Ancora sulla “Pink Tax”, l’IVA sugli assorbenti: illazioni, eccezioni, considerazioni e altre cose che fan rima
Sull’IVA sugli assorbenti, la cosiddetta Pink Tax, ne abbiamo parlato in passato.
Eravamo all’epoca agli esordi della Finanziaria forse più travagliata dell’intera storia della Repubblica Italia, ed era già chiarissimo che di Pink Tax proprio non si voleva parlare.
Riporteremo alcune parti della nostra argomentazione, aggiornate alla complessa polemica dei giorni nostri. Sperando di portare chiarezza, riflessione ed un momento di calma in un dibattito ormai fetido ed intossicato.
Cos’è la Pink Tax?
La Pink Tax non è una vera e propria tassa, neppure un’imposta. È piuttosto la considerazione di un dato di fatto: ad oggi, a parità di necessità, prodotti igienici di importanza rilevante non solo da sono sottoposti ad IVA con una aliquota diversa che, a tutti gli effetti, non trova alcuna giustificazione se non la destinazione.
Ma l’IVA sugli assorbenti femminili, come quella per i pannolini, è al 22%, lo scaglione massimo.
Di fatto, all’attuale stato delle cose, ogni altra cosa è considerata una necessità per la quale è iniquo che lo Stato esiga un’imposizione fiscale elevata, ma comprare pannolini per i propri figli, oppure acquistare assorbenti per venire incontro alle esigenze dovute al mestruo è considerato un “lusso” persino più elevato dell’acquistare tartufi, la cui IVA va al 5% se fresco o 10% se lavorato.
E restando in tema paradossi, scopriamo che, partendo dal presupposto che un’IVA inferiore rappresenti la “concessione” di uno Stato benevolo che consente un prelievo fiscale (e quindi, un prezzo al consumatore ridotto), scopriamo che al momento i pannolini e gli assorbenti femminili rientrano tra i beni più costosi, oseremmo dire lussuosi, ma lo Stato è ben più tenero con la birra (che va al 10% come il tartufo lavorato) e coi manifesti e manifestini (i c.d. “Santini”) elettorali che invece vanno al 4%.
Paradosso dei paradossi quindi: consentire ad una donna di restare produttiva e non sanguinare in giro per quantomeno tre giorni al mese è considerato un “bene non primario”, ma spargere volti di politici a caso per tutta la città chiedendo il voto, “sgargarozzarsi” una birrozza ghiacciata come un tamarro d’altri tempi e accoccolarsi sul divano con una tavola di cioccolato maxi ed un gelatone come nelle commedie di Julia Roberts vengono considerati beni necessari.
E quindi, si trova perfettamente logico tassare un pacchetto di assorbenti come se fosse un iPhone, ma agevolare il culto del “santino elettorale” nella buchetta delle lettere.
Sì, ma la Pink Tax è nata con questo Governo?
No. La Pink Tax è un elefante nella stanza, lo scheletro nel guardaroba di ogni manovra finanziaria dei paesi occidentali da diverse legislature ormai.
Solo che alcuni Governi virtuosi hanno fatto qualcosa al riguardo.
L’ultimo paese in ordine di tempo che ha abbassato la tassazione per assorbenti e pannolini è stata la Spagna: l’imposta sul valore aggiunto, assimilabile alla nostra Iva, è stata portata al 4%. Ancora meglio succede alle Isole Canarie, dove dal primo gennaio di quest’anno il governo autonomo ha deciso di eliminare in toto le tasse su pillole antidolorifiche, coppette mestruali e assorbenti. In Scozia, da settembre, le studentesse potranno ricevere gratuitamente assorbenti e altri articoli sanitari femminili, per porre rimedio a quella che è stata definita la “period poverty”: l’impossibilità per le studentesse in stato di difficoltà economica di frequentare le lezioni durante il ciclo mestruale, proprio perché non possono permettersi gli assorbenti.
La Francia è dal 2015 che ha abbassato dal 20% al 5,5% l’imposta sui prodotti sanitari femminili, mentre Belgio e Olanda l’hanno portata al 6%. L’Irlanda l’ha addirittura azzerata. Sempre nel 2015 il Canada ha eliminato del tutto le tasse su questi articoli. Anche l’India, pochi mesi fa, ha cancellato la tassa sui prodotti sanitari, introdotta lo scorso anno e pari al 12%, mentre in Australia a partire da gennaio 2019 non si pagherà più su assorbenti e tamponi la Gst, la tassa del 10% introdotta nel 1999.
