Dragon’s Lair non è il primo gioco su LaserDisc, ma fra tutti è il più famoso. TV Tropes lo chiamerebbe il “trope codifier”, l’esemplare più “esemplare” di tutta la stirpe codificatore di tutti gli stilemi letterari del settore Film Interattivo.
Dragon’s Lair, il suo mondo perduto e l’ascesa del gioco interattivo su Laserdisc
Ma Dragon’s Lair ha una storia che viene da molto, molto lontano, e si incrocia con altri titoli del settore e con Halcyon, una mai nata console per film interattivi e avventure fantastiche.
E un intero mondo narrativo di avventure di Dirk l’Audace che, nonostante la sua fama, non avete mai conosciuto.
Cosa hanno in comune Dragon Quest, la saga di Wizardry e l’intero immaginario fantasy e dei GdR alla Giapponese, compreso Pokemon?
Derivano tutti da Colossal Cave Adventure, primo Dungeon Crawler, gioco di testo in cui bisognava esplorare delle caverne, arricchite di passaggio in passaggio, di giochi in giochi, di creature e suggestioni del fantasy.
Screen di Colossal Cave Adventure
Nel 1981 accadde però qualcosa di nuovo: Electro Sport decise di sfruttare la tecnologia del Laserdisc per un gioco di scommesse: Quarter-Horse.
I LaserDisc, abbiamo già visto, sono gli antenati degli attuali DVD e BD in un certo senso, media ottici non sequenziali in grado di registrare formati video.
Locandina di Quarter-Horse con scene in LaserDisc
Sostanzialmente potevi registrare una serie di scene su un LaserDisc e, come per un DVD moderno, saltare di scena in scena, cosa impossibile su una VHS (salvo con meccanismi complicati come per il fallito progetto del Control-Vision).
Electro Sport decise di vivacizzare un videopoker mostrando non sprite e immagini disegnate, ma scene vere di corse di cavalli. Tu punti i tuoi crediti su un cavallo, il cabinato sceglie una corsa tra quelle registrate, vedi un cavallo vero vincere o perdere.
Siamo nel 1981, in mondo dove se vedevi degli omini fatti di pixel eri fortunato, e la cosa sembrava un miracolo.
Immagine di Astron Belt
Solo un anno dopo uscì Astron Belt della SEGA, descritto da molti come il primo vero gioco per LaserDisc (squalificando Quarter-Horse per essere di fatto solo un umile videopoker/arcade per scommesse, per quanto superiore alla media), un complesso sistema basato sul Sega Laserdisc che combinava scene “spaziali” ed esplosioni registrate in live action a sprite sovraimpressi, con la possibilità, poi usata, di aggiornare il gioco cambiando il prezioso LaserDisc e la ROM di sistema contenente livelli e sprite.
Se Quarter-Horse passò di fatto inosservato, Rick Dyer, presidente di Advanced Microcomputer Systems (in seguito RDI Video Systems) fu mesmerizzato da Astron Belt e si chiese se avrebbe potuto fare un intero gioco fantasy alla Colossal Cave Adventure con lo stesso formato.
Rick Ryder decise così di creare un console/cabinato/qualcosa chiamato The Fantasy Machine. Non sappiamo molto di esso e non abbiamo foto del funzionamento dei suoi prototipi: sappiamo che un prototipo era fatto con nastri di carta con storie e immagini, e arrivò subito la versione basata su LaserDisc, che sarebbe poi stata ulteriormente rimodulata nell’Halcyon, console del 1985 prodotta in pochissimi esemplari-prototipi e che avrebbe dovuto essere venduta per 2500 dollari dell’epoca, naufragata per l’elevato costo prima che potesse avere una vera lineup di titoli.
Halcyon, il cui nome deriva dal motto “Halcyon days“, per indicare giorni spensierati e HAL 9000, il computer superintelligente del film 2001 Odissea nello Spazio, prometteva infatti una serie di avventure fantastiche (ma vedremo in seguito, anche fiction storiche, detective stories e di argomento scientifico) che avrebbero “superato i joystick” cancellando il concetto stesso di videogioco tradizionale per avere film interattivi con cui interagire con controlli vocali e “intelligenza artificiale” (ovviamente come abbiamo già visto, cosa passava per essa negli anni ’80, ovvero una serie di algoritmi che simulavano una passabile autonomia).
