L’Ambasciata Americana a Kiev contro la Russia dimostra qualcosa che sapevamo. Che il meme sarebbe diventato uno strumento di politica, se non di lotta e appartenenza politica.
Teoria più antica di Internet, letteralmente: anche nella Seconda Guerra mondiale vignette e parodie venivano brandite come oggi brandiamo il meme, creando svariate iconografie da lanciare sull’avversario.
A volte i meme hanno il sapore del “blast”, la risposta piccata e salace. E a volte le tensioni dei venti di guerra vengono proprio stemperate così: un “blast” per volta.
Da un lato quindi abbiamo il magniloquente annuncio con cui Putin ha annunciato il riconoscimento russo delle Repubbliche Separatiste del Donbass.
Discorso identificato da taluni interpreti come decisamente e anche un po’ sfacciatamente filorusso, fino a disconoscere l’esistenza dell’Ucraina in toto se non come sottoprodotto del Regime Sovietico.
Da un lato l’Ambasciata Statunitense a Kiev, che twitta con un meme al Sapore di Blast. Questo.
Un’immagine vale più di mille parole, recita un antico adagio.
L’Ambasciata Statunitense di immagini ne schiera ben cinque (cinquemila parole dunque?): cinque bellezze artistiche e architettoniche della Kiev a cavallo tra il 996 e il 1108 e una brulla, desolata, opprimente brughiera che dovrebbe rappresentare lo stato di Mosca in quegli anni.
Dal mondo dei meme è tutto, linea allo studio.
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