Nintendo dal Game and Watch alla Switch: il gioco portatile ai tempi del retro

di Shadow Ranger |

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Nintendo dal Game and Watch alla Switch: il gioco portatile ai tempi del retro Bufale.net

Ammettetelo, siete tutti in sollucchero per l’annuncio di Switch 2, o meglio l’annuncio dell’annuncio dell’annuncio che ci sarà il 27 Aprile, in una catena partita dal 16.01, che salterà al 02.04 per saltare al 27.04 per poi dare il là all’annuncio ed alle vendite definuitive. Perché Nintendo è così.

Nintendo dal Game and Watch alla Switch: il gioco portatile ai tempi del retro

Nintendo dal Game and Watch alla Switch: il gioco portatile ai tempi del retro

È sempre stata così: il pezzo forte della casa è stato creare hardware semplice, tremendamente semplice, ma con qualche intuizione rivoluzionaria. Ed è tutto partito dal 1980 e da Gunpei Yokoi.

Nintendo dal Game and Watch alla Switch: il gioco portatile ai tempi del retro

Gunpei Yokoi fu il padre delle console portatili Nintendo, ed entrò in ditta quando Nintendo era ancora una casa produttrice di giochi di carte tradizionali, le carte Hanafuda che costituiscono l’equivalente nipponico del nostro “Mercante in Fiera”. Carte ornatissime, stampate in enormi quantità per allietare i giochi delle famiglie nei giorni di festa.

Yokoi fu assunto per occuparsi delle macchine da stampa nel 1965, ma gli anni ’60 erano il periodo in cui il Giappone si svegliò affamato di consumismo dopo aver vissuto gli orrori del Secondo Conflitto Mondiale e la miseria del primo dopoguerra.

Yokoi, vedemmo nel primo articolo, si trovò sotto la gestione del CEO Hiroshi Yamauchi, discendente del fondatore di Nintendo e primo CEO della transizione all’elettronica.

Ultra Hand, una delle prime invenzioni di Yokoi

Ultra Hand, una delle prime invenzioni di Yokoi

Yamauchi non era un CEO Gamer, come fu Satoru Iwata, era un imprenditore nudo e puro che, nelle memorie dell’Henk Rogers importatore di Tetris nell’epoca del pieno sviluppo del NES non sapeva tenere in mano un pad (cosa non secondaria).

Yamauchi provò inondando il mercato dell’equivalente di giochi da bancarella: l’aspirapolvere giocattolo Chiritorie, il “Love Tester”, la “Ultra Hand”, una manina telescopica usata per infastidire gli amichetti, il “One Million Barrel” e tutta una serie di giocattoli meccanici con l’occasionale set di lucette per attarre i bambini.

Alcuni giochi ebbero più successo di altri: ma questo non bastò al nostro Gunpei Yokoi, che si mosse verso la creazione e il lancio dei videogames: nel 1979 Yokoi viene messo a capo del Nintendo Research & Development 1, team di ricerca e sviluppo dedicato ai videogames che porterà alla nascita di Nintendo of America quasi per caso.

Alla fine, nasce tutto da una scimmia

Alla fine, nasce tutto da una scimmia

Dopo aver sviluppato con Shigeru Miyamoto Radar Scope, clone parziale di Space Invaders, Yokoi noterà un infimo successo del gioco. Correggerà il tiro col fido Miyamoto convertendo i cabinati in una saga videoludica nata per caso quando Nintendo non potè avere i diritti su Braccio di Ferro in tempo per finire il relativo videogioco.

Il cabinato di Donkey Kong consentì a Nintendo di riciclare i gusci invenduti di Radar Scope, trasformando un insuccesso in vittoria e un clone di Braccio di Ferro nella longeva saga di Super Mario e di Donkey Kong.

Gunpei era diventato il genio della transizione digitale di Nintendo, e salvare Nintendo of America da una crisi che l’avrebbe strozzata in culla non fu il suo capolavoro.

Arriva il Game&Watch

Secondo un noto aneddoto virale riportato anche nei testi di Dario Moccia, Gunpei Yokoi ebbe l’idea della prima vera console portatile di Nintendo osservando un salaryman, un triste impiegatuccio giapponese annoiato che giocava coi tasti di una calcolatrice per ammazzare il tempo durante un lungo viaggio in metropolitana.

