Outrun: c’era una volta un sogno, e ora anche un film

Uno dei capolavori del mondo retro, Outrun, sta per diventare un film. Cogliamo l’occasione per ricordare il lungo cammino che dal passato ci porta al presente, e da un film ci porta ad un film.

Outrun: c’era una volta un sogno, e ora anche un film (Intro versione Mega Drive)
Le origini di Outrun sono sia nel mondo dei cabinati che nel mondo del cinema, come vedremo.
Yu Suzuki e il mondo dei Taikan
Siamo nel 1986, e SEGA è ancora un pezzo grosso. La Terza Generazione delle Console è in pieno vigore, l’era dell’Atari VCS e l’eterno “Atari? Magari!!” ormai è finita, la Seconda Generazione sta mostrando i suoi liti feroci e la Terza Generazione è appannaggio dei Giapponesi di Nintendo e SEGA e di chi, come Commodore, ha imparato “a pensare come i Giapponesi”.
Ma anche il mondo Arcade è ancora vivo: i ragazzini affollano le sale giochi coi loro gettoni in tasca e i genitori preoccupati che possano diventare un esercito di ludopatici che passano in scioltezza dalla “droga” dei videogames agli spinelli delle cattive compagnie che affollano cotali luoghi di perdizione e chi non può permettersi una console a casa va a giocare con gli amici nelle sale giochi.

Yu Suzuki, creatore di Outrun
Yu Suzuki, imprenditore e programmatore Giapponese, era in SEGA già da tre anni ormai, ed era un prodigio. Il suo primo gioco “Champion Boxing” fu un successo così totale che nonostante fosse nato per l’SG-1000, prima iterazione di quello che sarebbe diventato il Master System, SEGA decise di costruire un cabinato intorno ad un SG-1000 per mandarlo in Sala Giochi.
Ma Suzuki non si fermò lì: era un amante dei motori e della velocità, nonché il precursore del fenomeno dei Taikan, ovvero i cabinati con ritorno di forza che danno l’illusione di trovarsi in un mezzo del mondo vero.
Creò in questo modo Hang-On, per il quale fu costruito un hardware apposito senza il quale Outrun non sarebbe mai nato.
Hang-On fu uno dei più famosi e rinomati giochi di guida: Suzuki si ispirò al mondo delle rombanti motociclette sin dal titolo, nato per puro errore.
Suzuki, che per creare Hang-On si era appassionato al mondo della velocità, aveva sentito parlare della tecnica “hang off” nella quale il motociclista si “appende” alla moto angolandosi, ma nel pieno e opulento stile engrish Giapponese (l’uso di parole inglese a caso e perché “fanno figo”, fenomeno onnipresente nel mondo retro) si era convinto tale tecnica si chiamasse Hang On, ma avvedutosi dell’errore decise che il titolo era comunque attraente.

Ragazza giapponese guida “all’Amazzone” sul cabinato di Hang On, fonte X
Creò un Taikan, cabinati a forma di moto con sensori di forza per simulare l’esperienza della guida e che consentissero di inclinarsi. Cabinati così perfezionati che le ragazze giapponesi dell’epoca, la cui moda ispirata alle Pop Idol degli anni ’80 prevedeva tacchi vertiginosi, minigonne e permanenti inventarono una variante della “seduta all’Amazzone” apposta per usare il cabinato di Hang-On a gambe incrociate senza mostrare le mutandine o doverle sfregare sulla sella della moto virtuale.
Hang-On ebbe un sequel spirituale in Space Harrier, altro Taikan basato su una versione evoluta dell’hardware di Hang-On con supporto al 3D, o quantomeno l’approssimazione dell’epoca, con uno dei chipset più perfomanti della sua epoca.
Suzuki in questo caso volle riaccendere i fasti dei giochi “spara spara” spaziali prendendo un Harrier, un aereo militare, e trasformandolo in una possente nave spaziale, questa volta con una cabina ed un comodo sedile che avrebbe consentito alle fanciulle di non dover reinventare la posa all’Amazzone.
Ma oramai Suzuki era appassionato di velocità.
Dalla Corsa più Pazza di America a Outrun
Nel 1981 era uscito in America un film di cui Suzuki divenne un avido fan: La corsa più pazza d’America, ovvero Cannonball Run, film diventato saga cinematografica (giusto nel 1984 ne uscì un sequel) dove un gruppo di pittoreschi personaggi si sfidavano in una corsa semiclandestina per onore e gloria.
Suzuki però si unì al coro di chi riteneva che Cannonball Run fosse un film poco curato e con poche ambientazioni: partì per un suo viaggio alla ricerca di ambientazioni europee, e si innamorò delle auto Ferrari.
Chiese e ottenne che il suo team studiasse una Ferrari Testarossa, e sia pur non avendone i diritti disegnò per il gioco una ipotetica “Testarossa cabriolet” inesistente nella vita reale, con tanto di cavallino rampante, livrea rosso Ferrari e suoni del motore imitati.

