Finalmente arriva la missione AIEA, che potrà fare un po’ di chiarezza sullo stato dei luoghi intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Chiarezza necessaria in un luogo bersagliato da bombardamenti di cui come una patata bollente entrambe le parti negano la paternità, lanciandosi la colpa vicendevolmente.
Per le fonti Russe la paternità dei bombardamenti è Ucraina, con uso di armi americane, ma per le fonti Ucraine è la Russia ad aver trasformato la centrale in un bivacco e base militare, con continui raid nella zona.
Raid che al momento, nonostante i passati timori, non hanno comportato danni tali da costituire immediato pericolo nucleare.
Questo va rimarcato, come anche il fatto che la guerra in Ucraina sta diventando una sorta di assedio medioevale dove centrali elettriche, ospedali e utilità diventano un bersaglio ed un oggetto di occupazione, privando la popolazione civile di preziose risorse.
Ma è comprensibile il timore, dato soprattutto dall’incertezza e dall’impossibilità tecnica di appurare chi sta bombardando cosa e come.
Come riporta ANSA il team di ispettori dell’Agenzia è attualmente in viaggio verso la centrale e Grossi ha aggiunto che la sua squadra ha in programma di trascorrere “alcuni giorni” nell’impianto. In precedenza Grossi aveva detto che la missione sarebbe durata fino a sabato.
Anche l’estensione della durata è un piccolo giallo nel giallo: secondo TASS gli alcuni giorni potrebbero tradursi in una missione permanente. Auspicabile, data la situazione, ma da prendere con le molle dati i pregressi delle c.d. “fonti russe” che nel conflitto non hanno brillato per imparzialità e precisione nella cronaca.
Al momento sappiamo che la missione è in viaggio. Mosca dichiara, mediante il ministerio degli Esteri e TASS, di voler “fare tutto il possibile per assicurare il successo della visita”.
Ma Kiev denuncia che le truppe russe colpiscono con l’artiglieria la città di Energodar, che ospita l’impianto nucleare di Zaporizhzhia: lo ha reso noto il capo dell’amministrazione militare del distretto di Nikopol, Yevhen Yevtushenko, che ha definito l’attacco una “provocazione”.
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