Non essendo mai uscita nessuna versione di Fantasy Machine dallo stato prototipale non sappiamo come sarebbe andata a finire.
Il primo prodotto fu un’avventura grafica chiamata The Secrets of the Lost Woods, col laserdisc che avrebbe proiettato scene statiche con musiche e narrazioni.
Halcyon, unica variante nota della Fantasy Machine
Non vide mai la luce del giorno e i potenziali investitori lo snobbarono, con un rappresentante di Ideal Toy Company descritto come aver mollato la presentazione a metà.
Ryder stabilì che l’insuccesso del LaserGame come strumento per la narrazione di avventure grafiche non dipendeva da limiti del mezzo, ma dai limiti dei creativi: da un film animato ti aspettavi vera qualità animata, e non uno slideshow con musiche. Decise quindi di ripartire da una delle ambientazioni di The Secret of the Lost Woods, un castello infestato da un drago, ma contattò Don Bluth.
Scena di Brisby e il segreto di NIMH, opera prima di Don Bluth
Siamo nel 1982 e Don Bluth, veterano della Disney, aveva provato al mondo il suo valore producendo Brisby e il segreto di NIMH, prima sua prova da sceneggiatore, animatore e regista.
Ryder decise che voleva Bluth nel progetto, per creare un prodotto davvero coinvolgente, e anche perché, come per molti progetti dell’epoca (vedi Final Fantasy) non c’erano soldi.
Due personalità di spicco potevano permettersi: l’esordiente ex veterano Disney Don Bluth e il doppiatore e attore Micheal Raye per fungere da narratore. Fine.
I soldi erano pochi, ma la fantasia era tanta. Don Bluth dovette fare tantissimo con poco: la storia praticamente si scriveva da sola: Dirk l’Audace (o l’Ardito, Dirk the Daring in originale) viene mandato a salvare la bellissima e biondissima principessa Daphne imprigionata dal malvagio Drago Singe nei sotterranei di un castello.
Il gioco è un’avventura grafica a binario: letteralmente un film interattivo in cui la storia si ferma in alcuni punti per decidere le mosse da fare. Ad esempio ad un certo punto della storia Dirk dovrà scegliere se saltare in una direzione o in un’altra per evitare un pavimento crollante. Sbagliare la direzione, o attardarsi nel decidere, porterà il cabinato a mostrare una scena in cui Dirk precipita nella lava morendo, mentre la scelta giusta comporterà la prosecuzione dell’avventura e così via.
Dirk l’Audace, dalla narrazione
Dirk nel primo gioco ha due battute in tutto, recitate dall’editor Dan Molina, sia perché non c’erano soldi che perché essendo Dragon’s Lair un gioco di limitata interattività Don Bluth decise di puntare tutto su un eroe simpatico e strampalato, buffo e un po’ imbranato che facesse tanta tenerezza nei giocatori e stimolasse l’istinto di proteggerlo e aiutarlo.
La bella Daphne ebbe la voce dell’animatrice Vera Lanpher, e le sue pose da prigioniera furono basate su una serie di paginoni centrali di Playboy, letteralmente perché la produzione non poteva permettersi modelle da posa (oggi probabilmente sarebbero stati scoperti subito danneggiando il successo dell’opera) e le colonne sonore furono fatte in fretta e furia da Chris Stone per EFX Systems di Burbank.
Eppure, nel milione di dollari di budget previsto (noccioline dell’epoca) c’era tutta la poetica di Don Bluth: un eroe coraggioso ma umano che supera i suoi limiti e le sue paure per trionfare su un nemico altrimenti invincibile, l’importanza del coraggio e del valore, e il concetto, sia testuale che metatestuale, di un underdog, uno sfavorito dalla vita che grazie alla capabietà raggiunge i suoi sogni.
La principessa Daphne
Concetto doppio perché, ovviamente, Dragon’s Lair si conclude con la vittoria di Dirk e il salvataggio di Daphne, e perché un gioco nato in pezzente economia divenne l’araldo di un intero settore.
