Lo studio sui tumori trasformato in una bufala contro i vaccini

Circola in rete l’ennesima mistificazione pseudo-scientifica partorita da ambienti no-vax, che tenta di rimescolare in un unico calderone vaccini anti-Covid, tumori e cambiamento climatico, allo scopo di delegittimare la ricerca scientifica e alimentare diffidenza verso la medicina ufficiale. La tesi che sta facendo il giro dei social (accompagnata da un link a un articolo pubblicato sul sito SlayNews) è un esempio perfetto di disinformazione costruita con metodo: si prende uno studio autentico, si decontestualizza, si travisa il contenuto e infine si manipola la narrazione per insinuare un legame tra l’aumento dei tumori e la vaccinazione contro il Covid-19.
Ma cosa dice davvero lo studio citato?
La ricerca originale è stata pubblicata su Frontiers in Public Health e riguarda esclusivamente una interessante correlazione osservata in 17 paesi della regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa) tra l’aumento della temperatura media annuale e l’incremento nella prevalenza e mortalità di alcuni tumori femminili (in particolare seno, ovaio, utero e cervice) nel periodo compreso tra il 1998 e il 2019. I ricercatori hanno rilevato che ogni grado in più nella temperatura media annua coincide con un aumento statisticamente significativo dell’incidenza e della mortalità per tali patologie. Tuttavia, e questo è un punto centrale che gli autori non mancano di sottolineare, si tratta di correlazioni osservazionali, non di nessi causali: non c’è alcuna prova che il calore, da solo, inneschi tumori. È molto più probabile che agisca attraverso fattori mediatori come l’inquinamento atmosferico, il degrado ambientale, la ridotta qualità dell’aria, la limitata accessibilità ai servizi sanitari, l’aumento dello stress termico e l’interazione con altri agenti cancerogeni. Inoltre, lo studio non menziona in alcun passaggio i vaccini contro il Covid, l’mRNA, le campagne vaccinali o alcun legame con l’inoculazione.
Eppure, SlayNews – sito tristemente noto per la diffusione sistematica di teorie del complotto, spesso accompagnate da titoli clickbait – riesce nell’impresa di accostare una semplice pubblicazione a una narrazione completamente distorta, arrivando ad affermare che lo studio attribuirebbe indirettamente l’aumento dei tumori “tra i vaccinati contro il Covid” al cambiamento climatico. Non solo questa frase non appare né nello studio né nel comunicato stampa ufficiale dell’editore scientifico, ma l’intera impalcatura logica dell’articolo è costruita sull’equivoco e sull’insinuazione, con il chiaro intento di suggerire che si stia tentando di coprire i danni del vaccino attribuendoli a un nuovo colpevole, il riscaldamento globale. Una tesi completamente infondata, priva di ogni riscontro nei dati o nella letteratura scientifica.
In fin dei conti, ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di “narrative hijacking”: si prende un fatto reale (in questo caso una ricerca seria e circostanziata che esplora le complesse interazioni tra salute pubblica e cambiamento climatico) e lo si piega a una narrazione ideologica, in cui tutto deve rientrare nel dogma del danno vaccinale, anche a costo di travisare completamente le fonti. Quello che però rende il meccanismo ancor più pericoloso è che viene spesso accompagnato da un tono di finta ironia, con cui si cerca di ridicolizzare chi fa informazione basata sull’evidenza e allo stesso tempo insinuare un senso di verità alternativa, quella dei “risvegliati” che avrebbero capito tutto mentre il resto del mondo dorme. La realtà, invece, è molto più semplice e, come sempre, meno sensazionale: lo studio non ha nulla a che vedere con i vaccini, non afferma che il riscaldamento globale stia causando tumori nei soggetti vaccinati, non menziona l’mRNA, non fa alcuna allusione a correlazioni con l’emergenza pandemica. Parla, al contrario, di un’area geografica ben precisa, di dinamiche ambientali documentate, di disparità sanitarie e vulnerabilità di genere, e invita – con prudenza e rigore – a considerare il possibile impatto dei cambiamenti climatici sulla salute globale, soprattutto nei contesti dove il sistema sanitario è meno attrezzato ad affrontare nuove sfide.
Che tutto ciò venga strumentalizzato per sostenere l’ennesima bufala no-vax la dice lunga sulla qualità del dibattito pubblico e sulla pericolosa permeabilità di alcune persone alle narrazioni tossiche. Ma resta il fatto che, ancora una volta, la scienza è stata usata come paravento per veicolare disinformazione; un copione purtroppo già visto, ma che non possiamo permetterci di normalizzare.
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