In realtà, come riportato da Retrogame Magazine, Sprea Editore, assai più verosimilmente Yokoi, che come abbiamo avuto modo di vedere conosceva bene il mercato americano, aveva avuto modo di osservare gli Scacciapensieri Mattel, come Mattel Auto Race del 1976, ovvero i pri giochini portatili a tema sportivo basati su display a cristalli liquidi.

Pubblicità Nintendo del G&W rifatto per l'anniversario

Pubblicità Nintendo del G&W rifatto per l’anniversario

E decise che li avrebbe migliorati: sempre l’aneddoto virale a questo punto riporta un determinato Yokoi, riciclatosi come autista di Yamauchi in quanto unico in grado di guidare automobili all’americana, spingere la sua idea di una “console pari ad una calcolatrice”.

È assai più probabile che Yokoi volesse tirare la volata a Mattel: in ogni caso la sua idea ebbe successo e Yamauchi aprì ad una partnership con Sharp in grado di fornire a Yokoi gli strumenti per realizzare la sua visione.

Una console portatile di seconda generazione, con un umile display a LCD, un processore Sharp a 4 bit e 65 bytes di RAM.

La prima serie, come tutti gli “scacciapensieri” dell’epoca, aveva due bottoncini per il movimento, ma Yokoi al momento di portare il suo Donkey Kong che tanto gli aveva arriso, decise di munire la sua creazione di una croce direzionale il D-Pad.

Il tipo di controller usato in tutte le console Nintendo da quel momento in poi, compresa la Switch (anche se solo in un Joycon apposito su licenza, sul Pro Pad e su altri controller di terze parti autorizzati e non), il controller a croce in grado di essere poco sporgente su una consolina portatile ma altrettanto preciso.

In una decina di anni di vita ci furono sessanta Game&Watch, più riedizioni moderne, coi più svariati formati.

Il primo G&W della storia fu Ball, dove un ometto doveva raccattare delle pallette nere in giro per il display. I Game&Watch furono poi arricchiti di un orologio e di una struttura a conchiglia con due display per renderli più solidi e aumentare lo spazio di gioco, anticipando la struttura che diventerà del Nintendo DS e del 3DS, alimentato da poco costose batterie a bottone su una scocca colorata ma robusta, tratti che Yokoi vorrà in tutte le console del futuro.

Esempi di "Scacciapensieri", fonte Kinetica Bologna

Esempi di “Scacciapensieri”, fonte Kinetica Bologna

Per ovviare al fatto che di fatto ogni gioco richiedeva un nuovo Game&Watch Yokoi inserì in ogni esemplare una “modalità B”, una modalità di gioco a difficoltà aumentata, simile a quella di molti giochi Atari del 2600.

Il successo del Game&Watch fu quindi epocale e portò a Nintendo vendite e premi, ma non era abbastanza.

Il Game&Watch era diventato ubiquitario, e fu ispiratore di una enorme diffusione del genere, stimolando non solo Mattel, ma ditte come Tronika, Tiger e Polistil (su importazione Tiger) ad inondare il mercato degli “scacciapensieri”, i giochini LCD a basso costo che in un’epoca in cui le console portatili erano ancora assenti o ingombranti o costose consentivano ai giocatori di avere qualcosa con cui baloccarsi.

Memorabili furono i cloni sovietici, prodotti dalla statale Elektronika, con i giochi Nintendo rimaneggiati per usare proprietà intellettuali locali, come Nu, Pogodì!, storia di un lupo svogliato e capitalista che cerca di divorare un coniglietto sovietico, comunista e gran lavoratore rimandendo beffato, o i nostri cloni su licenza a base di Isidoro e Lupo Alberto.

Ma Nintendo doveva andare avanti. E lo fece.

Arriva il GameBoy

Nel 1989, verso la fine della vita commerciale dei Game&Watch, Gunpei Yokoi volle creare una console di quarta generazione che fosse un’alternativa al NES, poco costosa, robusta (si parla di GameBoy sopravvissuti a incendi e altre catastrofi) e a portata delle mani dei ragazzini.