Il primo cabinato fu pronto per il Chicago’s Amusement Operators Expo (AOE) del 1983: molti altri arrivarono in tutte le sale giochi. E dove arrivarono, fu festa grossa.
L’iniziale batch di cabinati fu modificato perché sostanzialmente i lettori LaserDisc (Pioneer LD-V1000 e PR-782) contenuti venivano consumati a morte, con tanto di guide per sostituirli con lettori più robusti e SIDAM, ditta di Torino passata dalla produzione di bootleg, copie illegali di cabinati alla produzione di prodotti su licenza, cominciò a produrre versioni del cabinato con un “monitor per gli spettatori” in modo che i ragazzini in attesa potessero guardare la partita del giocatore.
Dragon’s Lair fu anche il primo gioco a richiedere due quartini (25c, quindi mezzo dollaro) anziché un singolo quartino, accettando quindi il doppio dei gettoni per una partita, diventando uno dei principali record di vendite del periodo.
Paradossalmente, se Dirk fu lodato per essere un personaggio umano e simpatico, Daphne fu quella che ricevette le critiche più feroci, venendo descritta come la tipica damsel in distress dalla vocina acuta e stridula e costantemente seminuda.
Storyboard perduto di Dragon’s Lair IV
Ricordiamo che non era doppiata da una professionista, e la sua doppiatrice fu scelta proprio per la capacità di fare “vocette” per irritare il marito, responsabile degli effetti speciali, e covincerlo a prendersi le ferie per partire per la luna di miele, e ancora nel 2000 ci furono giornalisti che la definirono portatrice di una “vocina stridula in grado di stordire piccoli animali”.
Lo stesso Don Bluth difese la sua creatura, definendola “un ascensore che non arriva fino all’ultimo piano, ma serve comunque ad un suo scopo”: di fatto lo yin dello yang rappresentato da Dirk, l’archetipo della principessa femminile e delicata, temperata da una natura capricciosa ed un po’ irritante, contrapposta all’archetipo dell’Eroe senza macchia, temperato però dall’essere goffo e un po’ tenero: solo sul finire della saga apparve uno storyboard per un quarto capitolo (quindi successivo al 1993) con una Daphne eroica amazzone. Come vedremo in seguito, il concetto fu scartato nei videogames.
Ma l’insieme un po’ fatto in casa, un po’ “disegnato da Don Bluth” accese il faro sul genere.
Dragon’s Lair ispirò un intero genere.
Nel 1984 Funai in Giappone fece la stessa operazione vista in America contattando Yoshitaka Amano, storico disegnatore della Tatsunoko e futuro disegnatore per Final Fantasy per animare un sua avventura grafica, Esh’s Aurunmilla, con lo stesso semplice gameplay a binario in cui l’eroico Don Davis, cavaliere dello spazio, deve salvare una principessa spaziale, Sindy, dall’uomo diavolo Esh e la crudele Orishala.
Scena di Esh’s Aurunmilla
Taito nel 1985 contattò lo studio di animazione Toei per creare invece Time Gal, storia dove la sensuale tempoliziotta Reika deve fermare un ladro spaziale vivendo una serie di buffe avventure nello spazio tempo.
In ambo i casi il gameplay è lo stesso di Dragon’s Lair: il giocatore deve scegliere tra delle mosse alternative, e a seconda della sua scelta l’eroe morirà o la storia proseguirà. Ovviamente vi sono delle piccole varianti per cercare di spiccare (ad esempio in Time Gal vi sono due tipi di eventi a tempo, uno in cui bisogna scegliere quale bersaglio Reika dovrà colpire con la sua pistola ed uno in cui Reika fermerà il tempo per qualche secondo dando al giocatore modo di scegliere una tra tre possibili azioni), ma l’ossatura di ogni LaserDisc nato da Dragon’s Lair è il film interattivo a binario fisso. C’è sempre e solo una storia, e devi essere abile nel proseguirla.
