Il glutammato non provoca cancro né malattie neurologiche

Sta circolando nuovamente un collage di affermazioni allarmistiche sul glutammato monosodico (noto anche come E621), in cui lo si accusa di tutto: emicrania, asma, sovrappeso, Alzheimer, Parkinson e persino cancro. Si mette in guardia contro patatine (per esempio le famose Pringles) e dadi da brodo, etichettati come “veleni moderni” che altererebbero il cervello e l’umore per spingerci a mangiarne sempre di più. Il tutto condito da un vago appello a “sperare che un giorno scoprano la verità”. Ecco alcuni esempi di disinformazione che possiamo trovare su Facebook.
Peccato che a differenza di quanto riportato nei post, la verità scientifica sia già ben nota da tempo. E dice tutt’altro.
Che cos’è il glutammato?
Il glutammato (o acido glutammico) non è altro che un amminoacido presente naturalmente nel nostro corpo e in moltissimi alimenti. Lo troviamo nei pomodori, nei funghi, nei formaggi stagionati, nella carne, nel pesce, nella salsa di soia e persino nel latte materno. Il glutammato monosodico è semplicemente la forma salina di questo composto ed è utilizzato da decenni come esaltatore di sapidità, per intensificare il cosiddetto gusto umami, quello “saporito” che rende piacevoli molti piatti. Insomma, non parliamo di un misterioso additivo artificiale creato in laboratorio, ma di una sostanza del tutto familiare alla nostra fisiologia.
La sindrome da ristorante cinese
Le paure attorno al glutammato derivano in gran parte da una vecchia leggenda urbana, quella della cosiddetta “sindrome da ristorante cinese“, un termine nato alla fine degli anni ’60 dopo la pubblicazione di una lettera in una rivista medica. In quel breve scritto, un medico ipotizzava che alcuni sintomi come mal di testa, palpitazioni o senso di oppressione al torace potessero essere associati al consumo di cibo cinese contenente glutammato. La notizia fece il giro del mondo e da allora nacque il sospetto che l’additivo potesse causare effetti avversi. Tuttavia, gli studi condotti successivamente non hanno mai confermato tale associazione. Al contrario, test rigorosi in doppio cieco hanno mostrato che le persone non riescono a distinguere tra cibi con glutammato e senza, nemmeno quando dichiarano di essere “sensibili”. Molto più plausibile è che i sintomi descritti fossero dovuti ad altri fattori, come l’eccesso di cibo, il contenuto di sodio, l’alcol o semplicemente un effetto nocebo. La tesi secondo cui il glutammato sarebbe una sorta di “droga alimentare” che induce dipendenza, stimolerebbe eccessivamente l’appetito e altererebbe il cervello è altrettanto infondata. È vero che il gusto umami può rendere un alimento più gradevole, ma questo non significa che sia in grado di manipolare la nostra volontà o agire come una sostanza psicoattiva. Il piacere che proviamo nel mangiare un piatto ben condito non è diverso da quello che deriva dall’assaporare un cibo dolce o salato: si tratta di meccanismi naturali, non patologici. E non esistono prove scientifiche che il glutammato causi dipendenza, né che sia responsabile di un aumento del peso corporeo indipendente da un contesto alimentare generale sbilanciato.
L’accusa di cancerogenicità è totamente infondata
Anche l’accusa più grave, quella secondo cui il glutammato sarebbe cancerogeno, non ha alcun fondamento. Non esiste alcuno studio scientifico credibile che abbia dimostrato un collegamento tra consumo alimentare di glutammato monosodico e insorgenza di tumori. A ribadirlo non sono solo singoli esperti, ma le principali autorità sanitarie mondiali: la Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), e l’Organizzazione Mondiale della Sanità tramite il Codex Alimentarius hanno tutte classificato il glutammato come un additivo sicuro per la popolazione generale, purché consumato in quantità ragionevoli, come del resto ogni altro ingrediente.
Serve davvero “abbassare i livelli di glutammato nel corpo”?
Nei post si legge anche che bisognerebbe “abbassare il glutammato nel corpo”, con tanto di riferimenti a farmaci e recettori cerebrali. Qui si sfiora il grottesco. Il glutammato, oltre a essere presente in molti cibi naturali, è prodotto anche dal nostro organismo e svolge una funzione importante nel sistema nervoso centrale, dove agisce come neurotrasmettitore eccitatorio. In alcune condizioni patologiche specifiche, come l’ictus o i traumi cerebrali, si può verificare un accumulo anomalo di glutammato nei neuroni, che porta a fenomeni di eccitotossicità. Ma si tratta di situazioni cliniche gravi, non di qualcosa che ha a che vedere con l’assunzione alimentare di glutammato monosodico. Suggerire che si possa o si debba “disintossicare il cervello” dal glutammato mangiando meno dadi da brodo o patatine è semplicemente fuorviante.
Attenzione alle sigle, ma senza allarmismi
Infine, la preoccupazione verso le sigle E620-E625, che spesso compare in post del genere, è un’altra manifestazione della paura irrazionale verso qualsiasi ingrediente con un nome tecnico. In realtà, quelle sigle indicano sali dell’acido glutammico, tutti autorizzati e testati per la sicurezza alimentare. Vederli sull’etichetta di un prodotto non è un segnale di pericolo, ma una garanzia di trasparenza.
Conclusioni
Il glutammato monosodico è l’ennesimo capro espiatorio della disinformazione alimentare. Non ci sono prove che faccia male, non è un veleno, non crea dipendenza e non provoca malattie neurodegenerative o tumori. La vera minaccia per la salute, ancora una volta, non è un additivo regolamentato e studiato, ma la disinformazione che si diffonde ogni giorno online senza il filtro della scienza e del buon senso.
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