Trentuno anni fa nasceva la leggenda metropolitana della donna che fa causa a McDonald’s per un caffé
Trentuno anni fa nasceva la leggenda metropolitana della donna che fa causa a McDonald’s per un caffé, simbolo per il popolo della rete di diverse delle loro credenze, e tutte false.
Un mefitico miscuglio di stereotipi sull’America più caciarona: gli avvocati cattivi che fanno cause frivole per spillare quattrini, l’americano grasso e stupido che va al McDonald’s a fare cose stupide, il vago e compiaciuto boomerismo dei “Ai miei tempi quando compravi la brum brum ti mettevano il manuale per riparare la macchina da soli perché eravamo veri uomini possenti, ora ti dicono di non bere il fluido della batteria perché i 2000 sono tutti bambini stupidi (anche se ora hanno 25 anni…)” e, per finire, qualche staffilata alle multinazionali malvage.

Trentuno anni fa nasceva la leggenda metropolitana della donna che fa causa a McDonald’s per un caffé
La storia che conoscete è la seguente: una “donna americana” va a comprare il caffé al McDonald’s, lo beve in macchina, se lo butta addosso, si scotta le parti immezionabili, siccome “in America sono tutti stupidi” fa causa per milioni di miliardi, e siccome gli avvocati sono tutti avidi e cattivi, i giudici stupidi e cattivi e tutto il mondo è stupido e cattivo tranne quel genio del boomer dietro la tastiera che legge la storia e clicca condividi, il giudice decide di rendere la donna cattiva e probabilmente anche sovrappeso a causa di tutti quei panini miliardaria e ordinare a tutte le ditte del mondo di scrivere “Attenzione: il caffé è caldo” sopra le tazze del caffé perché sennò orde di americani grassi e stupidi si scotteranno ed eserciti di avvocati arruffoni e stupidi come il Saul Goodman televisivo faranno causa a tutti.
Ma la storia di passaggio in passaggio è stata resa grottesca e la “donna cattiva” ha un nome e cognome, e non era neppure nel torto.
Si chiamava Stella Liebeck, 89 anni nel 1992.
Trentuno anni fa nasceva la leggenda metropolitana della donna che fa causa a McDonald’s per un caffé
Nel Febbraio del 1992 Stella Liebeck si ferma col nipote ad un McDrive del New Mexico, ed ordina un caffé. Il caffé le viene servito Americano, quindi lungo, nel solito bicchierone di carta col cappuccio di plastica, ad una temperatura tra i 180 e i 190 gradi Fahreneit. Per capirci, quasi 88 gradi centigradi.
88 gradi centigradi è la temperatura perfetta per l’infusione ma non per servire un caffé.
La temperatura per sorbire il caffé non dovrebbe superare i 70 Gradi Celsius: questo è il limite in cui il caffé ha ancora un aroma e un sapore e non è un liquido ustionante senza alcuna qualità a renderlo godibile, ma una tortura medioevale.
La signora ovviamente si aspettava un caffé tra i 60 e i 70 gradi come si usa nel resto del mondo civile, e le arriva una palla di lava a 90 gradi. Toglie il coperchio per mettere zucchero e panna, le rotola addosso un liquido a 90 gradi e subisce ustioni di terzo grado nella zona genitale/perianale, praticamente in mezzo alle gambe.
Succede che la donna fa causa a McDonald’s per chiedere non miliardi di miliardi in quanto “stupida americana” e il cartello “Il caffé è bollente”, ma diecimila dollari di spese mediche. McDonald’s rilancia con 800 dollari e un “vai a quel paese”, l’avvocato della donna Ken Wagner porta avanti la causa.
Arrivati alla Corte Distrettuale di Albuquerque si viene a scoprire che per nove anni prima McDonald’s aveva registrato almeno 700 incidenti causati da caffé servito a 90 gradi o altre temperature laviche.
La giuria si dichiara sconvolta non dal caso in sé, ma da quasi un decennio di caffé lavico servito random senza alcun motivo: la Signora Liebeck riceve 160mila dollari di risarcimento, e la giuria condanna McDonald’s a una sanzione di 2,7 milioni.
Sanzione che non era destinata alla donna e rappresenta due anni di caffé “lavico” servito ai clienti.
La sanzione viene ridotta a 480mila dollari, McDonald’s patteggia con la donna e promette di portare la temperatura finale del caffé a 80 gradi massimo.
Perché la leggenda si diffonde
Ma a questo punto diventa comodo dipingere la signora Liebeck come una donna brutta, stupida e cattiva che ha subito ferite umilianti e mutilanti per colpa della sua stupidità e gli avvocati come cattivi arruffoni.
E il motivo è duplice: agli occhi del popolo, parliamo comunque del genere di persone che oggi si sentono virtuose credendo a improbabili video creati con AI ma hanno un fortissimo bisogno della leggenda metropolitana della “persona brutta, sciocca e cattiva” per sentirsi meglio.
Dal punto di vista legale, era il perfetto cavallo di battaglia proprio per multinazionali e simili.
Banalizzando l’intero dibattito sulla responsabilità dell’esercente e del produttore in “evabbé ma sono i clienti che sono stupide Karen cattive che pretendono i soldi perché non sanno bere il caffé”, divenne possibile fare lobby e pressioni per difendere le povere ditte dai clienti stupidi, banalizzando l’intero dibattito a “è sempre colpa del cliente”.
Ti ho venduto un frullatore col coperchio malsicuro e tuo figlio ci ha messo la mano dentro distruggendo le dita? Potresti farmi causa, ma io potrei citare “La donna del McDonald’s” e dichiarare che sei un genitore stupido e tuo figlio idiota e bastava non toccare il frullare.
Ti ho venduto un cellulare e la batteria prende fuoco? Posso darti la colpa dicendo che non dovevi tenerlo in tasca e così via.
Dalla leggenda della donna che si butta il caffé addosso sono discese una serie di pratiche peggiori della storiella da raccontare.
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