Editoriale

Assange estradato negli USA, e il conto alla rovescia giunge al termine

Assange estradato negli USA, e ci sono solo 14 giorni (anzi, 13 e mezzo ormai) per un improbabile miracolo.

Solo quattordici giorni di tempo per tentare un ultimo appello, contro l’adeguatezza del provvedimento ministeriale, di fronte alla giustizia britannica; e, nel caso di un rigetto (pressoché scontato secondo ANSA), di provare a rivolgersi pure alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo.

Quattordici giorni prima di un esito che avevamo dato purtroppo per probabile in passato, ad aprile per essere sicuri.

Potrete riguardare il nosro passato articolo per maggiori dettagli, ma la posta è decisamente alta ora. Parliamo di 175 anni di reclusione, praticamente due secoli, di fatto una sentenza a vita.

E parliamo di come gli avvocati del giornalista abbiano paventato un concreto rischio per la salute del reporter in caso di estradizione, legato ai suoi problemi di salute, tra cui una grave forma di depressione.

E di come secondo la Ministra della Giustizia Inglese “in questo caro le Corti del Regno Unito non hanno riscontrato il rischio di abusi, di un trattamento ingiusto od oppressivo contro Assange nell’ambito del processo di estradizione. E neppure hanno riscontrato che negli Stati Uniti egli possa andare incontro a una procedura incompatibile con i suoi diritti umani, incluso il diritto a un processo giusto o alla sua libera espressione”.

“Un giorno buio per la libertà di stampa”

“Un giorno buio per la libertà di stampa”: questo il commento di WikiLeaks, la piattaforma online cui Assange è legato.

Amaro il commento della moglie Stella Morris, conosciuta proprio durante i mesi di rifugio/isolamento nell’Ambasciata Ecuadoriana. Prima parte del suo consiglio legale in veste di avvocato, poi parte della sua vita in veste di moglie e madre dei suoi figli.

«Questa non è la fine della storia — annuncia Stella — ci batteremo, useremo ogni via legale, passerò ogni ora da sveglia combattendo finché Julian non sarà libero, finché giustizia non sarà fatta».

Nel precario conto alla rovescia ormai iniziato, Stella Morris e gli attuali legali di Assange non lasceranno alcuna pietra smossa: convinti che le assicurazioni del governo Statunitense sulla sicurezza e la salute del giornalista e attivista siano “una farsa” (seguendo le parole di Amnesty International) dichiarano che oltre ai citati ricorsi per via diretta, chiederanno all’amministrazione Biden di lasciar cadere il caso e al governo australiano di intervenire a tutela di un loro cittadino.

Lo spettro della depressione, per una Stella Morris che parla sia in veste di legale che di compagna è tutt’altro che allontanato, e descrive un Assange che desidera vivere ma in caso di estradizione si avvicinerebbe mentalmente all’estremo gesto, in una storia in cui il concetto stesso di libertà di parola nel giornalismo è sotto attacco e definizione.

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