappa da nessuna guerra e non proviene da nessun paese affamato ma da aree urbane ben civiliazzate e oltre il 51% ha un lavoro a casa propria percependo entrate economiche: combo di disinformazione, bufala ed errore di correlazione

Sostanzialmente, affermare come eclatanti i dati sciorinati significa dichiarare di sapere del fenomeno migratorio ben più di quanto chi ha redatto il rapporto stesso ammette di aver capito.

La premessa del campione di rilevazione recita così

Scaling Fences draws on a detailed questionnaire administered in person to 3,069 adult African migrants (over 18 years of age at the time of interview) who had travelled from a total of 43 African countries of origin and were interviewed across 13 European countries. They had all arrived in Europe through irregular means at least six months before they were interviewed for this study. In the absence of any independent or verifiable means of determining who among the survey respondents travelled for what reasons, the research team used, as a proxy indicator, answers to a key question in the interviews about respondents’ self-reported most important reason for coming to Europe. Analysis of answers given to this question enabled the identification of 1,099 individuals (36 percent of total interviewed) who cited the following reasons as being most important: ‘avoid war/conflict’; ‘avoid persecution from government’; ‘avoid violent extremism/terrorism’; and ‘avoid gang violence’. For analytical purposes, across the data, these 1,099 individuals were separated from the rest of the sample, who cited economic or other reasons as their most important reason for coming to Europe. It must be kept in mind that assessment of asylum status falls under the jurisdiction of the state in question and claims can only be assessed by specialized national agencies. The classification made in this report is simply based on respondents’ own self-reported primary motivation.

Scaling fences si basa su un questionario dettagliato somministrato a 3069 migranti africani adulti, ovvero maggiori di anni 18 al tempo dell’intervista, provenienti da 43 paesi africani diversi e intervistati attraverso 13 paesi europei. Sono tutti arrivati in Europa irregolarmente almeno sei mesi prima di questo studio. Non potendo verificare in modo indipendente o verificabile le risposte relative ai motivi del viaggio, il team di ricerca ha usato come indicatore mediato la risposta alla domanda sulle ragioni più importanti per il viaggio in europa. Le analisi delle risposte hanno consentito di identificare 1099 individui ovvero il 36% del totale intervistato che hanno dichiarato come ragione più importante ‘fuggire dalla guerra/dal conflitto”; ‘Evitare persecuzioni dal governo”, “evitare il terrorismo e l’estremismo”, “fuggire dalle bande criminali”. Per motivi di analisi, questi individui sono stati separati dal resto del campione che ha citato ragioni economiche o affini come motivo più importante per giungere in Europa. Va tenuto presente che la verifica sull’asilo ricade nella giurisdizione del paese in questione e quindi può essere verificata solo da agenzie governative specializzate. La classificazione in questo rapporto deriva dalle ragioni primarie indicate.

Riassumendo: ogni migrante ha più ragioni per fuggire dalla sua patria, le ragioni si accavallano, e il provenire da un paese tecnicamente in pace non esclude automaticamente discriminazioni etniche, religiose, sociali o dettate da crimine ed estremismo.

Inoltre, la distinzione sessile tra i campioni, non può essere considerata rappresentativa dell’intero fenomeno migratorio, essendo il campione decisamente ristretto.

Ma è interessante per un fenomeno di cui parleremo ora: fugge chi non solo fugge dalla guerra, ma ha speranza di sviluppare una vita migliore in futuro.

E come dimostra la testimonianza di Carole dal Camerun, citata nel testo, parliamo di luoghi dove l’istruzione superiore è ancora negata alle donne, spesso adibite ai lavori domestici.

Ma la cosa più eclatante è che l’85% non scappa da nessuna guerra e non proviene da nessun paese affamato ma da aree urbane ben civiliazzate e oltre il 51% ha un lavoro a casa propria percependo entrate economiche: dati espressi in modo inesatto/errato/mistificato

Amettiamo che la percentuale dell’85% non sia prelevata dal dato della popolazione urbana, che per motivi misteriosi è stata trasfigurata in paesi non in guerra.

Quale parte di si fugge anche per discriminazione e calo della qualità della vita?

Dalla tavola sinottica a pagina 48 impariamo che il 77% del campione viene da luoghi dove non vi è alcuna fiducia della possibilità per il governo locale di garantire stabilità e sicurezza alle loro vite, ed il 51% munito di lavoro semplicemente ritiene di non poter avere possibilità di crescita e sviluppo.