Outrun, versione Mega Drive
Ironicamente, nel suo viaggio Suzuki non potè permettersi una Ferrari: attaccò ad una BMW 520i una fotocamera e in due settimane girò per diverse località di Europa, dall’Autobahn in Germania fino alle strade di Italia passando per la Svizzera e la Francia, lodando il calore dei popoli mediterranei inclini a indicare al team la strada quando si erano persi.
Una nota leggenda metropolitana vuole Ferrari querelare SEGA: in realtà l’ipotesi più probabile è che dopo qualche mugugno Ferrari abbia acconsentito qualche forma di uso dei diritti nei capitoli successivi della saga, dove delle Ferrari compaiono.

Selezione musica: versione Mega Drive
C’erano quindi ambientazioni (un’Europa romanzata e semplificata), una Supercar (una Ferrari romanzata), e mancavano le OST, che furono affidate al prolifico autore Hiroshi Kawaguchi.
Lo scopo di Suzuki fu creare però un gioco che fosse diverso da ogni cosa che si era mai vista prima: non un videogioco, ma un mezzo per “Ricreare nei videogames le cose più interessanti nella vita”.
“A differenza dei rigidi giochi di corse [dell’epoca], sono stato in grado di creare un nuovo genere di gioco di guida in cui avresti guidato con una sola mano sul volante, una bella ragazza al tuo fianco, ascoltando l’autoradio mentre potevi lasciare i tuoi avversari nella polvere”
in quanto
“Ho pensato che sarebbe stato divertente mostrare in un gioco la semplice e semplice soddisfazione di scagliarsi il traguardo in una rombante supercar”.
Arriviamo così all’esperienza finale di Outrun.
L’esperienza di Outrun
Il giocatore entra in sala giochi. Si imbatte in un cabinato-cabina che raffigura una Ferrari Testarossa “di poco modificata” con due casse ai lati degli sportelli come una utilitaria dell’epoca, e anche moderna, perché il fascino della guida è anche l’autoradio.
Prima ancora di iniziare a giocare ti viene richiesto di scegliere tra quattro melodie in stile Synthwave, genere popolarizzato anche da Outrun: ‘Splash Wave’, ‘Passing Breeze’ e ‘Magical Sound Shower’.
In realtà Suzuki e Kawaguchi avrebbero voluto otto musiche scelte tra “quello che avrebbero voluto sentire in un lungo viaggio”, ma per quanto l’hardware di Outrun fosse tra i più performanti dell’epoca, semplicemente non c’era spazio per otto melodie synthwave da 150 bpm, come non c’era spazio per otto veicoli diversi e diverse scene tra un livello/circuito e l’altro per raccontare la storia delle otto coppie di piloti.