E l’Italia? A proporre una nuova tassazione ci ha provato Possibile, il partito di Filippo Civati, nel 2016, senza successo. Il mese scorso ha ritentato il presidente della commissione Sanità del Senato, il pentastellato Pierpaolo Sileri. Orientamento politico a parte, tutte le donne sperano nella sua riuscita. E, dopo questa piccola riflessione, spero anche tutti gli uomini.
Nel 2016, quindi, Possibile aveva provato ad abbattere la Pink Tax: non è successo.
Nel corso della manovra Finanziaria, Sileri in quota Cinque Stelle aveva riproposto l’emendamento: ma l’impietosa Manina invisibile che muta i decreti deve essere evidentemente appartenente ad un uomo, ed ha quindi ritenuto necessario abbattere l’IVA sui Tartufi ma dimenticarsi della proposta Sileri (precedentemente: Civati) per lasciare lo Status Quo ante.
Per non parlare di antidolorifici e prodotti sanitari femminili ulteriormente collegati al mestruo, ancora sottoposti ad una Pink Tax di fatto per la quale la discussione non è mai iniziata.
Ma perché ne parlate ora?
Perché la discussione, adesso, non solo non è iniziata, ma comincia ad assumere risvolti definiti dagli utenti della Rete come confinanti col mansplaining, l’attitudine dell’uomo nel voler spiegare alle donne cose che, ovviamente, conoscono vivendole.
Sostanzialmente, c’è che riapre il tavolo sulla Pink Tax, ovvero sull’IVA sugli assorbenti, per dire che è giusto non incentivarli per spingere le donne verso pannolini lavabili e Coppette Mestruali.
Cose che effettivamente sono soluzioni praticabili, ma a parte la poca opportunità di passare, nel volgere di strani eoni, dal “L’Utero è mio e lo gestisco io” a “Ora arrivo io e ti spiego un attimo cosa ti conviene tenere attaccato al tuo utero e tu devi ascoltarmi”, vorremmo ricordare che non in tutte le occasioni è possibile usufruire di strumenti riutilizzabili.
Volendo per forza porre la questione in un “Marte contro Venere”, vorrei ricordare ai lettori maschi che anche loro hanno abbandonato i fazzoletti di stoffa da almeno un paio di generazioni perché durante un raffreddore tenere in tasca assieme allo smartphone un affare viscido e pieno di muco per poi rituffarci dentro il naso gli suscita un certo disgusto.
Immaginate una donna in una situazione dove, nonostante semplicissimo entrare in un bagno pubblico, cambiarsi l’assorbente, gettare quello vecchio e rimettersi quello nuovo, si trovi a dover cercare un posto dove svuotare e mondare la Moon Cup, o, nel caso del pannolino lavabile, girare con un feticcio unto e sanguinolento nella borsetta.
Semplicemente, solo un Sith vivrebbe di assoluti, e quindi non ci sentiamo in grado di prescrivere soluzioni globali a tutto il genere femminile.
Peraltro, ci tocca ricordare che al momento anche pannetti lavabili, coppette mestruali e simili hanno l’IVA al 22%, quindi il problema verrebbe solo spostato.
Sì, ma io Villanzone sulla Rete sono uomo, a me che me ne importa della Pink Tax?
A parte il fatto che a questo punto chi scrive prova un po’ di disprezzo per te (eufemismo) pari solo a quello che i personaggio di Italiano Medio, il film di Maccio Capatonda, provano per il protagonista che, dopo aver assunto una particolare droga per renderlo stupido (e quindi, a suo dire, felice), risponde col suo ora limitato intelletto ad ogni problema con
ca**o me ne frega a me, io c’ho il Diesel!!!
e siamo tutti disgustati dal tuo senso civico che, riteniamo, ti darà un successo con le donne tale da cancellare il tuo contributo genetico dal genere umano nella prossima generazione, ti invitiamo a considerare una semplice questione che gli altri stati che hanno invece abbattuto la Pink Tax si sono posti: di fatto, al momento abbiamo una percentuale della popolazione in età lavorativa leggermente superiore al 50% che, quattro giorni al mese, abbisogna di prodotti tassati nello scaglione massimo per mantenersi produttiva e nel resto del mese vede esigenze cosmetiche ed igieniche che per andrebbero considerate essenziali tassate come fossero mero lusso.
