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Torna al cinema “Mamma ho perso l’aereo”: cosa lo rende un film evento vintage?

Torna al cinema “Mamma ho perso l’aereo”, per l’evento dei 35 anni. Cinema evento lo possiamo chiamare: qualcosa che ti porta al cinema non perché è l’unico modo per vederlo, anzi tra repliche televisive, cestoni dei DVD in offerta, Blu-Ray e VHS ogni anno te lo tirano adosso.

Torna perché è una capsula del tempo perfetta di quegli anni ’80 che non torneranno mai, un film che narra una storia possibile solo negli anni ’90, con elementi tipici degli anni ’80, personaggi che negli anni ’80 avevano un peso ed una fisionomia diversa (basti pensare al secondo film della saga in cui appare un Donald Trump così, a casaccio) e quel genere di nostalgia canaglia che temo abbiano molti di quelli che leggono questa rubrica.

Torna al cinema “Mamma ho perso l’aereo”: cosa lo rende un film evento vintage?

Quelli che la leggono non per rileggere il presente partendo dal passato, ma sognando di rinchiudersi in un mitologico passato che mai più tornerà lodando tutti gli elementi perduti come se la loro stessa vita fosse stata cancellata.

Mamma ho perso l’Aereo (e il suo sequel diretto) sono una capsula del tempo sigillata del 1990, quando gli anni ’80 erano finiti solo da un anno e tutti i loro elementi costitutivi erano ancora lì.

Come si arriva a Mamma ho perso l’aereo

Succede che nel 1989 un film meno noto di John Hughes, Io e zio Buck aveva già fissato tutti gli elementi destinati a confluire in Mamma ho perso l’aereo.

Parliamo di un altro film leggero e per famiglie, scritto intorno alla figura di John Candy: lo scapolone goffo e buffo Buck Russell si ritrova a prendersi cura dei figli del fratello infermo, tra cui la ribelle adolescente Tia e i due fratellini Maizy e Miles.

John Hughes aveva già fatto scouting per cercare un set trovandolo in una casetta al numero 671 di Lincoln Avenue in Winnetka, Illinois, in seguito scartata (ma la cosa tornerà) e fu impressionato dalla performance dell’attore che interpretava il personaggio di Miles Russel, il piccolo Maculay Culkin.

Io e Zio Buck verrà distribuito in Italia come “Dal produttore e dal protagonista di Mamma ho perso l’aereo”, Ma senza il primo, non avremmo avuto il secondo

Finito con lo Zio Buck, che ebbe una sitcom durata pochissimo e in Italia fu importato con locandine che lo descrivevano come una sorta di “Sequel improprio” di Mamma ho perso l’aereo (un po’ come La Gang dei Fiori di Pesco trasformato in uno spinoff di Happy Days…), John Hughes partì con un altro pitch. Quello natalizio di una famiglia che durante le festività di Natale dimentica qualcosa di importante a casa.

Poi stabilì che non c’è niente di più importante di un bambino. Poi stabilì che aveva già un baby attore pronto per interpretare un bambino di dieci anni che sarebbe stato perfetto per l’economia della storia. Poi stabilì che se il terrore sommo di un genitore è dover abbandonare i suoi figli, il terrore maggiore di un bambino non può che essere trovarsi da solo contro il moderno spauracchio: i ladri.

Poi stabilì che aveva già parte del set pronto, la villetta nell’Illinois, che sarebbe quindi diventato lo scenario di uno scontro tra un bambino terrorizzato e dei ladri buffi ma pericolosi. Da cosa nasce cosa Home AloneMamma ho perso l’aereo venne al mondo.

Alla fine arriva Mamma (ho perso l’aereo)

Se pensate che un film che ancora oggi è una macchina per soldi ne abbia richiesti molti, vi sbagliate. Era pur sempre un film leggero per le vacanze scritto da un celebrato autore di commediole come Una pazza giornata di vacanza (1986) e il citato Io e zio Buck.