Sequenza di selezione musica, SEGA AGES Ver
Bisognava arrangiarsi su molto: se in origine il giocatore avrebbe scelto una di otto cassette, nella versione definitiva il giocatore sceglie una di quattro stazioni radio (con una animazione più semplice), la possibilità di selezionare tra cambio sequenziale e automatico (sequenziale a due marce, peraltro, niente retromarcia) e parte sulla sua “SimilTestarossa” con a fianco una affascinante bionda col vento tra i lunghi capelli.
Una Volkswagen Beetle del 1972, una Chevrolet Corvette del ’71, una Porsche 911 del 1985, come una BMW 325i Cabriolet E30 e un generico camion appaiono tra gli ostacoli da superare: sbattere su un veicolo, al contrario dei giochi dell’epoca, non comporta esplodere in una palla di fiamme, ma “bloccarsi” per qualche secondo, raddrizzare la macchina e ripartire rischiando di far tardi al checkpoint, dimostrando una certa resistenza di pilota e biondina (che vengono comicamente sbalzati fuori dalla Ferrari per poi saltare di nuovo sui sedili e ripartire, scena ripresa quasi uguale da Hang On).
Se non finisci la tappa in tempo, il gioco finisce. Se lo fai, un “bivio” ti consente di scegliere tra diversi circuiti, per un totale di quindici circuiti e cinque possibili punti di arrivo, ispirati alle località europee viste da Suzuki.
Primo punto a favore dell’esperienza Outrun: per vedere tutto devi giocare più e più volte, arrivando ai diversi punti di arrivo per le possibili combinazioni di strade.

Mappa dei tracciati, SEGA AGES ver
Punti di arrivo nei quali una bella hostess provvede a consegnarti una coppa, suscitando un po’ di gelosia nella bionda.
Secondo punto a favore, l’uso del motore grafico e Hardware di Space Harrier consentiva una simulazione del 3D imprevista per gli standard dell’epoca, e per la prima volta in un gioco di guida ti trovavi in una autostrada a più corsie con la visibilità ridotta tra auto che ti venivano addosso ed auto da superare.
Terzo punto a favore, oltre al cabinato “stile impiedi” ecco che torna il Taikan, il tuo bel sedile da pilota con volante, cambio, casse che pompano musica synthwave e l’illusione di affrontare le strade di Europa in dolce compagnia.

No Gear Gacha, cartellino venduto da Retrobit8bit shop
Quarto punto a favore, Outrun fu uno dei primi giochi, se non il primo, ad avere una fedeltà assoluta alle leggi della fisica: cose come la coppia motore, gli effetti dello scalare le marce sulla guida, dell’aderenza delle gomme su strada furono replicati traducendosi in uno stile di guida in cui chi era già in grado di guidare un’automobile partiva avvantaggio (e di converso, ragazzini che si fecero le ossa su Outrun erano praticamente avvantaggiati nel guidare auto col motore automatico). Questa verosimiglianza però si scontrava coi limiti tecnici di un cambio sequenziale a due rapporti: era possibile evitare l’effetto collaterale di vedere l’auto rallentare guidando sulla sabbia o sul terriccio fuori dall’asfalto scuotendo avanti e indietro la leva del cambio, il cosiddetto “Gear Gacha” (“scuotimento della leva del cambio”, appunto), amato dagli speedrunner, odiato assai dai gestori di sala giochi.
Quinto punto a favore, OutRun fu l’arcade più venduto del 1986, con 20.000 cabinati venduti in tutto il mondo nel solo primo anno, divenuti 30.000 nel 1993.
La leggenda di Outrun
A questo punto Outrun diventa leggenda, e viene “portato”, ovvero tradotto per le principali console dell’epoca. Ovviamente il porting più fedele spettò al Master System, console sulla quale era nato il motore di gioco originario, ed alla sua controparte portatile il Game Gear, mentre il porting migliore arrivò per il Mega Drive, usando le capacità della console di quarta generazione per replicare i progressi nello Space Harrier Engine e aggiungere una nuova traccia audio chiamata Step on Beat.
Interessante la storia del Porting per Commodore 64: un backport, ovvero una versione inferiore per venire incontro alle limitate capacità del Commodore 64 che per quanto performante e tra le migliori piattaforme di gioco dei suoi tempi, cominciava a piegare le ginocchia dinanzi al cabinato di Suzuki.
Il porting fu l’opera di un ragazzino di 17 anni, Martin Webb, passato dal programmare giochini per la calcolatrice Texas Instrument Ti-99 a giochi per il Commodore 64, il cui padre presentò a US Gold un clone di Outrun che padre e figlio progettavano di rivendere.
Martin Webb divenne il programmatore ufficiale del porting ufficiale di Outrun: una versione scarna, che sacrificava la fantasmagoria grafica per ottenere la stessa velocità, e che partito come un clone con un numero ristretto di circuiti all’ultimo momento fu riconvertito in un clone completo che però sacrificò l’iconica scelta a bivi.

