Nasce tutto da un’intervista mandata in onda dalle emittenti nazionali, e rilanciata sui social (come, ad esempio, la pagina del politico e leader della Lega Nord, Salvini): un ragazzetto, effettivamente con fare censurabile (questo va ammesso), descrive la sua esperienza tra i manifestanti No Expo candidamente confessando un certo entusiasmo verso quanto da lui visto. Sostanzialmente il ragazzo riassume l’esperienza “No Expo” in “fare casino e spaccare un po’ di roba”, con un malcelato apprezzamento verso l’opera dei Black Block cui, badi bene, non dichiara di far parte, come non dichiara di aver attivamente preso parte ai disordini. Semplicemente però ne esprime pubblico apprezzamento e “solidarietà”.
Effettivamente, bisogna concordare sul fatto che ciò sia comunque inqualificabile: esistono forme civili di protesta che non prevedono lo spaccare roba per poi candidamente confessarlo sulla stampa nazionale come se fosse un’ordinaria giornata di vacanza.
Ma ahinoi, sovente un atto ingiusto e violento non viene combattuto con giustizia, ma con mezzi rischiosi e col pesante pericolo di scivolare essi stessi nell’ingiustizia.
Ad esempio scopriamo una serie di pubblici post e gruppi dove alcuni utenti dichiarano di aver dato un nome ed un cognome, nonché un nickname “di lungo corso” sui social network al giovane.
Non ci si ferma comunque qui: come potrete leggere, numerosi commenti si spingono oltre, fornendo i dati, presi dalle Pagine Bianche, di persone col medesimo cognome identificato. C’è chi si spinge al punto da suggerire attività anche nei confronti di parenti e amici del giovane:
È nata una pagina Facebook contro il ragazzo, che nel giro di appena un giorno ha raccolto oltre 9 mila “mi piace”, la quale pubblica foto personali, indirizzi e numeri di telefono associati al giovane:
C’è chi lo ha contattato personalmente via Facebook e ha lasciato messaggi non proprio rassicuranti (c’è chi scrive “organizziamo un pullman” per andarlo a trovare a casa):
Ci sono una serie di domande che ci viene spontaneo fare ai nostri lettori:
A fronte di un presunto nome e di una identificazione virtuale, riteniamo necessario lasciar lavorare gli inquirenti, evitando di rispondere alle violenze con altre violenze. Non bisogna sostituirsi agli Organi competenti.
In compenso il colpevole si è fatto di seguito avanti da solo, dichiarandosi pronto ad affrontare le conseguenze del suo gesto:
Nel caso fosse accertato il suo coinvolgimento nei disordini e non un semplice quanto (invero) sciocco ed acritico giustificare l’ambiente di violenza a lui intorno, le conseguenze si presentano ben gravi. L’articolo 419 cp, prevede infatti per i reati di devastazione e saccheggio fino a 15 anni di reclusione.
Ecco le pagine Facebook create contro il giovane, pagine che di certo non aiutano le autorità competenti:
Attualmente l’account Facebook del giovane non è più disponibile online.
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