Un paradosso tutto all’italiana quello che investe in questi giorni l’arbitro Diana Di Meo, che con grande forza d’animo ha reso pubblico il caso di revenge porn dopo che alcuni suoi video privati sono finiti su Telegram. Allo stesso tempo, però, le tendenze di ricerca ci dicono che un elevato numero di persone stia cercando dove vederlo all’interno della suddetta app. O in alternativa su WhatsApp. Una questione che la dice lunga sui tempi che stiamo vivendo qui in Italia, e non solo. Al netto dell’uscita di una ragazza come tante altre.
Non è la prima volta che parliamo di revenge porn sul nostro sito, come avrete notato anche attraverso alcuni articoli del passato. Ci vuole una certa sensibilità nell’affrontare determinate tematiche ed oggi abbiamo deciso di farlo attraverso un editoriale. Già, perché se da un lato è vero che in tanti sui social si siano mobilitati pubblicamente a favore dell’arbitro Diana Di Meo, complice anche episodi del passato che hanno coinvolto altre ragazze (alcune storie, purtroppo, sono finite tragicamente), è altrettanto vero che ci siano strane tendenze.
Certo, non parliamo di un gesto ugualmente infame come quello della persona che ha reso pubblico un video privato, creando in questo modo i presupposti per un nuovo caso di revenge porn, ma è altrettanto giusto dire che, andare su Google e digitare “dove vederlo”, non ci renda persone di spessore. Nessuna retorica, ma solo la constatazione di una tendenza che oggi 23 gennaio riguarda il video dell’arbitro Diana Di Meo e che, un domani, potrebbe coinvolgere persone a noi vicine.
Senza dilungarsi in inutili discorsi, dunque, diciamo soltanto che azzerare le ricerche su “dove vederlo”, in relazione al video dell’arbitro Diana Di Meo su Telegram, forse faremo il primo passo per liberarci una volta per tutte del revenge porn.
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