La prevenzione dell’HIV non sarà più la stessa grazie a Lenacapavir

di Fabio De Bunker |

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Per decenni, la lotta contro l’HIV ha rappresentato una delle sfide più complesse e drammatiche della medicina moderna, un terreno in cui la ricerca scientifica ha dovuto confrontarsi non solo con un virus insidioso e mutevole, ma anche con stigmi sociali, disuguaglianze sanitarie e barriere culturali difficili da superare. Proprio in tale contesto, l’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense di Lenacapavir per la profilassi pre-esposizione (PrEP) segna una svolta storica: per la prima volta viene introdotta una terapia a lunga durata d’azione che richiede soltanto due somministrazioni all’anno, offrendo così una protezione efficace e continuativa contro il virus con un impatto minimo sulla quotidianità dei pazienti.

Il farmaco innovativo contro l’HIV

Lenacapavir è un farmaco sviluppato da Gilead Sciences che agisce come inibitore del capside virale, un meccanismo d’azione completamente innovativo rispetto ai regimi PrEP finora disponibili, come la combinazione orale giornaliera di emtricitabina e tenofovir. Il capside dell’HIV è una sorta di involucro che protegge il materiale genetico del virus e ne regola il rilascio durante le fasi iniziali dell’infezione. Inibendo questo meccanismo, Lenacapavir impedisce al virus di integrarsi nel DNA delle cellule bersaglio e di replicarsi, interrompendo sul nascere il processo di infezione. La somministrazione del farmaco avviene tramite iniezione sottocutanea e garantisce un livello plasmatico protettivo costante per almeno sei mesi, rendendo di fatto superfluo l’impegno quotidiano dell’assunzione orale di pillole.

La prevenzione dell'HIV non sarà più la stessa grazie a Lenacapavir

La prevenzione dell’HIV non sarà più la stessa grazie a Lenacapavir

Sunlenca (il nome commerciale del farmaco Lenacapavir) è un inibitore del capside indicato per il trattamento dell’infezione da HIV-1 resistente a più farmaci negli adulti. Credit: Gilead Sciences

La sperimentazione, l’efficacia e la sicurezza

Il via libera della FDA, giunto a fine giugno 2025, è frutto di un percorso di sperimentazione clinica estremamente rigoroso e promettente, in particolare grazie ai risultati dello studio PURPOSE 1, condotto in Sudafrica e Uganda. I dati emersi sono straordinariamente positivi: nessuna infezione da HIV si è verificata nei partecipanti che hanno ricevuto Lenacapavir, mentre l’incidenza di nuove infezioni è rimasta rilevante nei gruppi di controllo che seguivano la PrEP orale convenzionale. Il dato è ancor più significativo se si considera che lo studio ha coinvolto gruppi altamente vulnerabili al contagio, come giovani donne cisgender e adolescenti che vivono in contesti di elevata incidenza virale. Si tratta dunque non solo di una dimostrazione dell’efficacia del farmaco, ma anche della sua capacità di superare alcune delle principali criticità che, finora, hanno limitato l’efficacia della profilassi orale, come la scarsa aderenza terapeutica e l’interruzione non intenzionale del trattamento. L’aspetto rivoluzionario di Lenacapavir non si esaurisce però nel solo ambito farmacologico. La sua introduzione rappresenta un cambio di paradigma nell’approccio alla prevenzione, in grado di ridurre drasticamente l’elemento dell’errore umano, spesso determinante nei fallimenti delle strategie di contrasto all’HIV. La necessità di assumere una pillola ogni giorno, infatti, non solo comporta un impegno costante e potenzialmente difficile da sostenere, ma espone anche a rischi di stigma, poiché molte persone evitano di accedere ai farmaci per timore che la loro assunzione venga notata o mal interpretata da chi le circonda. Un’iniezione semestrale, discreta e pianificata in ambito ambulatoriale, offre invece un’alternativa molto più accessibile, soprattutto per chi vive in contesti sociali o geografici in cui i servizi sanitari sono difficilmente raggiungibili o culturalmente inadeguati. Un altro punto di forza è rappresentato dalla sua sicurezza. Lenacapavir si è dimostrato ben tollerato nella stragrande maggioranza dei casi, con effetti collaterali generalmente lievi e limitati alla sede dell’iniezione. Inoltre, la sua formulazione a rilascio prolungato permette una protezione costante anche in caso di ritardi nella successiva somministrazione, riducendo ulteriormente il rischio di “finestre” in cui l’individuo potrebbe essere vulnerabile all’infezione; un aspetto che lo rende particolarmente indicato per le persone più giovani o per chi ha difficoltà a gestire terapie croniche, rendendo la prevenzione dell’HIV più inclusiva ed efficace.

L’impatto globale di Lenacapavir e le prospettive di accesso equo alla prevenzione

Non va dimenticato, infine, l’impatto potenziale che una simile innovazione può avere su scala globale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 1,5 milioni di nuove infezioni da HIV si verifichino ogni anno, con un numero ancora allarmante di casi nei Paesi a basso e medio reddito. Anche se l’accesso a Lenacapavir debba ancora essere garantito e ampliato al di fuori degli Stati Uniti, il suo impiego futuro in programmi di prevenzione globale potrebbe quindi rappresentare un’arma fondamentale nella riduzione del contagio, specialmente laddove le barriere logistiche o culturali hanno finora limitato l’efficacia degli approcci tradizionali. La strategia a lungo termine dell’azienda biofarmaceutica Gilead non si limita infatti al solo mercato occidentale: l’azienda ha già avviato collaborazioni con organizzazioni non governative, istituzioni internazionali e governi locali per assicurare una distribuzione equa e sostenibile del farmaco anche nei Paesi più colpiti dalla pandemia di HIV, con particolare attenzione all’Africa subsahariana. Va comunque sottolineato che l’autorizzazione concessa dalla FDA riguarda per ora solo adulti e adolescenti con un rischio elevato di contrarre l’HIV, ma sono già in corso ulteriori studi per estendere l’indicazione anche ad altri gruppi, comprese le popolazioni trans e le persone che fanno uso di droghe per via endovenosa, altrettanto esposte all’infezione. Ovviamente, non siamo ancora arrivati alla fine dell’epidemia, ma ogni tanto la scienza sa sorprenderci con soluzioni tanto semplici quanto potenti. Due iniezioni all’anno, in fondo, potrebbero essere tutto ciò di cui abbiamo bisogno per riscrivere il futuro della lotta contro l’HIV.

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