Un film così sottovalutato che Warner Bros. gli staccò la spina per aver ecceduto il budget già sottotono costringendo la produzione a bussare alle porte della 20th Century Fox.

La premessa è letteralmente una versione moderna dell’archetipo di La vita è meravigliosa di Frank Capra, riletto in salsa familista-preadolescenziale. Abbiamo una famiglia numerosa, sin troppo numerosa, dove il figlio di mezzo, Kevin, si sente ignorato e trascurato. Per la sorella Linnie “è quello che i francesi chiamerebbero “Les incompetent”, “un incompetente”, è convinto di dover dividere l’affetto dei suoi cari coi suoi due fratelli e un incalcolabile numero di cugini, che i suoi genitori non lo amino abbastanza e che in fondo starebbero tutti meglio senza di lui e lui starebbe meglio senza di loro.

Una serie imprevedibile di eventi causata proprio dai dubbi di Kevin innesca la premessa del film: Kevin litiga col fratello Buzz, devastando la tavola della cucina e sporcando di latte la sua carta di imbarco che viene cestinata. La madre di Kevin, interpretata da una Catherine O’Hara all’apice dello splendore e delle capacità recitative decide di punirlo con l’inusuale punizione tradizionale di famiglia del mandarlo a dormire nella mansarda.

Scena da Mamma ho perso l’Aereo

Ma uno sbalzo di corrente fa saltare le sveglie elettroniche, e quindi la famiglia si sveglia di fretta, fa un frettoloso appello in cui conta erroneamente un figlio in più (uno dei vicini viene scambiato per Kevin di spalle e contato) ed è proprio la madre di Kevin ad accorgersi di aver lasciato un figlio a casa quando sono già arrivati tutti a Parigi.

Nella tempesta che ha causato il blackout la linea telefonica è stata danneggiata, e quindi almeno la porzione di Chicago in cui Kevin vive è isolata dalle chiamate esterne: i genitori di Kevin non hanno modo per contattare il figlio, ed organizzano un frettoloso viaggio di ritorno.

Kevin si convince che aver desiderato che la sua famiglia sparisse sia stato sufficiente a ottenerlo: il ragazzino accusato di essere un immaturo (del resto a dieci anni cosa puoi fare?) si ritrova così a godere di una spensierata indipendenza, finché non viene edotto che due strampalati ladri, interpetati da un Daniel Stern e un Joe Pesci simili a moderne versioni del Gatto e la Volpe di Collodi, hanno pianifficato di derubare le case dei cittadini partiti per le ferie.

“Angeli dalle Ali Sporche” – Il finto film preferito da Kevin

Una serie di inconvenienti rendono a Kevin impossibile contattare gli adulti: il suo vicino di casa viene descritto dai bambini del quartiere come un vecchio che ha “ucciso la famiglia per metterla sotto sale” (Kevin scoprirà che era una verità metaforica: lui era “morto per la sua famiglia” perché dopo un aspro litigio col figlio il reciproco orgoglio dei due uomini impediva loro di riappacificarsi e impediva all’anziano di rivedere la nipotina adorata) e un incidente al supermercato dal quale era fuggito senza pagare uno spazzolino lo convince che non potrà fidarsi della polizia.

Dopo una serie di tentativi di simulare col resto del mondo la presenza del resto dei familiari per tenere lontana la Gang del Rubinetto, nome che i ladri Marv ed Harry si sono dati per la loro abitudine di allagare le case derubate per coprire le loro tracce, Kevin fallirà trasformando la casa in una serie di tragicomiche quando letali trappole che nella sua mente di bambino avrebbero dovuto fermare il suo ma di fatto rischiano di ammazzarli.

Tecnicamente, era impossibile sopravvivere alle trappole di Kevin

Kevin riesce a proteggere la casa ma quando Harry e Marv riescono a loro volta a catturarlo per vendicarli, il vicino di casa Marley interviene per stordire i due ladri a colpi di barile, proteggere il bambino e ringraziarlo per le reciproche lezioni che si sono dati.

