Nel frattempo Trenitalia, scoperto l’accesso fraudolento, avverte le banche dei vari clienti che, dopo aver acquistato un biglietto online, si ritrovano con la carta esposta a tutte le intemperie. Dalla banca parte la telefonata con il classico esordio: «Lei ha fatto queste spese?». Lo sfortunato cliente ci mette un poco a capire di cosa stiamo parlando, poi si fa recitare come un rosario tutte le transizioni effettuate, scoprendo che il furto di dati era partito due giorni prima. È un po’ come quando ci si scambiava le figurine: «Questa si, questa no, questa no, questa si».
Alla fine tutto viene ricostruito, in totale, lira più lira meno, sono 2.200 euro spolverati in 48 ore. E al povero «clonato» sorge spontanea la domanda «E adesso?». Rassicurante la risposta: «Lei non ci perde nulla, adesso le spiego cosa fare». Per prima cosa bloccare la carta e chiederne una di nuova. Pazienza se si dovrà rinunciare al quel vecchio «pin» a cui ci si era tanto affezionati.«Noi invece – riprende la banca – cercheremo di bloccare quanti più pagamenti possibile, che pertanto non le saranno addebitati». «Ma se non dovreste riuscirvi?» subitanea angosciosa domanda. «In 24 ore dovremmo avere il quadro completo di quali spese sono state fermate e quali no.
Le faremo una distinta di queste ultima e lei presenterà denuncia per frode informativa. Infine con questa tornerà in banca e subito dopo gli addebiti le saranno rimborsati». Grosso, grossissimo sospiro di sollievo: non c’abbiamo perso una lira.
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