Editoriale

Zuppa contro Van Gogh: attiviste ambientaliste in tribunale

Zuppa contro Van Gogh: attiviste ambientaliste in tribunale. Nella giornata del 15 Ottobre sono apparse dinanzi ad un tribunale londinense le due attiviste accusate di danneggiamento per aver scagliato della zuppa contro Van Gogh, per essere precisi i girasoli.

Le due attiviste hanno versato della zuppa sull’iconico quadro di Van Gogh, per poi incollarvicisi davanti allo scopo di ottenere attenzione sulla loro protesta per chiedere al governo inglese di fermare nuovi progetti relativi all’estrazione di gas e greggio.

Il duo dichiara di aver tenuto in considerazione il fatto che il quadro era coperto da una cornice e da uno spesso vetro, anche sa va rimarcato che la loro azione ha comunque provocato dei danni alla cornice stessa (rendendo quindi evidente la presenza di un potenziale fattore di rischio che rende simili azioni alquanto poco raccomandabili)

“Cosa vale di più, l’arte o la vita? Vale più del cibo o della giustizia?”

Hanno dichiarato le due attiviste, cosa che comunque non le ha evitato un processo accanto ad una terza attivista, accusata di aver vandalizzato un segnale stradale davanti ad una centrale di polizia nel centro di Londra.

Zuppa contro Van Gogh: attiviste ambientaliste in tribunale

Le due si sono dichiarate non colpevoli, e al momento risultano rilasciate su cauzione e oltre alla cauzione monetaria le è stato imposto di non portare sulla loro persona adesivi o altre sostanze atte al vandalismo in luoghi pubblici.

L’esperta di scienze sociali Dana Fisher definisce simili azioni una nuova forma di attivismo, un’escalation dedicata a cercare l’attenzione dei media.

Attenzione che secondo lo scienziato esperto di clima Michael Mann rischia invece di essere un boomerang: le persone all’ascolto dietro i media rischiano di non essere attratte dal messaggio, ma respinte dal vandalismo e, associando i due fenomeni rigettare l’ambientalismo in toto associandolo alle forme più estreme del fenomeno.

Sinceramente non possiamo che concordare: un modo erroneo di comunicare un messaggio può impattare lo stesso messaggio in modo assai negativo, cosa che ci siamo trovati più volte a spiegare a chi difendeva il diritto di condividere fake news perché “è il concetto quello che conta”

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