Ci segnalano i nostri contatti un video virale che dovrebbe contenere l’epilogo della storia di Piotr Szczerek, definito dalla stampa “il CEO più odiato al mondo”.
Nella storia del video Szczerek, ritratto agli US Open mentre prende un cappello autografato dalle mani del tennista Kamil Majchrzak, cappellino destinato ad un bambino seduto accanto, viene punito per il suo atto e secondo fonti internet sarebbe stato licenziato in tronco.
No, non hanno licenziato Piotr Szczerek “il CEO che ha rubato un cappello a un bambino”
Si tratta dell’ennesima bufala basata sul “fotoromanzo social”: un video assemblato con voci in AI e selezione di spezzoni vari per raccontare un storia di “buoni sentimenti e ragebait.
La storia reale inizia circa sei giorni fa: Majchrzak distribuisce doni ai suoi fan, e il CEO dell’azienda Drogbruk prende al volo un cappellino destinato ad un bambino seduto a lui di fianco.
La Rete non perdona: l’azienda di pavimentazioni e cementificazioni Polacca viene preso di assalto da recensioni negative e Trustpilot interviene per bloccarle arrivati alla quota negativa di 1,5 stelle, con alcune persone che hanno erroneamente colpito una ditta dal nome simile.
Il primo settembre Szczerek, dopo aver chiuso tutti gli altri canali di collegamento e comunicazione, pubblica le sue scuse su un post su Facebook, ma blocca i commenti “a tutela della sua famiglia” dicendo che vi è stato un errore.
Trustpilot in queste ore
Secondo la sua versione lui era seriamente convinto che il cappellino fosse destinato ai suoi figli, non voleva toglierlo al bambino, ha fatto in modo che il bambino avesse il suo dono e rimarca le sue scuse dichiarando di essersi sempre speso per iniziative di carità.
Contemporaneamente anche Majchzarak ha rintracciato il bambino, donandogli un nuovo cappello e invitando Szczerek a porgere di persona le sue scuse al piccolo, momento questo evidentemente citato nella lettera di scuse come “restituzione”.
Resta il video in cui lo Szczerek raccoglie il cappello, e tra le proteste del piccolo, sua moglie Anna (che ha introdotto il marito CEO allo sport) infila il cappellino nella borsetta ignorando le lamentele del bambino (cosa che ha provocato peraltro il coinvolgimento della moglie Anna e dei suoi figli nelle invettive social rivolte al consorte).
La lettera di scuse del CEO
Szczerek stesso è un tennista amatoriale e sponsor di diverse iniziative, ovviamente ora intaccate.
Non esiste traccia alcuna del suo licenziamento: esso nasce come forma di “bufala del giustiziere”, antico filone antenato dei moderni romanzi social e ragebait in cui un personaggio odiato dal pubblico riceve, almeno nel mondo delle bufale, una rapida e brutale punizione per le sue mancanze.
Se non credete a noi, leggete la didascalia del video, che riporta
Questo contenuto è prodotto esclusivamente a scopo di intrattenimento e satirico. Tutte le informazioni presentate sono costituite da voci, accuse, speculazioni e affermazioni non verificate provenienti da resoconti pubblici e social media. Nulla in questo video deve essere considerato fattuale, confermato o basato su prove verificate.
Nelle bufale del giustiziere vintage foto di persone ferite e mutilate venivano infatti descritte come “Pedofili castrati dalla folla”, “politici ladri linciati dal popolo”, “ladri nomadi massacrati di botte dai derubati”. In questo caso, il fotoromanzo social invece auspica come “satira” la rovina economica per Szczerek e famiglia non ritenendo le scuse idonee.
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