Approfondimento

Il video che documenta come funziona la tratta dei migranti

Ci segnalano i nostri contatti il video che documenta come funziona la tratta dei migranti.

Fonte AGI, dovreste crederci, avendo imparato da noi il concetto di reputazione delle fonti. Eppure, ce lo segnalate lo stesso.

Perché c’è molta confusione, perché c’è molto relativismo, e perchè c’è chi coscientemente aggiunge sue personali interpretazioni della realtà.

Ma partiamo dai fatti, ed ecco il video, che potrete vedere cliccando qui.

Con la sua brava descrizione

Un peschereccio, la ‘nave madre’, traina un barcone dalla Libia verso l’Italia. Si ferma, fa accostare l’imbarcazione, poco più di uno scafo bianco senza nient’altro che un motore fuoribordo, e comincia il trasbordo di decine di persone. Sono migranti che indossano magliette colorate e giubbotti di salvataggio ancora più sgargianti.

La dimostrazione, come se non ce ne fosse ancora bisogno che la crudeltà degli scafisti rende necessarie operazioni di pattugliamento, sorveglianza e salvataggio.

Lo scafista non ha a cuore il benessere di nessuno: raccoglie i disperati, li carica come avete visto su un barchino e va via, lasciando che i profughi diventino naufraghi alla deriva.

Il concetto stesso di tassì del mare gli è irrilevante: è un po’ come la storia del cui se sei pagato in anticipo non sei motivato in alcun modo a soddisfare chicchessia: i soldi li hai presi, anche se i paganti dovessero morirti in mare due giorni dopo, ormai hai denaro.

Cosa è accaduto dopo

Questa volta, agli scafisti ricorda Open è andata abbastanza male. Per fortuna.

È giunto nel porto di Licata (Agrigento) il peschereccio – intercettato dalla Guardia di Finanza al largo di Lampedusa – che trasportava 81 migranti, di cui 75 uomini, 3 donne e 3 bambine, poi trasbordati su un barchino e infine tratti in salvo e fatti sbarcare a Lampedusa.

Le Fiamme Gialle hanno fermato i 7 membri dell’equipaggio, sei di nazionalità egiziana e un tunisino, che ora sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La “nave madre”, intanto, è stata scortata in porto dalle motovedette del reparto operativo aeronavale delle Fiamme Gialle; ad attenderla a terra i militari del nucleo Pef di Agrigento e del Gico di Palermo. L’indagine è condotta dalla Procura di Agrigento.

Mio cugino mi ha mostrato il filmato e dice c’entrano le ONG! Pure sulla pagina di Goccediluna05 lo dicono!

E tu ancora credi a tuo cugino e Goccediluna05, laureati all’Università della Vita un pochitto pazzerelli (cit) alla facoltà di riconoscimento dei Perzone Farzi?

Non dovresti: infatti nel video che documenta come funziona la tratta dei migranti le ONG non appaiono neppure, non sono neppure citate.

E perché i migranti vengono sempre salvati da quelle là?

Non sempre: i salvataggi da ONG sono quelli, sostanzialmente, che fanno più chiasso nella cronaca. Ma succedono anche salvataggi dati da motovedette della Guardia di Finanza e imbarcazioni private.

Fanno meno rumore ma succedono.

E come fanno le navi a sapere dove sono?

Semplicemente si parla di una questione statistica. Sappiamo che è uso comune dei trafficanti, quelli veri, arrivare al confine delle acque internazionali, scaricare su barchini improvvisati il loro carico umano (che ormai ha pagato quello che poteva pagare) e andarsene fuggendo alla chetichella.

Cosa comporta questo? Che, statisticamente, possiamo prevedere che in determinate zone SAR ci saranno dei disperati.

È un po’ come quando in una città ci sono degli incroci particolarmente pericolosi e tutti i cittadini, curiosi e operatori (vigili, ambulanze, medici e paramedici) sanno che nei giorni e nelle ore in cui c’è maggior traffico squillerà il telefono perché qualcuno ha fatto incidente ed è rimasto sull’asfalto a chiedere aiuto.

La situazione è la stessa: e non sarebbe logico accusare i medici di essere collusi con chi investe i pedoni agli incroci pericolosi.

Aggiungiamo che, per i motivi mille volte detti, è perfettamente logico che il naufrago medio, nel 2019, sia munito di smartphone. 

Non è uno scandalo, non è un bergognia fate girare ci hanno lo smarfon e laggente è ora di basta che stufa di stanchezza!

Non è materiale da Goccediluna05: tutti hanno un cellulare in tasca in questi giorni, chi fugge da un paese instabile, come è stato detto, non è lo scheletro vivente morto di fame e privo di ogni avere che tutti i “cattivisti” sognano che sia per rendersi migliori. È una persona come me e te, qualcuno che un tempo aveva una vita ed al quale tale vita, nel posto da cui fugge, è stata resa impossibile.

Quindi chi gli impedisce, se viene scaricato su un barchino a naufragare tra i flutti, di provare a chiamare aiuto, qualsiasi aiuto?

Esistono hotline, esistono soccorritori.

Se non ci fossero i soccorritori e le hotline non partirebbero, ecco!

E se l’aborto fosse illegale, le donne non abortirebbero mai?

E se fosse illegale soccorrerere le vittime di incidenti stradali tutti gli automobilisti del mondo cesserebbero di farlo?

Se non ci fosse alcuna forma di soccorso, semplicemente chi parte in mare e finisce naufrago alla deriva, morirebbe naufrago alla deriva.

Anche perché

Non esistono prove o legami giuridicamente accertati di legami ONG-Scafisti

L’abbiamo dimostrato questo riportando recenti interrogazioni parlamentari ed i risultati di sentenze, provvedimenti ed indagini ai tempi del caso Sea Watch 3.

Riportammo un rescritto (offerto, peraltro, da Libero), per cui:

Nel corso di un’audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, infatti, Patronaggio ha affermato: “I porti libici non sono da considerare porti sicuri”. Dunque, la toga ha aggiunto: “Quando si parla di porti sicuri non si intende solo un porto dove il naufrago può mettere piede sulla terraferma, ma un porto dove il migrante possa avere tutti i diritti garantiti”. Infine, Patronaggio ha concluso spiegando come “la zona Sar libica non appare presidiata dalla Guardia Costiera libica”. Parole con le quali il pm alleggerisce, e non poco, la posizione della Rackete. Per inciso, le parole di Patronaggio si intrecciano perfettamente con quelle di Enzo Moavero Milanesi, secondo il quale “si riscontrano oggettivi elementi che non possano far considerare la Libia come porto sicuro”.

Nonché

“Fino ad oggi non abbiamo avuto una prova di collusioni tra le ong e i trafficanti di esseri umani“.

È una questione giuridica, non ci sono legami giuridicamente dimostrati, quindi al momento non si può semplicemente parlare di legami ONG-Scafisti.

E sarebbe stolto farlo partendo da un video diffuso da seri ed affermati giornalisti che la parola ONG non l’hanno neppure usata.

Ed ora torniamo a noi: perché prenderci tutto questo tempo per l’esame?

Per raccogliere tutte le domande, anche quelle evidentemente erronee, e rispondervi.

 

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