Anche volendo escludere la depilazione dal computo, mio piccolo ignorante, il solo lavoro di metà della popolazione Italiana “in quei giorni” garantisce, da solo, il ripagarsi degli eventuali “gettiti ridotti” dal trattare i prodotti legati al ciclo mestruale come lussi.
Sì, ma io ho fatto i calcoli con la calcolatrice ed ho visto che…
Ok, “generico Villanzone sulla Rete contro i diritti delle donne”. Non dire le bugie, perché tu il pollice opponibile per usare la calcolatrice non lo hai. Se inizi con questo discorso, dimostri di non essere abbastanza evoluto, e sulla scala evolutiva aggiornata agli “ominini” tu sei più una bizzarra specie di ominicchio se non di quaqquaraquà.
Tu sei andato a copiare i dati della Gabanelli in Dataroom scoprendo che siccome, in media, le donne spendono 126 euro annui di assorbenti e le famiglie 1.152 euro annui di pannolini, in media l’IVA sugli assorbenti dovrebbe aggirarsi sui 23 euro annui e l’IVA sui pannolini sui 208 euro.
Prima di andare avanti, vorremmo lasciare la parola alla nostra Principessa, il Generale Leia Organa che ha un importante messaggio per te. Ascoltalo per bene, che torniamo a noi subito dopo
E probabilmente, oserei dire troppo strapezzente persino per permettersi una nave in grado di fare la Rotta di Kessel in meno di dodici parsec (qualità che almeno redimerebbe il coacervo di fesserie che ami vomitare sui social, amico somarista).
Ci secca quasi spiegarti che la statistica è quella cosa particolare per cui se io mangio due polli e tu sei a digiuno da settimane e mi chiedi un assaggio, io sono autorizzato a riderti in faccia dicendo che statisticamente ti ho già dato un pollo, l’hai mangiato con gusto e dovresti ringraziarmi.
Ma ti ricordermo come, amico somarista, tu eri quello che due anni fa ci bombardava le cassette di posta, ci taggava e ci importunava perché trovava intollerabile dover pagare due centesimi per una busta di plastica inventandosi improbabili complotti riguardanti Renzi e l’Uomo Veramente Cattivo per costringerti al tragicomico esborso di una decina di centesimi in più a spesa settimanale, cosa che ti avrebbe reso ancora più povero in un centinaio di anni o giù di lì.
Ed adesso ti permetti pure di fare i conti in tasca alle donne per piaggeria politica?
Devi essere uno spasso alle feste, guarda, ti ameranno tutte e sicuramente presto avrai una mogliettina ed un posto fisso per cominciare la tua famiglia basata sui Valori e le pezze lavabili nell’Opulento stile dell’800.
Ma anche no.
Non so come tu la veda, e probabilmente la vedi tutta dal punto di vista grettamente economico per cui chiunque non la pensi come te (oppure non ti lasci provare l’estasi suprema propria dell’Idillio dell’Amore) deve tacere e pagare, ma qui oltre alla questione economica, che in realtà esiste ed insiste perché ignori che ci sono molteplici tipi di assorbenti e non tutte le donne possono usare quelli più economici, c’è un’evidente questione morale.
Tu, amico cereale somarista, trovi logico andare da tua moglie (che con accenti del genere ci permettiamo di dubitare incontrerai mai) o tua figlia (vedi sopra) a dirle che secondo te le sue esigenze primarie valgono meno del diritto di stampare più manifestini elettorali col faccione del tuo idolo di turno?
Noi no, tu?
E quando smetterai di cincischiare e coronerai il tuo sogno di accoppiarti con una donna senza assorbenti e generare eredi da donare a Dio, alla Patria ed alla Famiglia, dici li pagherai quei 208 euro tondi tondi, oppure il voto di Alessandro Borghese interverrà a ribaltare la situazione?
Quindi, un proposito per il nuovo anno non potrebbe essere l’abbattimento della Pink Tax, e portare l’IVA sugli assorbenti ad un livello che consenta alle donne di approvigionarsene?
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