Entrambi infatti hanno ingoiato il loro orgoglio: Kevin ora aspetta il ritorno dei suoi cari, Marley è pronto a fare il primo passo per farsi perdonare dal figlio e tornare ad essere un nonno presente nella vita della nipote, e i McCallister dopo un rocambolesco viaggio la cui ultima tratta era un road trip in un furgoncino di suonatori di Polka ambulanti si ricongiungono al figlio, con Kevin finalmente grato dell’amore di una famiglia e i genitori pronti a comprendere i sentimenti di abbandono del figlio.

Dai problemi di budget al successo di cassetta

Parliamo di un film che ebbe 18 milioni di dollari di budget per ottenere un incasso di 500 milioni, oltre ovviamente tutto il successo futuro che conosciamo.

Il povero Hughes partì letteralmente dal basso, che più basso non si può: la regia fu assegnata a Chris Columbus, che fino a quel momento aveva all’attivo la sceneggiatura di Gremlins, aveva diretto Tutto quella notte (1987) e Heartbreak Hotel (1988) ottendo un’accoglienza mediocre.

Incidentalmente Columbus aveva anche scritto alcuni episodi di Galaxy High, un mezzo plagio made in USA di Lamù la Ragazza dello Spazio e niente fino a quel momento avrebbe mai potuto far pensare ad una sfolgorante carriera nata proprio sotto l’albero di Natale dei McCallister.

A parte Joe Pesci, nessuno degli attori coinvolti aveva particolarmente avuto momenti di ispirazione, e le colonne sonore furono un miracolo di natale perché John Williams, il nome grosso che più grosso non si può (aveva scritto le colonne sonore di roba come Star Wars, Superman ed ET…) fu indicato per primo mettendo in conto che si sarebbe rifiutato di lavorare per due spiccioli e avrebbero dovuto cercarsi un mestierante, ma Williams non solo accettò, ma creò una colonna sonora natalizia di forte intensità dove Carol of the Bells diventa sfondo di un “lock and montage”, serie di scene in cui Kevin assembla le trappole mortifere.

I genitori di Kevin cercano di tornare a casa

Convincere Daniel Stern, uno dei due giocosi ladri, richiese un sacco di trattative e richieste, Joe Pesci fu imbarcato da subito. A seguito del casting di 200 bambini, Hughes ricordò a Columbus di aver lavorato con un brillante esordiente, il già citato Maculay Culkin, e imbarcò nel progetto nel ruolo dell’amichevole cantante di Polka che aiuta i McCallister a riunirsi col figlio lo “Zio Buck” John Candy, che accettò 414 dollari come somma simbolica “per fare un favore ad un amico”.

Il set fu una combinazione della casa che inizialmente Hughes aveva scelto come dimora della famiglia dello Zio Buck, sommata ad alcune riprese in studio di registrazione e scene girate al Liceo New Trier, che potendo ospitare una piscina potè fungere da set per lo scantinato allagato e pieno di trappole dove la sfida con la Banda del Rubinetto comincia.

Cosa rende il film uno spaccato degli anni ’80

Tutto nel film grida anni ’80. Tutto nel film non può funzionare non postuli il fatto che la società del 1990 era sostanzialmente ancora quella del decennio precedente.

Se togli dall’equazione gli smartphone e le radiosveglie con batteria tampone se non con connessione Wi-Fi permanente e aggiornamento dell’ora non capisci come mai un calo di tensione sia bastato a mandare KO la pianificazione di una intera famiglia.