Outrun, versione Commodore 64 PAL
Scelta che tornò in una versione successiva per il mercato Americano, riconoscibile dalla versione originale (diffusa in Europa partendo dall’Inghilterra patria dei Webb) per una grafica leggermente migliorata, la scelta a bivi (stroncata nell’originale da un bug, ancorché qui devi scegliere il tuo punto di arrivo in anticipo) e il fatto che la bella fanciulla al volante era tornata ad essere una bionda.
Purtroppo la versione “migliorata” (neppure di troppo) funziona solo sui Commodore 64 NTSC: a meno di modificare il vostro, per giocare la versione “all’americana” servirà un Commodore 64 prodotto per il mercato statunitense, o il gioco andrà emulato su PC.

Outrun, Commodore 64, NTSC
Nel 1989 SEGA rilasciò il primo sequel di Outrun, “Turbo Outrun“ ambientato in America dove non era più possibile scegliere quale strada perseguire, ma il vincitore delle singole tappe avrebbe ottenuto soldi per migliorare il proprio veicolo e la bella bionda sul sedile del passeggero, seguito da Outrunners nel 1992 e Outrun 2 nel 2003, questa volta con sponsor ufficiale della Ferrari, oltre una pletora di conversioni e spin off che inserirono tutti gli elementi che Suzuki avrebbe voluto dal Day One.

Turbo Outrun, versione Mega Drive
Turbo Outrun introdusse anche il “turbo”, brevi scatti di velocità, il potenziamento del veicolo (con tanto di pitstop) e questa volta un’edizione Commodore 64 meglio recepita che usava le potenzialità del SID 6581 per delle remix dei temi storici della saga eseguiti dal compositore Jeroen Tel con “samples” digitali della sua voce (parzialmente udibili sul SID 8580 del C128 e del C64C…)
Gli effetti di Outrun sull’immaginario
Come abbiamo anticipato, Outrun se non ha creato ha reso popolare il genere Synthwave, tra i cui nomi compare lo stile Outrun. Lo stile Synthwave è non a caso uno stile fortemente nostalgico, legato agli anni ’80 e caratterizzato da un forte uso di musica elettronica e ritmi sincopati.
Se in giochi come GTA e Cyberpunk 2077 la scelta delle OST in gioco è legata alla scelta della radio da ascoltare in macchina, l’ispirazione è di Suzuki.
Outrun incrementò la popolarità dei già popolari Taikan e dei simulatori di guida, e propaggini del suo approccio appaiono tutt’ora in tutti i giochi di simulazione.

OST di Outrun su autoradio
Ogni automobile con una palma retro attaccata sul bagagliaio, ogni pilota che accende l’autoradio ancora prima di regolare gli specchietti porta con sé un pezzo di Outrun, ed è recente l’annuncio di un film live dedicato al videogame origine della saga girato e diretto dal Michael Bay di Transformers con Sidney Sweeney nel ruolo della Bionda, che finalmente dopo anni riceverà un nome e una personalità.
E la storia farà cerchio: un gioco che è un adattamento improprio de La corsa più pazza d’America riceverà un adattamento proprio.
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