Prese così il D-Pad e lo gettò in una robusta custodia color crema con processore a 8bit da 2,2mhz, display monocromatico a quattro sfumature di grigio su sfondo verde, più economico del NES ma col vantaggio della portabilità.

Rispetto a concorrenti illustri come il GameGear di SEGA il GameBoy era parecchio umile, e questo lo accomuna alla Switch moderna, decisamente sottotono rispetto alla concorrente diretta Playstation 4.

Ma aveva dalla sua bassi costi, una semplicità produttiva ed una pletora di applicazioni.

Il citato Henk Rogers fu citato dire a Yamauchi

“Se venderai il GameBoy con Mario, lo compreranno i ragazzini: ma se lo venderai con Tetris, lo compreranno tutti”.

Tetris fu la “killer app”, l’applicazione di lancio più prolifica del GameBoy, che verso la fine del suo ciclo vitale iniziale ospitò il fenomeno planetario di Pokémon.

Il GameBoy cementò quindi un altro tratto caratteristico ereditato dalla Switch: un hardware sottotono, ma un insieme di giochi al lancio rivoluzionari (Tetris fu rocambolescamente strappato ad Atari Tengen, Pokémon divenne un fenomeno planetario, una macchina da soldi e la più nota esclusiva per console portatili Nintendo…) e una serie di proprietà intellettuali fortissime, tra cui il Metroid in cui lo stesso Yokoi era coinvolto e un insieme di revisioni hardware successive per “perfezionare la perfezione”.

Tetris su GameBoy e Tetris 99 su Switch

Tetris su GameBoy e Tetris 99 su Switch

Come l’esclusiva giapponese GameBoy Light, un GameBoy retroilluminato, il “GameBoy Pocket” a portata di manine di ragazzino e con un consumo in pile inferiore e il GameBoy Color (1998), non retroilluminato ma a colori, giusto in tempo per godere di Pokémon nel modo in cui il disegnatore Ken Sugimori aveva immaginato i colori di quel mondo, e munito di un sensore a infrarossi che se non fosse stato per l’elevato numero di GameBoy ancora in circolazione avrebbe sostituito il Data Link Cable.

Il GameBoy divenne la terza console più venduta, e attualmente occupa il quarto posto delle console più vendute di sempre, tallonando la Switch, sul podio con Nintendo DS e PlayStation 2, onnipresente in ogni tasca e munita di una pletora di accessori, sia della casa che di terze parti.

Il GameBoy introdusse di fatto una tradizione che sarebbe diventata di seguito un cardine delle vendite portatili di Nintendo: le edizioni limitate.

Il Game Boy Color fu infatti prodotto in diversi colori alla fonte, allo scopo di pubblicizzare la novità del colore, e mentre il GameBoy classico già aveva alcune varianti coi brand di concorsi e partner, il GameBoy Color introdusse delle varianti, come la celebre variante Pokemon introdotta nel solo Giappone, come anche una versione dedicata all’anime Card Captor Sakura (Pesca la tua carta Sakura!), mentre il mercato Occidentale dovette accontentarsi di un GameBoy Color coi loghi del negozio di moda Tommy Hilfiger.

GameBoy Color, Pikachu edition

GameBoy Color, Pikachu edition

Era nata la tradizione, portata avanti ancora adesso dalla Switch, di far seguire al modello base una serie di edizioni limitate di pregio collezionistico destinate ad essere comprate, tenute in scatola e rivendute a prezzo maggiorato, oppure esibite come un marchio di fedeltà al logo o parte di un pubblico particolarmente colto.

Ma la storia delle console portatili Nintendo figlie dirette del Game&Watch non era finita, e il Game&Watch non era stato dimenticato.

Non parliamo solamente del Nintendo Mini, consolina ultraportatile dall’aspetto di un GameBoy microscopico con versioni rimasterizzate dei giochini del G&W e qualche novità e del Pokémon Mini, la più piccola console portatile a cartucce di Nintendo con dei minigiochi di vario tipo legati al modo dei Pokemon.

E non parliamo solamente del fatto che il form factor del GameBoy fu universalmente rinonosciuto come così perfetto da essere tutt’ora usato da discendenti moderni, come il Miyoo Mini e l’Analogue Pocket.

