Notizia Vera

Non riesce a comprare assorbenti dopo le 18, in quanto non considerati beni di prima necessità: la denuncia di una ragazza

Non riesce a comprare assorbenti dopo le 18 è un genere di notizia che, sinceramente, ci aspettavamo. Purtroppo.

Che Bufale.net abbia parlato più volte dell’illogicità di considerare un oggetto praticamente indispensabile per buona parte della popolazione per buona parte del loro ciclo vitale, è cosa nota ai nostri lettori datati.

L’avevamo definita “pink tax”, un termine improprio per definire qualcosa che impatta, fiscalmente ma non solo, sulla vita della popolazione femminile in età fertile.

Cos’è la Pink Tax?

La Pink Tax non è una vera e propria tassa, neppure un’imposta. È piuttosto la considerazione di un dato di fatto: ad oggi, a parità di necessità, prodotti igienici di importanza rilevante non solo da parte delle donne sono sottoposti ad IVA con una aliquota diversa che, a tutti gli effetti, non trova alcuna giustificazione se non la destinazione.

Ma l’IVA sugli assorbenti femminili, come quella per i pannolini, è al 22%, lo scaglione massimo.

Di fatto, all’attuale stato delle cose, ogni altra cosa è considerata una necessità per la quale è iniquo che lo Stato esiga un’imposizione fiscale elevata, ma comprare pannolini per i propri figli, oppure acquistare assorbenti per venire incontro alle esigenze dovute al mestruo è considerato un “lusso” persino più elevato dell’acquistare tartufi, la cui IVA va al 5% se fresco o 10% se lavorato.

E restando in tema paradossi, scopriamo che, partendo dal presupposto che un’IVA inferiore rappresenti la “concessione” di uno Stato benevolo che consente un prelievo fiscale (e quindi, un prezzo al consumatore ridotto), scopriamo che al momento i pannolini e gli assorbenti femminili rientrano tra i beni più costosi, oseremmo dire lussuosi, ma lo Stato è ben più tenero con la birra (che va al 10% come il tartufo lavorato) e coi manifesti e manifestini (i c.d. “Santini”) elettorali che invece vanno al 4%.

Paradosso dei paradossi quindi: consentire ad una donna di restare produttiva e non sanguinare in giro per quantomeno tre giorni al mese è considerato un “bene non primario”, ma spargere volti di politici a caso per tutta la città chiedendo il voto, “sgargarozzarsi” una birrozza ghiacciata come un tamarro d’altri tempi e accoccolarsi sul divano con una tavola di cioccolato maxi ed un gelatone come nelle commedie di Julia Roberts vengono considerati beni necessari.

Conseguenze del paradosso ai tempi della Pandemia – Non riesce a comprare assorbenti dopo le 18, in quanto non considerati beni di prima necessità: la denuncia di una ragazza

All’epoca, e parliamo dell’ormai lontanissimo 2019, fummo assaliti da orde di simpatici ometti inclini a insegnarci il nostro mestiere, con la calcolatrice in tasca a dichiarare che in fondo si parla solo di soldi e quindi magari le donne per loro potrebbero pure permetterseli.

Ma non in situazioni in cui il concetto di bene di necessità si interseca col concetto di acquisto.

Come ha scoperto una ragazza del Salento, che entrata in un negozio in zona rossa “rinforzata” dopo le 18 per comprare dei prodotti di panificazione (dei taralli, un tipo di biscotto locale) e degli assorbenti riferisce di aver dovuto lasciare i secondi in negozio

Arrivata nel supermercato ha acquistato un pacco di patatine e i tarallini oltre a due confezioni di assorbenti presi da uno scaffale che era stato sbarrato con nastro bianco e rosso solo pochi minuti prima. “Li avrei potuti comprare in farmacia – continua – con un raddoppio del costo magari. Non ero andata a comprare deodoranti ma un prodotto che mi serviva”. Tant’è. Una volta arrivata alla cassa un cassiere ha battuto tutti gli acquisti eccezion fatta per gli assorbenti. “Signorina, mi scusi ma questi proprio non li posso passare”.

A nulla sono servite le rimostranze anche imbarazzate di Alessia. Il cassiere è stato irremovibile. Già in mattinata era stato redarguito dai carabinieri e non voleva altre rogne le ha spiegato. Neppure una seconda cassiera le è venuta in soccorso: “O certifichi di avere il ciclo o lamentati con il sindaco” avrebbe detto alla ragazza. Seppur contrariata, Alessia è tornata a casa. Imbarazzata e furiosa e, a suo dire, “vittima di un’ingiustizia”.

Riferisce la Repubblica.

Considerando gli assorbenti un bene, inequivocabilmente, di necessità, la storia probabilmente sarebbe stata narrata in modo ben diverso da “non riesce a comprare assorbenti dopo le 18”.

AGGIORNAMENTO: A seguito della protesta social, la Regione Puglia ha aggiornato le sue FAQ dichiarando possibile la vendita di assorbenti.

Lodevole, ma continuiamo a ritenere che un riconoscimento legislativo toglierebbe ogni dubbio.

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