Scena di Time Gal
Sempre nel 1984 Ruby Spears fece una serie animata ispirata a Dragon’s Lair, senza però coinvolgere Don Bluth, serie in 13 episodi il cui gimmick era spezzare ogni episodio a metà per lo spot pubblicitario chiedendo allo spettatore cosa avrebbe fatto al posto dell’eroe per poi, imitando il gameplay del primo gioco, mostare brevemente gli esiti della scelta peggiore (solitamente delle morti buffe e grottesche) e proseguire la storia dalla migliore, deridendo sadicamente il piccolo spettatore a casa qualora avesse fallito nell’indovinare la scelta migliore.
La serie di distingueva dalla saga di videogiochi per l’assenza del tratto iconico di Don Bluth, che Ruby Spears come detto non poté/volle coinvolgere e per un ruolo più attivo della Principessa Daphne, ora esperta cavallerizza (sia pur “all’amazzone”) e incline a partecipare alle avventure di Dirk, anticipando quello che sarebbe diventato lo storyboard perduto di Dragon’s Lair IV.
Scena di “Una spada per un Cavaliere”
Dirk che nel primo adattamento italiano divenne Sir John, doppiato dal celebre Luca Ward, con l’intera storia diventata “Una spada per un Cavaliere” perché, evidentemente, gli adattatori del 1988 erano del tutto privi di dimestichezza col fenomeno planetario che era diventato Dragon’s Lair.
Dragon’s Lair ebbe diversi porting per diverse console e computer dell’epoca, ovviamente giochi del tutto diversi (solo il Laserdisc poteva ospitare l’animazione di Don Bluth), a scorrimento oppure a scelta multipla su pixel art “tradizionale”.
In alcuni casi, come il porting per Amiga, la fedeltà all’originale era assicurata dal vil denaro, oltre alla versione compressa su floppy con sprite per “rianimare le scene” era disponibile un kit che avrebbe consentito di collegare all’Amiga un lettore LaserDisc compatibile per riprodurre l’esperienza video originale, cosa, ovviamente, con un costo non indifferente.
Una piccola perla fu la versione per il GameBoy Color con lo stesso meccanismo a scelta multipla dell’originale ma ricompresso e ripulito per diventare “portatile”.
Era comunque il 2001: il GameBoy Advance era appena arrivato e il GBC aveva chiuso l’era del retro, e avere un porting fedele nel gameplay e un intero film compresso in una cartuccia minimale fu più un esperimento tecnico.
Tra dicembre 1983 e luglio 1984 (in America, Europa e Giappone) Rick Dyer rilasciò uno spin off spirituale di Dragon’s Lair, Space Ace, più simile all’ispirazione “galattica” di Astron Belt.
Anche Space Ace fu fatto in economia, e con non solo un gameplay, ma una storia quasi identica. In Space Ace l’eroe spaziale Dexter deve combattere il malvagio Comandante Borf che ha rapito la bella cadetta spaziale Kimberly e minaccia la terra con l’Infanto Ray, raggio che ringiovanirà tutti i terrestri all’infanzia per renderli facili da conquistare.
Scena di Space Ace: notare il riciclo creativo dei modelli
Dexter stesso è stato colpito dall’Infanto Ray, ed ora ha due forme in gioco, un adolescente gracile e imbranato e un adulto possente ed eroico.
Il gameplay “rinnovato” prevede la scelta tra livelli di difficoltà (ai livelli più facili hai più tempo per scegliere, ma tutte le scene particolarmente complicate vengono tagliate) e la possibilità di attivare la modalità “energizzata” in cui Dexter torna adulto.
Anche Space Ace ebbe versioni “meno interattive” sparse per le varie console, e godette di un certo successo, sia pur inferiore a quello del cugino ricco e famoso.
Un interessante ma meno noto esperimento fu Thayer’s Quest del 1984, nato inizialmente come uno dei soli due giochi usciti per Halcyon e poi riconvertito in un cabinato.
Nel 1990 approfittando della diffusione delle console su CD, Thayer’s Quest fu reimpacchettato come Kingdom: Far Reaches e munito del seguito, previsto ma scartato all’origine per riapparire solo negli anni ’90, Kingdom II: Shoadan.