La breve parentesi del Virtual Boy

Abbiamo già parlato del tentativo di Yokoi di portare il GameBoy nel mondo del 3D col “Virtual Boy”, un oggetto troppo pesante per essere considerato portatile, un visore così rozzo e pesante da richiedere un treppiedi per essere sorretto. Nel 1995 era troppo avveniristico e limitato dalla tecnologia dell’epoca per essere più di un flop, ma ciò nonostante era simile ad una versione malfunzionante del Nintendo LABO Realtà Virtuale, kit con un visore di cartone e appositi giochi stereoscopici per la Nintendo Switch.

Gunpei Yokoi era all’epoca ancora saldamente a capo del Nintendo R&D1, e film come Il tagliaerbe l’avevano convinto che i ragazzini avrebbero avuto fame di giochi in realtà virtuale.

Il VirtualBoy, un fallimento di Nintendo

Il VirtualBoy, un fallimento di Nintendo

Il brillante Yokoi non arrivò però a capire che i ragazzini non avevano nessuna voglia di farsi fracassare le ossa del collo da un oggetto così pesante da non poter essere tollerato dai muscoli dei ragazzini, che causava malesseri vari dopo un’ora a causa della precaria visione in linee monocromatiche rosse e che di fatto era incatenato dal suo peso e dal consumo abnorme di batterie alla scrivania.

Il VirtualBoy fu un flop parzialmente rinato nelle vesti del 3DS e nel kit LABO, e Gunpei Yokoi si dimetterà da Nintendo nel 1996 per morire in un grave incidente stradale l’anno dopo, senza vedere il GameBoy finalmente traghettato verso una nuova era di portabilità

Il doppio binario che divenne singolo: GameBoy Advance e Nintendo DS

Nel 2001, l’anno che tradizionamente viene identificato come lo spartiacque tra tutto quello che è retro e quello che è vecchio ma ancora non lo è tecnicamente, il Project Atlantis cercò di svecchiare la console portatile della Grande N.

Nacque il GameBoy Advance: form factor diverso, nuovo processore, ma con nel cuore uno Zilog80 per mantenere la piena retrocompatibilità: chi non dovesse trovare un GameBoy o un GameBoy Color per giocare e non avesse soldi per un Analog Pocket potrà usare tutte le cartucce in un GameBoy Advance.

Il GameBoy Advance era l’epitome del modello Nintendo: nel 2001 non era più performante di un SNES, uscito quasi un decennio prima. In un mondo di cellulari retro che già avevano batterie ricaricabili e display retroilluminati a colori, il GameBoy Advance non solo non aveva né l’una né l’altra cosa, ma rimuoveva il jack per usarlo con alimentatore, ripristinato solo da battery pack di terze parti che sostituivano il cassetto del vano batterie.

Una console fisicamente inferiore, ma dotata di gimmick che le altre console non avevano.

Aveva un enorme debito col passato: non era solo retrocompatibile coi giochi, ma anche con tutte le funzioni, avendo ereditato il connettore del Data Link Cable dei GameBoy precedenti, ma non il sensore infrarossi del Color.

GameBoy Advance e Nintendo DS, CD per scala

GameBoy Advance e Nintendo DS, CD per scala

Ma aveva nuovi giochi: al lancio ebbe la terza generazione di Pokémon, la prima esente dalla enorme pletora di bug che avevano afflitto le prime due e matura a sufficienza per introdurre le meccaniche di gioco ancora ad oggi usate, come nature e abilità dei mostriciattoli.

E aveva la possibilità di usarla come controller e sbloccare una serie di minigiochi sulle console fisse della casa, come il GameCube ottenendo così minigiochi per Animal Crossing e Legend of Zelda.

Anche qui modelli successivi corressero il tiro: il GameBoy Advance SP fu pieghevole, ricaricabile e con retroilluminazione, seguito dal GameBoy Advance Micro, una console di dimensioni ridotte ispirate al Game&Watch.

Il GameBoy Advance Micro

Il GameBoy Advance Micro

Nell’idea di Nintendo il GameBoy Advance avrebbe dovuto affiancarsi al Nintendo DS del 2004, ma fu di fatto sopravanzato dallo stesso.