Se non tieni di conto il lavoro dei McCallister e l’epoca in cui esso si svolgeva (il padre, secondo il romanzo ufficiale tratto dal film, uno yuppie impresario di borsa e la madre famosa modista) non comprendi il loro stile di vita lussuoso ma stralunato e privo di orari (in un’epoca in cui il broker di Borsa non poteva certo “lavorare da casa con Internet” ma recarsi fisicamente sulle piazze di scambio), e se non tieni conto il meccanismo della rete telefonica nell’era analogica non riesci a comprendere quanto sia del tutto plausibile lo scenario in cui era perfettamente possibile avere parte della linea telefonica disconnessa e parte attiva.

E così, e con un piccolo aiuto di “Angeli dalle ali sporche”, Kevin riesce ad ordinare la pizza

Parola di tecnici della AT&T, la parte difficile nel portare i bambini odierni al cinema a vedere Mamma ho perso l’Aereo giace proprio nel fatto di dover spiegare a ragazzini nati quando anche i telefoni fissi sono diventati perlopiù VoIP connessi ai moderm-router, l’intera infrastruttura telefonica è di fatto un cloud, peerless come la Rete, che nello stesso momento è possibile che Kevin riesca a telefonare alla pizzeria sotto casa ma sua madre non possa telefonare a casa per rassicurarlo prima che i tecnici della AT&T trovino il preciso tratto di cavi interessato dal disservizio e sistemarlo.

E spiegare loro come un intero film che avrebbe potuto essere evitato con un paio di telefoni cellulari funzionava in un’epoca in cui, come si vedrà nel sequel diretto i balocchi dei ragazzini non erano cellulari e tablet ma “scacciapensieri” e walkmen alimentati da batterie da rubacchiare in giro.

Questo evitando il tripudio di maglioni, capelli cotonati e come la dimora dei McCallister era una casa in perfetto stile Americana, calda e tutta composta di legno a vista e moquette che negli anni successivi è stata ricostruita in una dimora tristemente e austeramente moderna.

Peraltro la casa non era di proprietà della direzione: gli abitanti originali passarono il tempo delle riprese rintanati in una camera da letto, evitando di cucinare e nutrendosi del cibo del catering destinato agli attori.

Mamma ho perso l’Aereo: icona americana

A pensarci, il processo alla base della storia è esattamente un romanzo di formazione all’Americana. Kevin odia il Natale come un Grinch del 1980 perché odia la famiglia.

Si è visto in precedenza non odia la famiglia: sente che la famiglia lo odia, e quindi si è allontanato da essa. Ma quando pensa di aver perduto la famiglia, egli si riavvicina ad essa, e improvvisamente anche i genitori all’inizio presentati come freddi e anaffettivi scoprono improvvisamente l’amore familiare e la madre di Kevin passa da donna in carriera cotonata e altera in leonessa pronta a battersi per il figlio e il padre passa da yuppie pronto a progettare la vacanza perfetta a padre disperato pronto a gettare via tutto per la salvezza del figlio.

Kevin riscopre la famiglia, riscopre la fede (prova prima a pregare Babbo Natale di ridargli i genitori, poi va in Chiesa), incontra il vecchio Murray e gli insegna il valore della famiglia e insieme scoprono un altro fondamento della società americana: il diritto alle armi.

Kevin e il vecchio Murray scoprono, tra un tentato omicidio di ladri e l’altro, i valori del perdono, della famiglia, della fede e della redenzione

Certo, buona parte degli offendicula di Kevin sarebbero se non vietati o illegali letali, e solo il fatto che la regia abbia voluto trattare Marv ed Harry come cartoni animati viventi giustifica la loro sopravvivenza. Tecnicamente al primo barattolo pieno di vernice lanciato sul cranio, al primo lanciafiamme puntato in faccia e alla prima caduta giù dalle scale ripide cosparse di ghiaccio il film si sarebbe dovuto concludere con Kevin che osserva i cadaveri dei due rapinatori chiedendosi se non ha ecceduto nello zelo.

