Editoriale

Le foto delle strade piene di persone non dicono sempre la verità – L’#infodemia mondiale ai tempi del Coronavirus

Ci segnalano i nostri contatti un articolo interessante, scritto da Il Post e basato sulle osservazioni di un giornalista Danese.

Il Post, va ricordato, è senz’altro la medaglia d’oro del giornalismo Italiano, e in più occasioni abbiamo lodato la puntuale precisione e deontologia che lo rende una testata ammirabile.

E il post ci ricorda che Le foto delle strade piene di persone non dicono sempre la verità, come modo per ricordarci che una narrazione è sempre legata a quello che si vuole raggiungere. E non ci sono complotti, ma spesso mero desiderio di un vasto pubblico.

Il caso di specie

Il caso di specie è dato da una serie di tweet del giornalista Thomas Baekdal, che ricorda e sintetizza l’editoriale della collega Astrid Helmer Morck.

L’assunto dell’articolo, che potrete leggere in un corretto danese, è semplice, e possiamo spiegarlo con un esempio preso dalla nostra cronaca.

Ricorderete il caso del Mercato di Piazza delle Erbe, e di come amministrazioni locali e regionali ebbero a discutere su foto passate alla stampa di un mercato affollato in piena Fase 1.

Un gioco prospettico trasformò delle foto di persone al mercato nel tanto pericoloso assembramento, dando così l’immagine di un comune indisciplinato e da correggere che si tradusse in discussioni a confronto tra amministrazioni comunali e regionali.

Due fotografi danesi hanno ripetuto l’esperimento girando per la Danimarca del distanziamento sociale con due fotocamere diverse. Una configurata per riprese al teleobiettivo, una con diverse impostazioni.

Le stesse foto, raccolte in modo diverso, hanno trasformato mediante giochi prospettici una popolazione disciplinata e pronta alla convivenza col coronavirus nel pericoloso assembramento che suscita livore e rabbia sui Social e trasforma ogni discussione in una rissa social tra presunti indisciplinati e presunti paladini delle regole.

Non complotto, ma opera di clickbait

Parimenti, l’intera storia del coronavirus nella stampa si riassume in questo. Dare la notizia spesso e purtroppo nel modo che la rende più cliccabile. Fidatevi, in titoli allarmistici che descrivono la Germania come un paese distrutto dalla malattia per aver osato scegliere una via diversa, nelle affrettate descrizioni di sindromi rarissime dagli effetti non preoccupanti non vi è alcun interesse complottistico-dittatoriale, ma solo la dura realtà che se oggi come oggi scrivessi un articolo dal titolo

Trovato un cesso scassato in una discarica

voi mi prendereste in giro, ma se scrivessi

ALLARME SOCIALE! SOSPETTO DI TRACCE DI CORONAVIRUS IN UN CESSO SCASSATO DENTRO UNA DISCARICA!!

La magica parola coronavirus renderebbe il mio articolo cliccatissimo e letto da milioni di persone nel mondo. Forse, neppure letto: i pochi ad averlo letto noterebbero la vaghezza del testo e lascerebbero perdere.

E altre parole magiche come assembramento sono di sicura viralità. Guardiamo i trend, i numeri di ricerca per le due parole

I trend di ricerca per la parola Coronavirus

I trend di ricerca per la parola Assembramento

E per favore, non fateci neppure cominciare a parlare di come la parola congiunti a momenti non fosse neppure nel vocabolario fino alla settimana scorsa ed oggi vende come il pane con Nutella.

La lezione da trarre

Quante volte abbiamo visto intere decisioni e linee di condotta giustificate da

L’ho visto nelle foto! L’ho visto al TG! L’ho visto su un giornale, quindi è tutto vero e chi sei tu per dire che non è vero?

La prospettiva mente. Una notizia può essere resa in diversi modi.

Giusto ieri abbiamo visto come la stessa notizia di un atto di carità è stata resa come il Papa aiuta una comunità di transessuali o il Papa regala soldi ai Trans, con diverse reazioni nel pubblico.

Quindi, prima di valutare una situazione complessa come una pandemia e le sue conseguenze da un paio di foto, controllate. Anche più volte se necessario. E se una soluzione vi sembra troppo semplice, non è quella giusta.

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