Space Ace: l’Infanto Ray
La cosa più interessante della saga di Shaodan è che tecnicamente essa fa parte dell’universo narrativo di Dragon’s Lair, o meglio secondo Dyer Dragon’s Lair nasce come spin-off dello Shaodan-verso, ed entrambe le saghe derivano quindi dal mondo de The Secrets of the Lost Woods, mentre Space Ace ne è una versione futuribile.
Al netto della storia riavviata in Kingdom (i nomi e alcune ambientazioni furono aggiornate perché “troppo anni ’70”) il Principe Lathan (il Thayer del primo capitolo arcade ribattezzato) deve vagare per un mondo magico per radunare gli elementi di un mistico amuleto e salvare il mondo stesso dal male, mentre Dirk si limita a salvare la sua amata.
Scena di Thayer’s Quest
Se Dragon’s Lair era un film interattivo di Don Bluth Shaodan avrebbe dovuto essere “Il Signore degli Anelli” di Dyer, dare corpo a quel mondo incantato e consentire al giocatore di esplorarlo, realizzando i sogno originario dei Segreti del Bosco Perduto.
Nella Bibbia Narrativa secondo Dyer, Kingdom avrebbe dovuto quindi essere l’intero mondo narrativo dello Shaodan-verse, del quale The Secret of the Lost Wood sarebbe stato un singolo territorio del quale Dragon’s Lair sarebbbe stata la storia di soli due personaggi: Daphne e Dirk.
Scena di Shaodan
Complice l’uscita come Thayer’s Quest su una console nata morta e come kit per cabinati occupati da Dragon’s Quest e l’arrivo negli anni ’90 come gioco per PC e CD-i, molti dei lettori conoscono del mondo di Shaodan solo la piccola porzione popolata da Dirk.
Una interessante nota a margine è che tra le infinite versioni di Dragon’s Lair non ne esiste nessuna per Halcyon.
L’Halcyon ebbe solo due giochi al lancio di sei previsti: il citato Thayer’s Quest eNFL Football: LA Raiders vs SD Chargers(normale gioco di calcio inframmezzato da scene registrate da reali partite). Furono scartati a causa del citato fallimento commerciale di Halcyon il film interattivo Orpheus, il film fantascientifico Shadow of the Stars, la detective-thriller story The Spirit of the Whittier Mansion e un lasergame ispirato alla vita di Giovanni Caboto chiamato Voyage to the New World.
Nel 1985 Nolan Bushnell, ex programmatore Atari, decise che sostanzialmente i giochi LaserDisc erano stupendi, ma costavano troppo. Ricordiamo che l’Halcyon costava 2500 dollari e i cabinati di Dragon’s Lair erano tutti a doppio prezzo, mantenuti chiedendo il meritato obolo del doppio gettone.
Scena da The Spirit of the Whittier Mansion
Creò un modo per ottenere un gameplay simile basandosi su una cassetta VHS, formato non lineare, usando però il buffer della console: laddove in Dragon’s Lair il LaserDisc era libero di saltare in diverse scene, nel Control-Vision ogni scena sarebbe stata affettata e appaiata. Ad esempio, considerando A la scena in cui Dirk vive e B la scena in cui Dirk muore, un’ipotetico porting Control-Vision di Dragon’s Lair avrebbe avuto uno spezzone ABABABABABAB rimontato al volo dal buffer di sistema, mentre il LaserDisc poteva comodamente gestire AAAAAABBBBBB e così via.
Abbiamo parlato in dettaglio in un diverso articolo di come dal Control Vision, console mai realizzata, si arrivò ad una serie di fetide avventure a scelta multipla create da Tom Zito, tra cui Night Trap.
Scena da Night Trap
Night Trap nacque essenzialmente come la risposta a Dragon’s Lair creata quando non hai né i mezzi, né Don Bluth, ottenendo un prodotto che uscirà solo, reimpacchettato su CD, nel 1991, un bizzarro incrocio tra una storia horror di serie B e un pornosoft e in tempo perché il Congresso degli USA chiedesse una censura di fatto dei videogames.
Come visto nel capitolo precedente, anche RDI aveva in mente una sua storia di detective, ma The Spirit of the Whittier Mansion avrebbe portato due sposi novelli in un casa infestata da mostracci alla Scooby Doo, mentre Night Trap finì ad offrire un gruppo di cheerleader seminude insidiate da vampiri/ninja/zombie.