Ma ovviamente in un film per ragazzini questo non poteva capitare, e alcune gag improponibili ai giorni nostri, come il fratello maggiore Buzz che ostenta lieto la foto della sua fidanzatina (in realtà il figlio del direttore della fotografia truccato da ragazza eccezionalmente grassa e brutta) funzionavano proprio perché negli anni ’80 tutto questo non solo poteva funzionare, ma faceva parte della mistica degli stessi, assieme al film preferito e fonte di ispirazione di Kevin, Angeli dalle ali sporche, falso film anni ’50 in bianco e nero pieno di sparatorie e parolacce usate da Kevin per intimidire i suoi avversari ed allontanare un fattorino della pizza zelante (con tanto di sequel, Angeli dalle ali ancora più sporche, usato per ammansire un cameriere malvagio).

Cosa accadde dopo?

Il successo. Con 500 milioni di dollari al lancio una “stupida commedia americana” divenne un capolavoro. Columbus ebbe finalmente il debutto trionfale che meritava, e che lo portò dritto da Mrs. Doubtfire alla saga di Harry Potter senza passare dal via.

Maculay Culkin divenne il volto dell’America per ragazzini, diventando il più celebrato baby attore degli anni ’90. Ciò gli costò il resto della relazione già in ombra coi genitori e decise di ritirarsi per un po’ dopo Richie Rich (1994) per evitare di essere distrutto dal successo, sorte che spetta troppo spesso a ai giovani attori. Joe Pesci, suo nemico nei primi due film, lo descriverà come un ragazzino assennato e dall’ottima etica lavorativa, cosa che gli ha consentito con qualche problema dovuto alla fama di continuare a mantenere la barra dritta della sua vita.

L’attuale cucina di Mamma ho perso l’aereo vs l’attuale

Quasi tutto il cast tornò per Mamma ho riperso l’Aereo 2: Mi sono smarrito a New York, film gradevole ma privo di molta dell’ispirazione del primo. Anche questa volta Kevin finisce a litigare coi genitori la vigilia di Natale, e a causa del suo nuovo Walkman/registratore sale sull’aereo sbagliato (altra cosa resa possibile solo dal fatto che nel 1992 il check-in era ancora cartaceo) e finisce a New York dove in una serie di rocambolesche avventure affitta una stanza in un hotel gestito da Donald Trump (che richiederà la sua presenza nel film, nel ruolo del proprietario dell’albergo che indica a Kevin dove trovare una stanza, indicandogli peraltro la porta sbagliata per un errore di scena…), cerca di evitare un cameriere “malvagio” (che in realtà tecnicamente starebbe solo evitando che un bambino con una carta di credito ovviamente non sua affitti una stanza al Plaza Hotel, ma nell’economia della storia viene più volte accostato per questo ad un ghignante Grinch) e salva il negozio del ricco giocattolaio Signor Duncan dall’evasa Gang del Rubinetto nuovamente massacrandoli di trappole installate a casa di parenti trasferiti a Parigi.

E comunque indicava il punto sbagliato

Perché Kevin non sia andato direttamente a casa dei parenti questa volta fa parte del tentativo di ripetere le vicende del film precedente introducendo un nuovo cattivo oltre ai due ladri Marv ed Harry, e il tentativo di ricreare una copia del primo successo porta ad avere come aiutante la Signora dei Piccioni, anche lei una figura anziana caduta in disgrazia come il vecchio Murray (il secondo era rimasto solo a Natale per orgoglio, la prima una senzatetto sola e negletta a causa di “una serie di relazioni sbagliate”) ottenendo dal signor Duncan ricchi doni per tutta la famiglia e un ciondolo da donare alla Signora dei Piccioni per ricordarle che saranno sempre amici.

Anche nel caso della Signora dei Piccioni infatti appare una lezione natalizia: Kevin insegnerà alla Signora dei Piccioni, che ha smesso di fidarsi del prossimo per non essere ferita che “Se smetti di usare il cuore, tanto vale non averlo più”, e che a volte bisogna sopportare il dolore del tradimento in cambio dell’amore del prossimo.