Il dato sugli stipendi in madrepatria ed in Italia

Sostanzialmente, se tu, mio buon lettore, sapessi di poter guadagnare abbastanza per dare un’esistenza sicura ai tuoi figli, consentirgli di studiare e viaggiare dove potranno crescere e maturare come invidui, e ti fosse detto che per quanto abile, per quanto capace, per quanto in grado di ottenere di meglio dovrai sempre sgobbare per un minimo che potrebbe esserti tolto in ogni momento, senza possibilità di sbocco o miglioramento, che anche se i tuoi figli studieranno con profitto resteranno sempre bloccati nella stessa palude dove morirai senza aver mai combinato nulla di buono nella vita, e così i loro figli, nipoti e generazioni future, tu cosa faresti?

Prenditi del tempo per rispondere, e poi valuteremo la tua sincerità o ipocrisia.

Secondo tale rapporto emigrare in Europa per queste famiglie rappresenta un investimento, infatti il tutto coincide quando ci chiediamo come facciano a pagare 3mila euro allo scafista e perché hanno cellulari e catene d’oro – assoluta falsità

Vi rimandiamo per quanto sia odiosa la bufala degli immigrati coi cellulari e le catene d’oro ai nostri due articoli al riguardo. Sono linkati nella frase precedente, leggeteli prima di proseguire perché interroghiamo.

No, seriamente, interroghiamo proprio: se nella sezione commenti dei nostri social troviamo persone che scrivono senza tenere conto dei citati articoli, gli scatta il ban a vita. Perché vi avevamo avvisati, questo pezzo ci è costato impegno e fatica e quindi voi vi prendete un po’ di impegno e fatica.

No, perché vi abbiamo anche spiegato come vedere un oggetto scintillante in una foto di un ragazzo ritratto con Richard Gere non vi renda miracolosamente come il Rick di Affari di Famiglia pronto a stimare il valore degli oggetti più bizzarri a occhio.

E vedessi a noi…

E vi abbiamo più volte spiegato come, santo cielo non è che vogliono pagare lo scafista, è che i documenti non li hanno, e non è che il cellulare sia uno status symbol come per voialtri che vi indebitate fino al collo per esibire l’ultimo modello di iPhone e subissarci di queste assurdità.

Semplicemente, parliamo di persone che una vita la avevano, o sognavano una vita migliore, quindi un cellulare anche di poco conto se lo potevano permettere, e se lo tengono stretto perchè in un solo pezzetto di plastica hanno foto dei loro cari, mappe e la possibilità di comunicare con chi hanno lasciato in patria.

Purtroppo l’investimento nella maggior parte dei casi è sviluppato dalla criminalità organizzata che assolda per lo spaccio di droga e ad altre attività illecite i clandestini che così potranno mandare soldi nel loro paese e “farsi una posizione” – astrazioni e illazioni del condivisore spacciate per parti dello scritto

Il rapporto parla della questione delle rimesse in patria.

La stessa tavola sinottica ci ricorda che il 78% dei migranti manda rimesse in madre patria che diventano il 90% del reddito delle loro famiglie, in luoghi dove il divario tra sessi erode il 26% degli stipendi femminili e lo stipendio dell’emigrato medio supera (pag. 63) di tre volte quello di chi resta.

Quello che il nostro amico condivisore chiama “farsi una posizione” significa, semplicemente costruire una possibilità di una vita migliore.

Curiosamente, i nostri nonni e bisnonni partiti per le Americhe per mandare i dollari in Italia per costruire case e far sposare i figli sono da sempre ricordati come veri e propri eroi civici.

Ma quando sono gli immigrati stranieri a far la stessa cosa, ecco che quello che per noi era un dono prezioso, diventa una specie di vizio inutile.

Insomma, gente che, vedi sopra, si indebita per comprare un iPhone da usare per postare bufale, fiera condividere il desiderio di mandare risparmi in madre patria per consentire a chi rimane di non dover andar via per migliorare se stesso e la sua condizione un vezzo, come un farsi una posizione.

E questo è assai istruttivo

Quindi caro Ministro visto che non si tratta di motivi umanitari questa si chiama invasione, lo dice l’ONU – bufala

Ovviamente, l’ONU non ha mai detto questo.

Quindi non al ministro, ma ai lettori ci rivolgiamo.

Leggete ora il rapporto, ma quello vero, e per intero.

Se avete bisogno di dare un volto alle storie che leggete, potrete procurarvi una copia di Storie Migranti, di Sio e Bernardi per Feltrinelli.

Che vi dimostrerà come il bisogno di una vita migliore è qualcosa di deliziosamente umano. Tanto quanto condividere bufale è invece assai disumano.

 

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