Anche in questo caso, forse Dyer aveva ragione e la qualità intrinseca di un gioco è tanto buona quanto la trama che riesci a sviluppare.
Entrambe le saghe ebbero diversi sequel: nel 1991 Dragon’s Lair II: Time Warp ci presentò un Dirk ora sposato con Daphne (e una decina o dozzina di marmocchi, anche se Don Bluth stesso insisteva nel trovare divertente il fatto che Daphne e Dirk sarebbero rimasti eternamente belli e giovani nonostante l’evidente scorrere del tempo e un ritmo di parti degno di una coppia di conigli…) mandato a spasso nel tempo per salvare la moglie da un crudele stregone che, avete intuito, l’ha rapita per portarla in mondi passati e fantastici allo scopo di costringerla a divorziare dall’eroico marito e sposare lui.
Il sequel introdusse alcune piccole modifiche nel gameplay, come dei checkpoint, eventi fissi e scrigni da conquistare.
Un anno dopo Dragon’s Lair III riutilizzò sequenze disegnate e mai usate da Don Bluth per il secondo per introdurre la sorella cattiva dello stregone cattivo del secondo capitolo che, avrete indovinato ha rapito Daphne per vendicare il fratello morto mentre stava rapendo Daphne in un loop ricorsivo dedicato ad una intera famiglia sterminata per cercare di rapire Daphne.
Apparentemente Dirk e Daphne hanno avuto molto tempo libero tra un rapimento e l’altro
Anche Space Ace ebbe un suo seguito, Borf’s Revenge ottenuto da materiale scartato dal primo capitolo.
Nel 2002 fu creato un remake/reboot della saga in 3D, creato ad imitazione dello stile di Don Bluth e con sequenze animate prodotte dallo stesso. E questo vi spiegherà come mai il genere finì.
Non perché la saga non fosse amatissima: in fondo ancora lo è, ma semplicemente col tempo la potenza di calcolo e le abilità delle console andavano crescendo, e oggi possiamo avere giochi in 3D iperrealistico, o col tratto da film interattivo in veri e propri open world.
Tears of the Kingdom, esempio di Open World moderno
Il punto di forza di Dragon’s Lair era diventato il suo punto debole: il giocatore moderno può esplorare ad esempio il mondo di Breath of The Wild e Tears of the Kingdom viaggiando e combattendo in un mondo animato come un bellissimo film di animazione esplorandolo in ogni ordine che vuole e tornando in ogni momento, mentre un’avventura a binario fisso ti nega quel momento di esplorazione.
Un LaserDisc di Dragon’s Lair è custodito allo Smithsonian assieme a Pong e Pacman per la sua capitale importanza.
Dragon’s Lair ha profondamente innovato il concetto stesso di fiction interattiva, e tutt’ora è possibile acquistare porting per computer e console di nuova generazione, o emulare mediante DAPHNE diversi dei giochi usciti su LaserDisc.
Da un gioco nato letteralmente con tanti sogni e un budget striminzito è nata un’intera epoca: non tutta di giochi pregevoli, ma senza la quale il panorama videoludico attuale sarebbe stato del tutto diverso.
Gameplay di Ni No Kuni
Per quanto il “binario fisso” fosse un sistema di gioco limitato, Dragon’s Lair ha inoltre anticipato l’era del “gioco autoriale”, avventura grafica disegnata da artisti di grido, film interattivo gemma tra i videogiochi, anticipando le matite di Amano dietro Final Fantasy e la mano di Toriyama in Dragon Quest, ma anche fenomeni moderni come la saga di Ni no Kuni, Titolo Bandai con la collaborazione dell’iconico Studio Ghibli di Hayao Miyazaki.
Se Halcyon non fosse stato annientato dalla sua stessa natura avveniristica come è avvenuto con Control-Vision, probabilmente il già amato filone delle avventure laser alla Dragon’s Lair avrebbe avuto oggi una rilevanza ancora più capitale.
Ma anche così, il suo contributo è innegabile.
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