La saga si declinerà poi in una lunga serie di omaggi fallimentari, poco più che operazioni nostalgia, malamente connessi all’universo narrativo dei primi due film (in “Home Sweet Home Alone – Mamma, ho perso l’aereo” del 2021 Buzz McCallister comparirà nei panni di un poliziotto).

Il film originale finirà candidato a due Golden Globe e a due Premi Oscar. Nel 2023 è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry dalla Biblioteca del Congresso come “culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo”.

La casa dei McCallister è ancora in piedi, e nonostante sia stata ormai trasformata in una lussuosa dimora moderna, un progetto la sta riportando agli antichi fasti.

Il gioco

Non sarebbe una rubrica retro se non ricordassimo che, come tutte le IP degli anni ’80, anche Mamma ho perso l’Aereo ebbe un gioco, veramente brutto.

Sostanzialmente un platform in cui la trama del film veniva ridotta a Kevin che piazza le trappole per casa nel tentativo di fermare la Gang del Rubinetto. Ci sono una serie di varianti derivanti dalla potenza di calcolo delle console: nella versione per PC bisogna stordire Marv ed Harry almeno dieci volte coi diversi trabocchetti presenti nel film, nella versione SuperNintendo nascondere i gioielli di famiglia nel sotterranneo.

Screenshot delle versioni SNES, Mega Drive e GameBoy

La versione NES prevede evadere da Marv ed Harry per almeno 20 minuti, al termine dei quali una scenetta statica mostrerà il finale del film con la madre di Kevin che riabbraccia il figlio, mentre nelle versioni SEGA (Mega Drive, Master System, Game Gear) Kevin si ergerà a guardiano dell’intero quartiere muovendosi con uno slittino tra le diverse case prima che la gang le derubi e allaghi.

Tranne le versioni SEGA che ebbero un certo gradimento, le versioni PC e Nintendo (compresa la versione per il GameBoy) furono definite noiose e poco immaginative, tipici esemplari del fenomeno dell’epoca per cui avuta una IP di successo partiva la corsa a sfruttarla a morte.

Curiosità

La giovane età di Maculay Culkin rese a buona parte del cast impossibile interagire direttamente con lui in alcune scene: ogni volta che si girava dopo le 10 di sera, Culkin smetteva di recitare e si ricorreva a segnaposto o Chris Columbus doveva leggere il copione di Kevin perché gli altri attori avesserio la battuta pronta.

Nell’iconica scena in cui Daniel Stern, Marv della Gang del Rubinetto urla assalito da una tarantola una leggenda metropolitana diffusa dice che l’urlo fu ridoppiato. Non fu così: l’attore aveva chiesto più volte di far togliere alla tarantola l’aculeo velenoso, ma questo non era possibile perché l’animale sarebbe morto.

“Se uno il cuore non lo usa che differenza fa se si rompe?”

Semplicemente si arrangiò e sopportò, dopo essersi fatto rassicurare del fatto che le tarantole non sentono rumori. Alcune scene, come quella in cui Kevin si sente “uomo di casa” e prova il dopobarba per poi finire ad urlare furono improvvisate, altre scene, come la nevicata alla vigilia di Natale in cui madre e figlio si riuniscono, furono anticipate per approfittare di una nevicata reale, mentre nel resto del film la neve artificiale impattò sui costi in modo assai negativo.

L’unica scena con Trump in “Mamma ho riperso l’aereo” gli valse l’ingresso nella gilda degli attori USA, finché dovette dimettersi volontariamente sotto minaccia di esserne cacciato nel 2021. Hughes avrebbe voluto già togliere la scena con Trump dalla Director’s Cut, ma siccome la scena fu recepita piacevolmente dal pubblico dell’epoca, bisognerà aspettare il 2019 perché alcuni cinema in Canada comincino a farlo.

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