Il Nintendo DS riprese la struttura del Game&Watch, trasformandola nel gimmick di due schermi di cui uno tattile, e la retrocompatibilità col GameBoy Advance (ma non col GameBoy originale) e una vocazione per il gioco online tale da rendere un popolare accessorio un minirouter WiFi per condividere via USB la connessione da un PC connesso.

Non solo la retrocompatibilità, ma anche l’uso dello stesso caricabatterie dell’Advance SP tradiranno una parentela genetica tra i due dispoisitivi: a latere, Nintendo non abbraccerà l’uso di caricabatterie standard USB fino a Nintendo Switch, la cui dock però non è tecnicamente certificata per accessori di terze parti.

Esistono però cavetti di terze parti in grado di convertire il pinout delle console della famiglia Advance e xDS in USB, usando caricabatterie da 5V: il DS era alquanto parco e si accontentava di 5.2V su 1,6W, quindi 300mA, quindi usando un cavetto di terze parti era possibile usare un normale caricabatterie da cellulare.

Al DS seguì il DSLite, più contenuto ed elegante nelle forme e il DSi, regular e XL, console che sacrificava il supporto dell’Advance per ottenere accesso a giochi scaricabili online e una fotocamera in stile cellulare, tutte console ricaricabili e retroilluminate.

DSiXL e New3DS XL, CD per scala

DSiXL e New3DS XL, CD per scala

Console a cui seguì il 3DS, dotato di 3D stereoscopico sul secondo monitor come gimmick e che appaiava al D-Pad un thumbstick, due per l’evoluzione finale, il New3DS, maggiorato nel processore e nei controlli, usati però da una minoranza di giochi.

Il 3DS realizzò il sogno del defunto Yokoi: a dire il vero Nintendo si baloccava con l’idea di un monitor con 3D stereoscopico già ai tempi dell’Advance SP, ma non volle nuovamente rischiare con una tecnologia immatura.

Il 3DS ebbe diversi titoli che sfruttavano il gimmick, ma erano utilizzabili anche in 2D, motivo per cui tutte le generazioni di 3DS ebbero una controparte “2DS” col doppio schermo ma la stereoscopia assente di fabbrica.

Per i pù curiosi, il New3DS XL porterà l’amperaggio richiesto a 800mA, ma resteremo comunque con console parche nei costumi e durevoli.

Arriva la Switch

Abbiamo ovviamente glissato sulle console più moderne: della Switch non potremo che ricordare come essa è di fatto il culmine e l’eredità di tutta la generazione portatile.

Lanciata nel 2017, seguita dal modello “Lite” del 2019 e l’anno dopo da una versione OLED, nonché da un restyling del modello originale con una batteria la Switch è il coronamento dell’idea di Yokoi.

Una console che ha reso obsolete le console fisse, potendo essere inserita in una “dock” con porte USB e HDMI, rimuovendo i due “Joycon”, i controlli laterali, per usarli con apposite impugnature, dotata di tutti i titoli che avevano reso immenso lo strapotere del GameBoy, e di controller opzionali col D-Pad della Casa (i Joycon originali lo sostiuiscono con una crocetta a bottoni).

Confronto tra le due generazioni di Switch al lancio, fonte Radio Times

Confronto tra le due generazioni di Switch al lancio, fonte Radio Times

In un mondo in cui Nintendo ha rimesso in commercio repliche moderne dei Game&Watch, la Switch eredita quello spirito rivoluzionario partorito da Yokoi, e si appresta nel corso di  quest’anno ad essere sostituita, come abbiamo visto già accadere, dalla “Switch 2”, un modello rivisto e che corregge alcuni vizi di gioventù della console (Joycon magnetici maggiormente resistenti a usura e maltrattamenti, display più grande, batteria e performance maggiorate…).

Alcune funzioni sono state perse per strada: la Switch al contrario del 3DS, ma anche solo del control pad della WiiU non ha una fotocamera, e il supporto 3DS esiste solo per una manciata di giochi con un visore in cartoncino (rifatto in plastica da terze parti) che approfitta del largo monitor per duplicare le immagini, ma altre funzioni furono aggiunte rendendo la Switch l’erede di intere generazioni.

Ed è un viaggio che sarebbe stato impossibile senza le intuizioni di Yokoi e senza il suo guardare al mondo degli “scacciapensieri tascabili”.

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